Federico Pistone, Corriere della Sera 16/11/2013, 16 novembre 2013
ADDIO A RAIMONDO D’INZEO LEGGENDA DAL PERCORSO NETTO
Il «percorso netto» di Raimondo D’Inzeo si è interrotto ieri a Roma, a 88 anni e 9 mesi. Eletto da una giuria internazionale di giornalisti «miglior cavaliere della storia», è stato anche l’atleta italiano con il maggior numero di partecipazioni olimpiche (8) insieme al fratello Piero, 90 anni, e alla canoista Josefa Idem. «Saremmo potuti arrivare a quota 9 — diceva con rammarico — se non ci fosse stato il veto del governo alla presenza di noi militari a Mosca ‘80». Due argenti a Melbourne 1956, oro individuale e bronzo a squadre a Roma 1960, bronzo a Tokyo 1964 e a Monaco 1972 e poi due trionfi mondiali ad Aquisgrana 1956 e a Venezia 1960. All’Olimpiade di Città del Messico del 1968 era stato scelto per sventolare la bandiera tricolore durante la cerimonia d’apertura.
Raimondo, nato a Poggio Mirteto in provincia di Rieti, era colonnello dei Carabinieri e generale di divisione del ruolo d’onore. Unito nella gloria e diviso negli eventi dal fratello Piero, più elegante nello stile ma senza la potenza e l’estro di Raimondo. Il padre Carlo Costante, Croce al merito nella Grande Guerra, nel 1934 creò la scuola d’equitazione dell’Opera Nazionale Balilla, che aveva sede in un’ex fabbrica di mattoni alla Farnesina. Piero era il più bravo dei due fratelli, il «cavaliere perfetto», lo definiva papà che considerava invece Raimondo «un figlio perduto per l’equitazione». Sarebbe stato smentito dalla storia.
Piero conquisterà «solo» due argenti e 4 bronzi olimpici e un oro agli Europei di Parigi del 1959. Eppure a Raimondo era rimasto sempre un cruccio nella «sfida» fraterna, la King George Cup: «Era un’ambita coppa d’oro — ricordava Raimondo — che veniva consegnata personalmente dalla regina Elisabetta e che mio fratello Piero aveva vinto tre volte. Io non l’ho mai centrata e la cosa non mi è andata giù». Una sana competizione senza tempo perché Raimondo ripeteva spesso quell’episodio: «Eravamo arrivati entrambi in barrage. Pensavo di avere la situazione in pugno, ma ho dovuto nuovamente cedere il passo. Alla premiazione, pensando di farmi una gentilezza, Piero mi aveva detto candidamente: “Sai, mi dispiace, ma ci tenevo troppo a questa tripletta”. E io gli avevo risposto: “Pensa a quanto ci tenevo io a vincere la prima volta, considerato che è stata la terza volta che sono arrivato secondo”».
Allo scoppio della guerra, i futuri «fratelli invincibili» presero strade differenti: Piero frequentò l’Accademia di Modena e dopo l’8 settembre scappò sotto la protezione del Vaticano, mentre Raimondo diventò partigiano, prima di entrare nell’Arma dei Carabinieri nel 1950.
Dieci anni dopo la cronaca racconta un episodio drammatico e curioso insieme: il 6 luglio 1960 l’ex partigiano Raimondo D’Inzeo guidò una carica a cavallo in Piazza di Porta San Paolo a Roma: durante i disordini si registrarono numerosi feriti compresi alcuni parlamentari del partito comunista e del partito socialista.
Con Raimondo D’Inzeo scompare una delle poche vere leggende dello sport italiano. Il presidente del Coni Malagò, d’intesa con la famiglia D’Inzeo, ha disposto la camera ardente nel Salone d’onore del Comitato olimpico dalle 14 di oggi. In tutte le manifestazioni sportive del weekend sarà osservato un minuto di raccoglimento.