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 2013  novembre 16 Sabato calendario

VASSALLI E LA PIANURA DELLE STORIE


Tra Ticino e Sesia ci sono i romanzi del pescatore di storie Sebastiano Vassalli. Pianura d’acque e di nebbie. La terra di Antonia, la strega di Zardino raccontata ne La chimera, il piccolo classico che dal 1990 ha venduto ben oltre il milione di copie. Quella di Sebastiano, protagonista de L’oro del mondo, il romanzo degli opportunismi e delle giravolte del dopoguerra italiano. Quella cittadina di Cuore di pietra, la storia secolare di una casa, dalle speranze unitarie alla decadenza contemporanea. Una geografia molto circoscritta, quella cara allo scrittore Vassalli, il figlio della guerra, genovese per nascita (1941), che ha sempre vissuto nel Novarese. «Il mio granello di felicità – quel granello di felicità che ogni uomo porta con sé nel mondo al momento di nascere – era sepolto in questa pianura dove vivo», ha scritto Vassalli. Un nulla pieno di storie, con precisi itinerari geografici che si possono seguire romanzi alla mano. In sostanza tre (più uno), come suggerisce un recente libretto opportunamente intitolato Nella pianura delle storie, uscito da Interlinea, a cura di Roberto Cicala. Tre itinerari tra Ticino e Sesia, i luoghi in cui si muovono i personaggi di Vassalli.
Dentro Novara
Il primo è un viaggio dentro Novara, la città «più solida e più vera», in cui scopriamo l’imponente Cupola di San Gaudenzio, il più alto edificio in mattoni del mondo, una delle costruzioni verticali pensate dal «Napoleone dei progettisti», lo stesso Alessandro Antonelli che disegnò la Mole torinese. Ebbene, alla sua sprezzante megalomania si deve anche Casa Bossi, il «cuore di pietra» del romanzo, il palazzo eretto per il conte Basilio Pignatelli e narrato come simbolo della storia d’Italia dall’unità ai nostri giorni, attraverso la Grande Guerra e il ventennio fascista. È «la grande casa sui bastioni che guarda la pianura e le montagne lontane», oggi al centro di un progetto di recupero dopo essere stata tra i più votati «luoghi del cuore» del Fai. Eleganza neoclassica, colonne doriche, frontone triangolare, una costruzione che nel 1861 apparve ai novaresi «troppo grande e troppo bianca rispetto al resto della città e alle casupole che la circondavano». Ma i romanzi di Vassalli ci guidano anche altrove, nella topografia cittadina. In piazza del Duomo, entrando in città, con la povera Antonia de La chimera, dall’attuale Barriera Albertina, imboccando con lei la Via Granda e superando le guardie spagnole che nel Seicento sorvegliavano l’area interna ai bastioni, troviamo il mercato: «Gli artigiani manovravano con forza le ramazze davanti alle botteghe, o istruivano i garzoni, o riattaccavano le insegne; i venditori di verdura, o di pesce, o d’altre mercanzie, gridavano la loro merce». Ed eccoci accedere, attraverso contrade che a quei tempi erano «puzzolenti e strette», nel quartiere dell’Inquisizione, dove all’inizio del Seicento venne eretta (per volontà del vescovo della Controriforma Carlo Bascapè) la Chiesa di San Pietro al Rosario. È da queste parti che si trova il tribunale del Sant’Uffizio dove la «strega» sarà interrogata: «Avvicinandosi al portone in legno scuro, con due leoni di bronzo per battenti, Antonia ebbe paura: si fermò; allora la signora Francesca, che la teneva per un braccio, la rincuorò e la sospinse. “Su, su”, le disse, “coraggio!”». La poveretta sarà condannata ingiustamente, torturata e incarcerata al piano superiore della Torre dei Paratici, all’interno del Broletto, a Sud del palazzo duecentesco dell’Arengo con atrio a portici. Dall’altra parte, il palazzo gotico del Podestà. Così racconta Vassalli il giorno cruciale del 1610: «Quando la “strega di Zardino” apparve in alto sulla Torre dei Paratici, nella prima ora pomeridiana di quel sabato 11 settembre in cui morì, c’era già in piazza Duomo una folla di sfaccendati che con il caldo e i discorsi avevano incominciato a eccitarsi, gridavano: “Dateci la strega! La bruciamo noi!” ».
In mezzo alle risaie
Con il secondo itinerario siamo sempre nella Chimera, ma fuori città. Bambina, l’«esposta» Antonia viene portata su un carretto dal padre adottivo, il contadino Bartolo, verso la campagna, in direzione di Biandrate e del Sesia: «A ogni incrocio, c’erano edicole votive dedicate alla Madonna, a Sant’Anna, a San Partino, a San Rocco, al Sacro Cuore di Gesù…». Casalgiate, cascina Pregalbè, Gionzana, dove in mezzo alle risaie c’è l’oratorio campestre della Madonna del Latte, uno dei luoghi di fede popolare per i Novaresi: «Un piccolo porticato serviva, in caso di necessità, a offrire riparo al viaggiatore che fosse stato sorpreso in quei paraggi dalla notte o da un acquazzone improvviso». La guida ci dice che la chiesetta merita una visita almeno per gli splendidi affreschi quattrocenteschi. «Attraversarono un boschetto di betulle e di querce e quando ne uscirono Antonia si accorse che il paesaggio era cambiato, da terrestre ch’era stato fino a quel momento, d’un tratto s’era fatto acquatico. Era il paesaggio della risaia: una laguna abbagliante nel riverbero del sole…». Vassalli è uno straordinario narratore di paesaggi, oltre che di uomini e donne .
Nell’Oasi della Palude di Castelbeltrame, non lontano da dove vive oggi lo scrittore, la bambina e futura strega vede un airone «ritto in mezzo a una risaia, un volo d’anatre, una serpe che attraversa a nuoto un rigagnolo…». Il consiglio è di fermarsi a Biandrate visitare la parrocchiale di San Colombano e l’affresco del Giudizio Universale datato 1444. Zardino, dove Antonia viveva con la famiglia adottiva, non c’è più. Si trovava alle spalle dell’oratorio della Madonna delle Grazie. A quell’epoca due volte al mese si faceva un mercato nella piazza del paese, dove arrivavano gli ambulanti da Novara e dalla valle del Ticino. Oggi, per immaginare Zardino, piccolo borgo defunto della Bassa, bisogna fermarsi in prossimità del viadotto del Sesia, sull’autostrada Torino-Milano, e affacciarsi verso sinistra. Su un dosso lì vicino, verrà acceso il rogo finale del romanzo .
Il don Rodrigo della Bassa
Il terzo itinerario, sempre partendo da Novara, ci porta verso Nord-Ovest, nei luoghi che all’epoca dell’occupazione spagnola furono frequentati dal brigante Giovan Battista Caccia, detto il Caccetta, una sorta di don Rodrigo della Bassa, attivista antispagnolo giustiziato un anno prima di Antonia. Boschi, fiumi, laghi, fontanili, ponti, rocche, cascine, castelli, oratori. Si scoprirà un antico acquedotto romano prima di arrivare a Caltignaga. Poi si oltrepassa l’Agogna, «ombrosa d’alberi fitti», dove nell’estate afosa del 1610 si moltiplicavano le processioni per far piovere e le visioni mistiche. La pianura, dice Vassalli, non era il tavolo da bigliardo di oggi: «Era allora ondulata e colorata con tinte a tratti vivacissime, dal giallo accecante del ravizzone al blu celeste del lino, passando per tutte le varietà del verde…». Ed ecco i castelli: quello di Proh e quello di Briona, che fu dei Visconti, degli Sforza e poi dei Caccia, e che domina la campagna da una collinetta alluvionale. Un castello-ricetto troviamo anche a Ghemme, noto centro enologico. Poi ancora: Vicolungo, con le chiese di San Giorgio e di San Martino che vale la pena visitare. A corollario del paesaggio, Vassalli non dimentica di soffermarsi sulla gastronomia del Novarese, che ha essenzialmente tre specialità: la «paniscia» (risotto cucinato con i fagioli e le cotiche di maiale), il «salam d’la duja» (salame conservato sotto grasso o sott’olio in un orcio di terracotta) e il gorgonzola .
I cercatori d’oro
C’è un quarto itinerario, in realtà: è quello a Est di Novara, quello dell’Oro del mondo, bellissimo romanzo-western piemontese-lombardo che si svolge sul Ticino. Vassalli racconta gli anni che precedettero il boom economico, quando sul fiume c’erano ancora i cercatori d’oro. Un mondo di barcaioli, di bracconieri che pescavano le alborelle, di guardie che cercavano di incastrare i bracconieri, di bevitori di grappini, di giocatori di scopa o briscola e di ambulanti, come il Cico Trombetti. Poi c’era l’osteria del «Genio con Locanda», c’era lo zio Alvaro e c’era una regina del sogno: si chiamava Fernanda. Forse era una donna in carne d’ossa, forse una visione, tra betulle, ontani, carpini bianchi, castagni, salici e pioppi tremoli.