Francesco Alberti, Corriere della Sera 16/11/2013, 16 novembre 2013
LA BIMBA AFFIDATA AI GAY LI CHIAMERÀ ANCORA «ZII» IL GIUDICE: È UNA FAMIGLIA
DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — Non li chiamerà papà e mamma, perché quelli ci sono e comunque resteranno nel suo orizzonte esistenziale. Per lei, 3 anni di vita partiti in salita, figlia di extracomunitari, un padre che vive all’estero e una madre con problemi economici e di salute, quei due signori italiani ultraquarantenni, lavoro stabile e buona cultura, che vede e frequenta da quando è nata, della cui casa conosce ogni angolo, dalla stanza dei giochi al lettino dove spesso fa il sonnellino pomeridiano, sono e per sempre saranno «i miei zii», qualsiasi piega prenda questa storia. Semplicemente zii, e poco importa che tra lei e quei due uomini legati da un rapporto omosessuale, coppia gay a tutti gli effetti, non ci siano vincoli di parentela. Chi li vede quotidianamente in quella casa del Parmense, nella quale ormai vive dal febbraio scorso e sulla quale ora si stanno abbattendo gli ululati della politica e le dotte dissertazioni di esperti o sedicenti tali, li descrive «felici e sereni: la piccola, poi, è allegra come non mai».
Non sarà forse la prima volta che succede in Italia. Di sicuro però è la prima volta che diviene di pubblico dominio la decisione di un Tribunale dei minori (quello di Bologna) di concedere in affido temporaneo a una coppia di omosessuali una bambina di 3 anni. Affido, sia chiaro, non adozione, per la quale la legge prevede solo coppie sposate. Obiettivo del provvedimento «è il perseguimento del miglior interesse del minore», che manterrà rapporti periodici con i genitori naturali con i quali, «superato il transitorio momento di difficoltà», potrà ricongiungersi.
Una sentenza che lascia il segno, al di là delle feroci contrapposizioni che alimenta in queste ore. Ne era consapevole il giudice tutelare di Parma, Luca Agostini, quando nel luglio scorso, su richiesta dei servizi sociali della città ducale, rendendo esecutivo l’affido, poi confermato dal Tribunale dei minori, nonostante il parere contrario della Procura, ha affrontato di petto due tra le principali argomentazioni di chi ritiene l’omosessualità inconciliabile con il ruolo genitoriale. La prima: una coppia gay può rientrare nel concetto di famiglia? Secondo il giudice, sì: «Manca una precisa definizione legislativa volta a escludere un nucleo composto da persone dello stesso sesso dal concetto di “famiglia” rilevante ai fini dell’affido del minore». E a ciò, prosegue, va aggiunta «la mancanza di qualsivoglia richiamo al matrimonio quale vincolo che unisca gli affidatari». Seconda questione: una coppia gay è in grado di ricoprire ruoli educativi? Altro sì del giudice: «Costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».
È una storia lievitata negli ultimi due anni. La bimba era nata da pochi mesi quando la coppia gay, che conosce le difficoltà della madre, dà la propria disponibilità all’affido. Circa un anno fa, su iniziativa del Centro famiglie e con l’assenso dei genitori della piccola, inizia l’istruttoria, tra colloqui e visite domiciliari, per verificare l’adeguatezza della coppia e le reazioni della bambina. Bilancio positivo. In aprile i servizi sociali ottengono dal giudice tutelare di rendere esecutivo il provvedimento. Che viene impugnato dalla Procura minorile di Bologna: «Nulla a che fare con il tema dell’orientamento sessuale — precisa il responsabile Ugo Pastore —: volevamo capire se era stata data priorità a coppie con figli, come dice la legge». Dubbi spazzati via dalla sentenza del Tribunale dei minori.
Ora è il tempo dei commenti. E delle vecchie ferite. Per il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, «la cosa importante è il bene della piccola». Di cauta apertura, e per certi versi inaspettato, il giudizio del vicario della Curia bolognese, Giovanni Silvagni: «Siamo davanti a un caso concreto, il tema non è la condizione omosessuale. I giudici hanno il dovere di tutelare il bene dei minori e si presume che lo abbiano fatto». Per Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione bicamerale per l’infanzia, «no alle ideologie, si pensi alla piccola». Sparano a zero Carlo Giovanardi e Paola Binetti: «Disprezzo e torto alle famiglie tradizionali». Poi Lega e Fratelli d’Italia (interrogazione parlamentare di Giorgia Meloni al Guardasigilli). Esultano le comunità gay. E il deputato di Sel Alessandro Zanda: «Ci vuole una legge, è ora che milioni di omosessuali escano dall’anonimato giuridico».