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 2013  novembre 16 Sabato calendario

TUTTO CIÒ TEDESCHI CHE I NON SANNO DELL’ITALIA


Il 7 novembre la Bce ha ridotto il principale tasso nell’Eurozona dall 0,5 allo 0,25%, per un andamento dei prezzi troppo inferiore all’obiettivo – che dovrebbe essere appena sotto il 2% – e per la debolezza dell’economia e dell’occupazione. Poi c’è, ricordiamolo, un euro troppo forte rispetto alle altre valute.
Pur se la Bce non lo dice, si sa che i due rappresentanti della Germania hanno votato contro.
Il malessere tedesco è sbottato in un aspro commento di Philip Plickert sull’autorevole Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz ) il 12 novembre. I tassi vicini allo zero, egli scrive, espropriano i risparmiatori tedeschi e agevolano gli Stati del Sud, grandi debitori; tagliando i tassi, Draghi appare «sensibile a ingerenze esterne» (leggasi italiane).
La decisione, definita precipitosa, «non è certo quanto i tedeschi si aspettavano... allora si diceva che la Bce avrebbe perseguito una linea rigorosa come quella della Bundesbank; ora invece si sta trasformando in una Banca d’Italia». La Bce, per Plickert, aiuta le banche italiane, cui fa risparmiare molti miliardi; d’altronde, scrive, «sembra che le banche zombie si trovino soprattutto in Italia».
Ogni grande Paese ha pochi giornali «pesanti», sui quali grava la responsabilità di aiutare i lettori a interpretare i fatti, senza vellicare triti pregiudizi, smentiti dalla realtà; è strano, ad esempio, che il commento sembri ignorare la riforma delle pensioni Fornero/Monti. Esso, purtroppo, condisce, con qualche inconferente argomentazione tecnica, una pietanza politica che altrimenti si rivelerebbe un’indigeribile ratatouille di nazionalismo populistico.
Se si volesse scendere sullo stesso piano, si potrebbe dire che alla Germania gioverebbe una Bundesbank capace di imitare la Banca d’Italia quanto a indipendenza dalla politica e competenza in materia di credito: i timori che Berlino nutre su un esame ravvicinato del sistema bancario tedesco possono meglio precisare dove si trovano le banche zombie in Europa. E accettiamo, per carità di Europa, le (ovvie) smentite alle voci per le quali la Bundesbank avrebbe vietato a Unicredit, in quanto banca italiana, di «liberare» capitale nella sua controllata tedesca.
Gli argomenti con cui Berlino si oppone alla decisione della Bce sono stati magistralmente demoliti da Martin Wolf sul Financial Times (13 novembre): la massa di moneta in circolazione pare ferma dal 2008, e un’inflazione troppo bassa ostacola la ripresa della competitività al Sud, data l’ostilità dei lavoratori rispetto ai tagli nominali delle retribuzioni, che sarebbero necessari a prezzi stagnanti. È giusto che in periodi come l’attuale i tassi bassi «puniscano» il denaro ozioso, eccessivo rispetto agli investimenti (e di tale punizione soffriamo anche noi italiani). La causa della scarsa remunerazione dei risparmi tedeschi è il bassissimo tasso che la Germania paga sul proprio debito, un «porto sicuro» tanto più desiderato quando il Sud è in depressione. Se non si fa nulla su quel piano, scrive Wolf, i tassi resteranno bassi ancora più a lungo.
Si aggiunga che tali tassi giovano anche alle banche tedesche, non solo alle italiane; se poi la Bundesbank teme una bolla immobiliare, può imporre alle «sue» banche misure che la impediscano, non sarà certo la Bce a vietarlo. Qualcuno dovrà spiegarlo in tutta Europa, gridarlo dai tetti, già lo fece Monti: l’Italia non costa un euro ai contribuenti, tedeschi o di altri Paesi. Essa invece ha quietamente versato la propria quota al Meccanismo Europeo di Stabilità, il che ha aumentato il nostro debito.
Dovrebbero saperlo tutti: alla Bce spetta trasmettere in modo uniforme gli impulsi della sua politica monetaria in tutta l’eurozona, e ora non ci riesce. La posizione tedesca è grave perché si oppone non già a misure straordinarie e anticonvenzionali, ma a un atto di politica monetaria istituzionalmente proprio della Bce. La vera questione dietro certe argomentazioni è politica: su questo piano va dunque data risposta, squarciando un velo. È l’opposizione della Bundesbank ad esser dovuta all’interferenza della politica sull’attività della Bce, sono i politici tedeschi a voler dominare anche la Bce, come già la Bundesbank; ci potrebbe anche stare, sarebbe come la Fed negli Usa, ma allora basta con le finzioni.
La crisi dell’euro non è dovuta alle cicale meridionali, ma a difetti di progettazione della moneta unica, ben noti ai suoi progettisti di ogni Paese; essi però decisero di andare avanti, e bene fecero per chi scrive, ma bisogna essere coerenti. Non sappiamo cosa i politici tedeschi abbian detto ai loro elettori per indurli a scambiare il marco con l’euro; sappiamo però che allora essi dissero di volere non un’Europa tedesca, ma una Germania europea. Lo scambio politico fu chiaro: noi abbandoniamo il marco tedesco per una valuta europea, e voi accettate l’unificazione delle due Germanie. Una volta ottenuta, non si possono cambiare i patti e ritirare l’oggetto offerto in cambio. Non va alimentato il populismo nazionalista: ben altro ci si aspetta da un Paese che per dimensione, cultura, storia, peso economico, ha responsabilità enormi per il futuro di un continente dove nessuno Stato ha, da solo, un futuro.