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 2013  novembre 16 Sabato calendario

QUEI PRELATI DELLA CURIA CHE NON VOLEVANO BERGOGLIO


Bergoglio che poche ore prima di diventare Papa, riscopre la sua giovanile vocazione per la chimica, e stando a tavola dà qualche consiglio sul dosaggio dei farmaci a un collega cardinale. Bergoglio eletto dopo che una votazione del conclave è stata invalidata. Bergoglio che da vescovo di Buenos Aires deve sopportare non pochi sgarbi da parte di un gruppo di avversari ben posizionati ai vertici della Curia romana.
C’è questo è molto altro nel libro «Francesco vita e rivoluzione» (Lindau, pp. 384, euro 19) scritto dalla vaticanista argentina Elisabetta Piqué, corrispondente de «La Nación», che conosce il Papa da oltre un decennio. Il volume, in libreria la prossima settimana, è ricco di testimonianze e retroscena inediti. A partire da ciò che è accaduto nel segreto della Sistina.
Diversi i porporati si sarebbero avvicinati a Bergoglio nelle ore precedenti il conclave, per dirgli: «Attento, ora tocca a te». Secondo questa la ricostruzione, alla prima votazione della sera del 12 marzo, Bergoglio avrebbe ottenuto 25 voti. Altre indiscrezioni parlano invece di un risultato più basso, il terzo o il quarto dopo altri candidati «papabili», il primo dei quali era l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, che sarebbe partito da quota 30.
Quella sera, Bergoglio invita a sedersi a tavola con lui il collega argentino e curiale Leonardo Sandri. «Vieni, siediti vicino a me, mangiamo insieme». Il menu della sera prevede zuppa di verdura. «Sandri non sta bene, ha un po’ di faringite e continua a lacrimare - si legge nel libro - Bergoglio, che ha studiato chimica, esamina l’antibiotico che sta prendendo e gli dà qualche consiglio sulle dosi. Ma non possono evitare di parlare del conclave... “Preparati, caro mio” dice Sandri al connazionale».
È alla terza votazione, l’ultima della mattina del 13 marzo, che Bergoglio balza in testa, raggiungendo 50 voti e superando gli altri candidati. Alla quarta votazione, la prima del pomeriggio, l’arcivescovo di Buenos Aires sfiora il quorum di 77 consensi, necessari per l’elezione. Subito dopo, per la quinta volta gli elettori depongono la scheda nell’urna. Ma qualcosa non funziona. Il cardinale che conta le schede si accorge che ce n’è una in più, 116 voti per 115 elettori. Uno di loro, per errore, ha scritto il suo voto sulla scheda ma non si è accordo che in realtà era doppia, un’altra era rimasta attaccata. Così al momento della conta, quel foglio in più rappresenta un problema. Le schede non vengono scrutinate ma bruciate e si ripetono seduta stante le operazioni di voto. Finalmente, alla sesta votazione, Bergoglio è eletto e sfiora, secondo l’autrice, i 90 consensi.
Nel libro sono anche descritte le difficoltà vissute da Bergoglio nei rapporti con la Curia romana prima dell’elezione. Piqué scrive di un gruppo di persone che «comincerà a fargli la guerra» e annovera tra queste l’allora nunzio in Argentina, Adriano Bernardini (oggi nunzio in Italia) e l’allora Segretario di Stato Angelo Sodano. La maggior parte dei problemi avevano a che vedere con le nomine dei vescovi, dato che a Roma venivano bocciati i candidati proposti dalla Conferenza episcopale argentina. «Del gruppo contrario a Bergoglio fanno parte monsignor Héctor Aguer, arcivescovo di La Plata, alcuni vescovi e istituti sacerdotali e laici, compresi alcuni professori della UCA.
Chi opera nell’ombra - si legge nel libro - è l’ex ambasciatore menemista alla Santa Sede, Esteban Caselli, personaggio molto controverso, che ha facile accesso ai palazzi vaticani grazie alla sua amicizia con il cardinal Sodano, al punto da essere nominato “gentiluomo” del Papa nel 2003». Bergoglio viene accusato di non difendere la dottrina, di compiere gesti pastorali troppo audaci, di non discutere pubblicamente con il governo argentino di turno in modo più deciso. Lo criticano anche perché battezza i bambini nati al di fuori del matrimonio.
I rapporti tra il futuro Papa e una parte della Curia romana si complicano negli ultimi due anni. Vi rimane coinvolto monsignor Víctor Manuel Fernández, che aveva aiutato Bergoglio nella stesura del testo finale di Aparecida. Il cardinale deve combattere per anni affinché la Santa Sede renda effettiva la sua nomina a rettore dell’Università Cattolica Argentina (UCA). Fernández vola a Roma, e nonostante l’udienza fissata e una lettera di presentazione dello stesso Bergoglio, all’ultimo momento gli viene rifiutato l’appuntamento nella congregazione vaticana competente. Il rettore dell’UCA, trattato con sufficienza e in modo sprezzante in Vaticano (lo racconta lui stesso), sarà il primo vescovo argentino nominato da Francesco, che di fronte a questi atteggiamenti «sapeva sopportare in silenzio», applicando la massima: «Il tempo prevale sullo spazio». Proprio ciò che è accaduto il 13 marzo 2013.