Gianluca Paolucci, La Stampa 16/11/2013, 16 novembre 2013
“PREFETTI E POLITICI IN VACANZA E IN TANTI NON PAGAVANO”
Si potrebbe incominciare dalle aragoste. «Sì, è vero, ne abbiamo servite a quintali negli anni belli. Non che piacessero particolarmente all’ingegnere, ma Salvatore Ligresti ha sempre trattato i suoi ospiti con grande riguardo». Oppure si potrebbe incominciare dal ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri: «Non è mai stata a dormire al Tanka Village di Villasimius, in Sardegna. Questo lo posso assicurare. È stata ospite ad alcune cene nel resort di Taormina, quando era in carica a Catania. Ma certo non era l’unico prefetto amico della famiglia Ligresti...».
Antonio Cavaletto ha visto l’Italia che conta andare in vacanza. Ha conosciuto Salvatore Ligresti nel 1978. Subito nominato vicedirettore dell’Hotel Planibel di La Thuile, in Val d’Aosta. Non si è più fermato. Alla fine del 2009 è andato in pensione con la qualifica di Direttore generale dei Resort di Atahotels. Per tre anni è stato nel consiglio d’amministrazione. Sempre presente. «Un fedelissimo», si definisce lui. Perché quando l’ingegnere si muoveva, lui c’era. C’è sempre stato. «Prima di Tangentopoli erano molti i politici che frequentavano la famiglia. Ricordo nitidamente Craxi e Pillitteri, sempre ospiti da noi in montagna. Nel 1992 siamo rimasti soli. Ma poi, a poco a poco, sono tornati...». Antonio Cavaletto non voleva fare questa intervista. Però alla fine si lascia prendere dai ricordi.
Chi sono gli altri prefetti ospiti della famiglia Ligresti?
«Bruno Ferrante è venuto per vent’anni al seguito dell’ingegnere».
Cosa intende per ospite?
«Beh... Diciamo sotto tutti gli aspetti».
A sbafo?
«Qualcuno c’è stato, sì».
Chi altro?
«Il prefetto Achille Serra. Anche quando è entrato in politica, ed è diventato senatore del Pd».
Lui sostiene di aver sempre pagato. È lui quello che l’ex amministratore delegato di Fonsai, Fausto Marchionni, nelle intercettazioni chiama in codice «Sierra Mike»?
«Sì. Lui».
Quello della frase: «Quando gli ho detto che doveva pagare, non è più venuto»?
«Serra era uno dei più pesanti».
Chi altro, ancora?
«Un prefetto morto due anni fa, di cui preferisco non fare il nome».
Ma perché la famiglia Ligresti li ospitava?
«Si conoscono da una vita. Sono amici. Per esempio Serra, era questore di Milano quando è stata rapita la moglie dell’ingegnere. Ha fatto lui le indagini per liberarla. Sono rimasti legati».
I Ligresti ottenevano qualcosa in cambio di tanta generosità?
«Cose minime. La sirena blu per girare agilmente nel traffico di Roma e Firenze».
Qualcos’altro?
«Assolutamente no. Su questo avete montato un gigantesco polverone».
Politici della Seconda Repubblica?
«Ignazio La Russa è un amico vero. L’unico rimasto anche nei momenti bui. È di Paternò come l’ingegnere, ha celebrato il matrimonio della figlia. Lui è sempre stato nostro ospite al Tanka e in Sicilia, come tutta la famiglia La Russa».
Altri politici in vacanza?
«Bruno Tabacci (anche lui sostiene di aver sempre pagato, ndr.) -veniva e andava quando voleva, i suoi figli erano nel consiglio di amministrazione di Fonsai. Anche Beppe Pisanu veniva al Tanka quando si trovava in Sardegna. C’erano cene a cui partecipavano trenta politici».
Chi pagava il conto?
«La stragrande maggioranza, quasi tutti. Per esempio, Gianfranco Fini, un vero signore. Così come Francesco Rutelli o la buonanima di Manganelli, l’ex capo della polizia: hanno sempre pagato».
Ma le aragoste?
«Allora... Se tu sei in pensione al Tanka, paghi il tuo conto regolarmente, e poi ti invitano a una cena con la famiglia Ligresti...».
Aragoste gratis per tutti?
«Non le davamo a trecento persone. Le davamo a qualcuno. E certamente, ai tavoli dell’ingegnere e della sua famiglia c’erano sempre».
L’ingegnere Ligresti pativa gli scrocconi?
«Al contrario. Lui ci sguazzava in queste situazioni. È una cosa pompata. Sproporzionata. Al limite, dovreste approfondire di più chi andava alla Tenuta della Cesarina, a Roma. Troverete da Bertinotti all’estrema destra. Ma non nei villaggi: Salvatore Ligresti è sempre stato amato e odiato. Non tutti erano disposti a farsi vedere in compagnia dell’ingegnere».
Qualcuno, secondo i suoi ricordi, non era poi così in imbarazzo. Piccoli pezzi di Stato avrebbero approfittato di vecchi rapporti. È così?
«Sì. Qualcuno».
Quando ha sentito l’ultima volta Salvatore Ligresti?
«Tre giorni prima dell’arresto. Voleva andare a La Thuile, al Planibel».
Cosa pensa leggendo le cronache quotidiane?
«Credo che state esagerando nell’accanirvi con quel mondo. A molti piaceva farne parte. Certo, ci sono stati degli eccessi. Come quando i figli dell’ingegnere volevano tre elicotteri personali per fare lo stesso percorso. Anche io, da piccolo azionista di Fonsai, ho patito quel genere di cose».