VARIE 17/11/2013, 17 novembre 2013
IL GIORNO DOPO LA SCISSIONE
REPUBBLICA.IT
LA CONTA IN PIEMONTE
SARA STRIPPOLI
BERLUSCONIANI e governativi. Se la partecipazione al Consiglio nazionale di questa mattina è il parametro di riferimento per capire la nuova geografia piemontese dopo la deflagrazione del Pdl, i falchi superano le colombe. Almeno in questa fase in cui non si possono ancora immaginare gli effetti della decadenza del Cavaliere. Ieri mattina erano 38 i piemontesi volati dal Piemonte per seguire da vicino le mosse e le parole di Berlusconi. Un’ampia maggioranza, rispetto ai 51 del Piemonte che avevano accesso al Consiglio nazionale per diritto: consiglieri regionali, parlamentari, coordinatori provinciali, presidenti di provincia e rappresentanti delle "grandi città". Nel pomeriggio invece, alla chiamata alle armi di Angelino Alfano, oltre ad Enrico Costa che punta a diventare il capogruppo alla Camera del futuro gruppo del Nuovo Centro Democratico, c’era anche Enzo Ghigo, del quale sono note da tempo le posizioni favorevoli al vicepremier del governo Letta. Altri erano a casa a seguire in diretta i due eventi, ancora indecisi o comunque non abbastanza
coinvolti da prendere un aereo per fari etichettare su un fronte o sull’altro.
Gilberto Pichetto, il potente assessore al bilancio del Piemonte, è fra i falchi e ieri mattina ha contato le presenze, piuttosto soddisfatto del risultato: "Siamo in 38. Biella è tutta con Berlusconi, così Vercelli, Novara e Alessandria. Anche Asti è fra i comuni a prevalenza berlusconiana - dice - anche se bisognerà poi fare i conti tenendo conto anche delle posizioni dei consiglieri comunali". Accanto a Pichetto anche due altri assessori della giunta Cota: Ugo Cavallera,
titolare della sanità e un passato assai democristiano, e Alberto Cirio di istruzione e turismo. Assenti invece Michele Coppola e Claudia Porchietto, più vicini in questa fase alle posizioni di Alfano.
Fra i consiglieri, anche una moderata come Carla Spagnuolo è partita per Roma come supporter di Berlusconi. E pure Cristiano Bussola, vicino ad Enzo Ghigo, era del gruppo. Più ovvia la presenza di Lorenzo Leardi e Michele Formagnana. Scontata la fedeltà al Cavaliere dei parlamentari Manuela Repetti, Maria Rizzotti e Lucio Malan. Andrea Tronzano, capogruppo comunale, era della partita.
In questa situazione ancora fluida, non è facile per il momento capire quali scenari si apriranno a Palazzo Lascaris, dove la nascita del nuovo gruppo di "innovatori", come preferiscono essere chiamati porterebbe ad avere quattro gruppi che fanno riferimento al vecchio Pdl: oltre a Progett’Azione e Fratelli d’Italia, il ritorno di Forza Italia e il Nuovo Centro Democratico. Ai quali si aggiunge Valerio Cattaneo del gruppo Misto. L’ex-coordinatore Enzo Ghigo ritiene che per il momento non sia necessario arrivare ad una spaccatura formalizzata in Consiglio regionale; altri invece pensano che l’ulteriore divisione potrebbe essere imminente, addirittura nel corso della settimana. Se così fosse, al momento nel nuovo gruppo dei governativi, sarebbero soltanto quattro: Giampiero Leo, senza dubbio, Angelino Mastrullo, Rosanna Costa e molto probabilmente Daniele Cantore. In Forza Italia invece entrerebbero l’attuale capogruppo Luca Pedrale, Cristiano Bussola, Alberto Cortopassi, Lorenzo Leardi, Carla Spagnuolo, Michele Formagnana. Prevedibile tuttavia che le storie e le scelte personali possano portare presto a qualche spostamento. Possibile quello di Valerio
Cattaneo, da sempre un moderato, che in un primo tempo era entrato nel gruppo dei Fratelli d’Italia - più per il legame con Guido Crosetto che per convinzione politica - e poi aveva optato per il Gruppo Misto essendo il presidente del Consiglio. Ora potrebbe guardare con interesse al nuovo gruppo di governativi. Una tentazione potrebbe averla anche Roberto Tentoni, con una fuoriuscita da Progett’Azione. In questo caso, fra i due schieramenti nemici, sarebbe parità.
SITUAZIONE IN SICILIA
Le "colombe" siciliane del Pdl si contano e aprono al governo di Rosario Crocetta: "Dal governatore vogliamo chiarezza sul programma, vogliamo vedere atti concreti: dopodiché saremo disponibili al confronto e al dialogo, al di là delle diatribe politiche. Sicuramente non chiediamo poltrone né di partecipare al governo", annuncia Giuseppe Castiglione, deputato nazionale e coordinatore del Nuovo centro destra in rotta con la neo Forza Italia. Quattro le priorità da mettere in agenda entro il 31 dicembre: bilancio e legge di stabilità, stabilizzazione dei precari, riforma istituzionale delle Province e servizi pubblici locali. Già la prossima settimana nasceranno gruppi diversi all’Ars, poi sarà la volta dei consigli comunali.
A meno di 12 ore dalla rottura sancita ieri sera da Angelino Alfano, i senatori e i deputati siciliani eletti in Parlamento e nello scacchiere regionale si definiscono gli schieramenti. Da un lato ci sono le "colombe" di Alfano che daranno vita a nuovi gruppi parlamentari, dall’altro la nuova Forza Italia che in Sicilia trova il suo alfiere in Gianfranco Micciché.
La maggioranza dei pidiellini siciliani si schiera coi filogovernativi. "Tutti noi insieme al ministro Alfano, abbiamo tentato sino alle fine di mantenere il nostro partito coeso e forte. Ritengo che i veri eredi degli ideali e dei valori di Forza Italia siamo noi, non avezzi ad estremismi e soprattutto saldi con la mente, il cuore ed entrambi i piedi nel centrodestra", scrive su Facebook il parlamentare e coordinatore siciliano del Pdl Dore Misuraca. Una sorta di chiamata alle armi, dopo che nei giorni scorsi a muoversi è stato Gianfranco Micciché, pronto a riprendersi la leadership nell’Isola, soffiatagli anni fa da Angelino Alfano.
Gli risponde a distanza il senatore catanese del Pdl Vincenzo Gibiino, ex fedelissimo di Castiglione: "Forza Italia rinasce grazie a Berlusconi, guida illuminata che ha deciso di continuare a battersi per il bene di tutti noi. Il nostro leader scende ancora in campo per il bene del Paese, a noi il compito di seguirlo e sostenerlo per raggiungere l’obiettivo più importante, la libertà".
Sui social network, nel frattempo, è già partita la sfida: "Ma Angelino Alfano sa che il suo partito (Ncd) sul web ha la stessa sigla delle malattie non trasmissibili?", scrive su un twitter Gianfranco Micciché, l’antico rivale del vicepremier sta preparando il gran lancio di Forza Italia in Sicilia.
Ma quale sarà la nuova geografia dell’Ars dopo la scissione? Ancora le trattative sono in corso, quel che è certo è che alcuni hanno già scelto da che parte stare. Tra gli alfaniani ci sono il capogruppo Antonino D’Asero, Vincenzo Fontana, Francesco Cascio, Pietro Alongi, Nino Germanà e Vincenzo Vinciullo. Dalla parte opposta, i cosiddetti "falchi" che daranno origine alla nuova Forza Italia, sono confluiti l’ex An Marco Falcone, Salvo Pogliese, Giorgio Assenza e Giuseppe Milazzo. Alla nuova Forza Italia guardano con interesse anche i deputati regionali del Pid di Saverio Romano.
Sul fronte nazionale i parlamentari siciliani si spaccano così. Tra le "colombe" del Nuovo centro destra ci sono, al Senato, Renato Schifani, Simona Vicari, Giuseppe Marinello, Salvatore Torrisi, Pippo
Pagano, Marcello Gualdani, Carmine Mancuso e Antonino D’Alì, mentre alla Camera gli alfaniani sono Giuseppe Castiglione, Dore Misuraca, Enzo Garofalo, Antonino Minardo, Alessandro Pagano e Antonino Bosco. Dall’altro lato della "barricata", tra i "falchi" della Nuova Forza Italia, ci sono al Senato i miccicheiani Giovanni Mauro e Mario Ferrara, Giuseppe Ruvolo e Francesco Scoma, mentre per la Camera Stefania Prestigiacomo, Antonio Martino e l’ex An Basilio Catanoso.
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EMILIA
ENRICO MIELE
Il Pdl di Bologna non “tradisce” il Cavaliere. Quasi tutti gli esponenti di peso del partito passeranno armi e bagagli nella (ri)nascente Forza Italia, abbandonando per strada i cattolici vicini a Comunione e Liberazione. Un terremoto che cambierà gli equilibri interni dei gruppi consiliari, dal Comune alla Regione, dove nei prossimi giorni finirà in soffitta il simbolo Pdl. Aprendo così le porte del gruppo misto ai pochi fedelissimi di Alfano.
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Gli endorsement di peso pro-Silvio. Per il consigliere comunale Lorenzo Tomassini, forzista della prima ora, si tratta di un ritorno a casa col botto: "Ho già fondato il club “Forza Silvio”. Sto riaprendo gli scatoloni con le vecchie bandiere tricolore. Il primo amore non si scorda mai". Tra gli endorsement di peso c’è quello di Galeazzo Bignami, “mister preferenze” del centrodestra bolognese, corteggiato un po’ da tutti. "Per ora — precisa lui — ho scelto Forza Italia, ma se ci saranno novità negative sarò libero di fare le mie scelte". Questo in attesa di capire se vinceranno "moderati o integralisti".
Le colombe volano anche sotto le Due Torri. Le colombe sotto le Due Torri si contano su una mano. In prima fila, l’ex senatore Filippo Berselli, tra i più convinti nel separare il proprio destino dai compagni di viaggio. "Io vengo da An, con Forza Italia non ho nulla da spartire. Sarebbe una forzatura". Ma le “larghe intese” per gli alfaniani si limitano a Roma: "A Bologna — chiariscono — restiamo all’opposizione della giunta Merola".
I neo forzisti bolognesi. A dettare legge a Palazzo d’Accursio saranno i neo forzisti: da Daniele Carella al capogruppo Michele Facci, passando per Marco Lisei, quasi tutti aderiranno al tricolore di Fi. I dubbi però non mancano. Lo stesso Facci appare spiazzato dall’assenza di regole, perché a decidere l’organigramma del partito sarà Berlusconi, quando non si sa: "Sappiamo solo che verranno rilanciati i vecchi club di Fi". Anche sotto le Due Torri torneranno così i circoli tricolore che portarono il centro destra alla vittoria del ‘94 (ma non si sa chi li guiderà). Decretata con l’assemblea romana di ieri la fine del Pdl, sono decadute anche le cariche: Berselli ha perso quella di coordinatore regionale, Paolo Foschini, esponente della galassia di Cl, anche lui con gli alfaniani, il posto di responsabile cittadino.
E ora come ci chiamiamo? Ma sui nomi dei gruppi già fioccano le ipotesi. Per Berselli quelli del Pdl non cambieranno, "perché sono gli altri che se ne vanno". A gelare le sue speranze sono gli ex colleghi: "Cambieremo di certo la denominazione per sancire il ritorno a Forza Italia — chiarisce Facci — decideremo tra lunedì e martedì. Ma per favore non parliamo di “traditori”, abbiamo già avuto Fini e ci è bastato". Tra i banchi del consiglio comunale, su sei consiglieri Pdl, l’unica eccezione sarà Valentina Castaldini, vicina al ministro ciellino Maurizio Lupi, che potrebbe finire nel gruppo misto (per formarne uno nuovo servono due consiglieri). "Guardo con molto favore a quello che sta nascendo" si limita a dire lei. Il riferimento è al Nuovo Centrodestra di matrice alfaniana (venerdì prossimo, non a caso, arriverà in città il ministro Lupi per parlare con i fedelissimi).
Problemi in famiglia. Seduto a Roma in prima fila anche l’ex parlamentare Fabio Garagnani, che rivendica la sua coerenza: "Io non ho mai tradito". A Palazzo Malvezzi, invece, le frizioni politiche rischiano di ripercuotersi sulla famiglia di Luca Finotti. Il consigliere provinciale sta con il Cavaliere, mentre la moglie Claudia Rubini, anche lei consigliera azzurra, dovrebbe seguire Berselli. "Nessun problema — assicura Finotti — ho iniziato a far politica innamorato di Berlusconi,
lei stava nell’Msi. Non farò nulla per convincerla". Con i governativi anche i consiglieri provinciali Rino Maenza e Giovanni Leporati. Tutto liscio infine a viale Aldo Moro: con in testa Alberto Vecchi, gli undici eletti in Regione dovrebbero entrare tutti in Forza Italia (in bilico il solo modenese Andrea Leoni). Facile, almeno in questo caso, la scelta del nome del nuovo gruppo: PdlFi, una doppia denominazione per tutelarsi rispetto a eventuali “fuoriusciti”.
PUGLIA
LELLO PARISE
Alla fine della fiera, senatore Cassano, avete portato a casa il risultato: Pdl, addio.
"Stamattina (ieri, ndr) mi sono sentito con Angelino: era contentissimo".
Il numero due di Enrico Letta, capeggia il "Nuovo centrodestra". In Puglia il drappello di "alfaniani" può contare su tre parlamentari: tre su venti, il 15 per cento. Oltre a Cassano, ci sono Antonio Leone e Antonio Azzollini. E’ giusto?
"Già, è così. Per ora, almeno".
Cioè?
"Possiamo solo crescere. Ci sono trattative in corso. Chi è rimasto da quella parte della barricata, si guarda attorno... Silvio Berlusconi è come la luna calante, nel giro di una manciata di settimane si ritroverà pure fuori dal Senato".
La campagna acquisti è aperta, insomma?
"La nostra è una scommessa sul futuro del centrodestra".
Vincerete?
"Tanta gente da queste parti, è contro Fitto. Ma cercheremo di collaborare con Fi. Militiamo nella stessa area politica".
Il "Nuovo centrodestra" presenterà una lista alle comunali del 2014?
"Certo. E avremo il nostro candidato sindaco".
Cassano?
"Può darsi. Ma io non voglio occupare uno spazio per il gusto di farlo. E, soprattutto, nemmeno voglio dare l’impressione di essermi imbarcato in questa avventura pensando al municipio e basta".
Ha reclamato "primarie di coalizione". Fitto nicchia.
"Le vogliamo noi, le vogliono quelli di Fratelli d’Italia... Vorrei che le accettasse anche il Pdl-Fi. Farà spallucce? Pazienza. Per quanto ci riguarda, le organizzeremo ugualmente. Poi chi avrà più filo tesserà".
Questa regola del gioco resterà in vigore pure per il 2015, alle regionali?
"Sì.
Noi crediamo che Francesco Schittulli sia il competitore giusto per la Regione. Alle primarie potrebbe vedersela con Paolo Perrone, il sindaco di Lecce sponsorizzato proprio da Fitto".
Senatore Cassano, passerà alla storia per avere sbattuto la porta in faccia all’ex "enfant prodige" di Papi.
"E’ la prima volta che succede una cosa del genere. Nemmeno Quagliariello è riuscito a farlo".
LAZIO
È VERO che ancora è un po’ prestino, che l’accelerazione è stata fin troppo repentina e le periferie - rispetto al partito centrale - ci mettono sempre più tempo ad adattarsi alle novità (specie quando sono belle grosse come questa), però le truppe hanno già cominciato a muoversi, spesso al seguito dei capibastone nazionali, e le scelte verranno tutte formalizzate in settimana. Quando, sia in assemblea capitolina, sia in consiglio regionale, il gruppo del Pdl sarà convocato per sancirne lo scioglimento e decretare la contestuale nascita di gruppi separati. In casa, però, che Berlusconi è stato chiaro: faranno tutti parte della stessa coalizione.ù
E così ecco che a Palazzo Senatorio i seguaci del senatore Andrea Augello e del deputato Gianni Sammarco dovrebbero aderire al Ncd di Alfano: lo farà certamente la capogruppo Sveva Belviso, ex aennina e augelliana di ferro, insieme alla collega Lavinia Mennuni; sono pronti pure Marco Pomarici e Roberto Cantiani, entrambi vicini al già azzurrissimo Sammarco; mentre è ancora indeciso il vicecapogruppo Giordano Tredicine, parecchio attratto dalla sirena berlusconiana. La quale ha invece già richiamato a sé l’ex assessore al Commercio Davide Bordoni e Giovanni Quarzo, consigliere vicino all’ex capogruppo capitolino Luca Gramazio, entrambi entuasiasti della resurrezione forzaitalica.
E sì, perché il giovane Gramadi zio, ora capogruppo in Regione, smentendo ogni pronostico e pure gli ideali da "duro e puro", ha deciso di buttarsi nelle braccia neo-centriste del Cavaliere, trascinando con sé la maggioranza dei pidiellini alla Pisana. Nella pattuglia dei lealisti figurano infatti Giuseppe Simeone da Latina, al seguito del discusso senatore Claudio Fazzone; Adriano Palozzi, aficionado dell’ex governatrice Renata Polverini; il già assessore capitolino ai Trasporti Antonello Aurigemma e Mario Abbruzzese, entrambi vicini ad Antonio Tajani. Mentre le colombe alfaniane non saranno più
quattro: gli ex assessori
regionali Giuseppe Cangemi (con Sammarco) e Pietro Di Paolo (con la moglie deputata Barbara Saltamartini), i due augelliani Fabio De Lillo e Daniele Sabatini.
Una mappa che tuttavia potrebbe subire delle modifiche. "Prima di fare una scelta definitiva voglio capire bene che succede ", sussurra più d’uno fra quelli arruolati (per inerzia) da Berlusconi. "Non voglio certo fare la fine di Alemanno, che ha avuto fretta di uscire e ora si sta mangiando le mani".
INTERVISTA A SCHIFANI
ROMA - "Al Paese serve in questo momento la stabilità, Forza Italia si sarebbe assunta la responsabilità di staccare la spina all’esecutivo per motivazioni soggettive e personali che possono essere condivise per il trattamento inaccettabile da parte del Pd nei confronti di Berlusconi, ma avrebbero determinato un danno irreversibile al Paese". Renato Schifani, ospite de L’intervista di Maria Latella su Sky, il giorno dopo l’ufficializzazione della scissione all’interno del Pdl e del ritorno di Forza Italia, spiega i motivi che hanno portato alla nscita del Nuovo centrodestra e commenta la decisione di dimettersi da capogruppo del Pdl al Senato. Una decisione che ha lasciato amareggiato il Cavaliere che, però, "si rende conto che la gestione di un gruppo diviso in due blocchi diventava difficile. Ho preso la mia decisione in piena coscienza, i tempi erano maturi. Il rapporto tra me e Berlusconi sarà sempre di grande stima, affetto, e massima riconoscenza da parte mia, sono sempre stato leale".
Strade parallele. La strada intrapresa dalla nuova formazione lanciata da Alfano, dice Schifani, "è diversa, ma parallela a quella di Berlusconi. I contenuti della nuova formazione politica lanciata ieri di Alfano sono di rinnovamento della classe dirigente e di grande responsabilità. L’Italia nel 2014 comincerà a crescere, non bisogna staccare la spina al governo".
Crisi al buio. Quale sia il progetto di Forza Italia "lo verificheremo in questi mesi, successivi alla nascita del Nuovo centrodestra. Se fosse prevalsa all’interno del Pdl la linea di chi sosteneva a maggioranza la crisi immediata subito dopo il voto sulla decadenza" di Silvio Berlusconi "avrebbe determinato il ritorno alle urne, con una crisi al buio e una sicura sconfitta perché non ci sarebbe stato Berlusconi e il conseguente pericolo di essere relegati a stare per anni in una destra molto ridotta", sostiene Schifani, che aggiunge che ora è necessario recuperare elettori persi del Pdl: "Alfano li cercherà, ieri sono stato vicino a lui per alcune ore e ho visto come attorno a lui vi sia un coaugulo da parte del Paese, degli amministratori e della gente comune. Alle ultime elezioni il Pdl ha perso 6 milioni di voti, il lavoro è di recuperare questa fetta di elettorato che può concentrarsi su nuova forza politica". Per Sandro Bondi, però, l’impresa per il nuovo gruppo è impossibile: "Se i risultati di Schifani e Alfano sono quelli che hanno raggiunto in Sicilia, difficilmente arriveranno al 4%".
Caso Cancellieri. Non è mancata la domanda sul caso Ligresti e sulla posizione del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri: "Non credo che la Cancellieri si debba dimettere, stimo il ministro, ho fatto un intervento convinto in Aula, non mi pare che abbia compiuto fatti di rilevanza penale. E sta operando con coraggio, come sulla riforma delle circoscrizioni giudiziarie, superando grandi resistenze", ha detto Schifani.
Distanze da attacchi a Napolitano. L’ex presidente del Senato ha poi ammesso di essersi "trovato in forte disagio personale e politico quando ho visto dare del traditore al presidente della Repubblica di fronte a milioni di italiani" e di aver per questo "preso le distanze" in modo pubblico dalla Santanchè: "Negli ultimi tempi determinate posizioni non le condividevo".
CORRIERE.IT
ROMA - «Trecentoquattro? Ma questi sono numeri da partito serio, no?». Nella notte tra venerdì e sabato, quando Angelino Alfano e i ministri scissionisti si concedono un piccolo brindisi nel ristorante «Grano», a pochi passi dall’albergo Santa Chiara dov’è appena stato annunciato il nuovo partito, il deputato siciliano Dore Misuraca arriva coi foglietti che contengono la cifra esatta dei «fondatori» del Nuovo centrodestra. Ha tenuto i conti al millesimo, Misuraca, da sempre vicino sia al vicepremier che a Renato Schifani. E il conto finale dei membri del Consiglio nazionale dell’ex Pdl che si dichiarano pronti ad aderire alla nuova «creatura» governista fa «304».
Gli alfaniani del teatro Santa Chiara: i volti di chi non aderisce a Forza Italia
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Sono 31 senatori, che avranno come capogruppo provvisorio Laura Bianconi. E 28 deputati, che saranno guidati dal piemontese Enrico Costa. E poi ci sono ovviamente i cinque ministri del governo, un governatore (il calabrese Giuseppe Scopelliti), 12 assessori regionali, 75 consiglieri regionali, 7 presidenti di provincia, 4 sindaci di comuni capoluogo (c’è il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, tanto per dirne una), 9 parlamentari europei in carica (tra cui il piemontese Bonsignore, il siciliano La Via, la campana Mazzone, i laziali Angelilli, Antoniozzi e Pallone). E ancora, 51 tra capigruppo e vicecapigruppo nei consigli provinciali, 5 coordinatori regionali dell’ex Pdl, 17 coordinatori provinciali, 22 segretari cittadini e persino tre dirigenti nazionali del giovanile.
Alfano: Berlusconi come un padre? Si litiga ma l’affetto resta
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L’unica voce affiancata al numero «zero» è quella relativa componenti dell’ufficio di presidenza del fu Pdl, che stanno tutti insieme ai lealisti. Per il resto, tutta gente che - sulla carta - è stata sottratta alla nuova Forza Italia. C’è anche una distribuzione regione per regione. Il Nuovo centrodestra cancella i berlusconiani doc dalla cartina geografica della Calabria, è nettamente più forte dei «cugini» in Sicilia, va benissimo in Lombardia e Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, Piemonte e Abruzzo.
«Volendo, avremmo potuto impedire che Forza Italia rinascesse», mormora qualcuno citando il numero delle firme raccolte, sufficiente a tenere il testo approvato dal consiglio nazionale forzista al di sotto del quorum dei due terzi. Ma è solo una battuta. L’attenzione, adesso, è concentrata sui numeri in Parlamento. Che hanno oscillato fino all’ultimo istante, anche venerdì. E che dall’inizio della prossima settimana potrebbero cambiare ancora.
Sono almeno tre i «mister X» dal volto ancora coperto che, alla Camera, potrebbero abbandonare Forza Italia per la creatura alfaniana. E che andrebbero a compensare l’uscita di scena dell’ultim’ora di chi, come la sottosegretaria calabrese Jole Santelli o il senatore siciliano Francesco Scoma, ha deciso in extremis di abbandonare la nave del vicepremier per aderire a Forza Italia.
Ma l’aspetto più interessante della partita, e anche del risiko incrociato che coinvolge sia forzisti che neocentrodestri, riguarda Palazzo Madama. Renato Schifani, che si è dimesso da capogruppo del Pdl prima del consiglio nazionale, è ormai arruolato con i secondi. Berlusconi sta pensando di sostituirlo con uno tra Annamaria Bernini e Paolo Romani. Nessuno dei due, tra l’altro, è catalogato tra i falchi. Segno che, almeno fino al voto decadenza, i due gruppi non si guarderanno in cagnesco. E l’ex presidente del Senato? E’ improbabile che faccia il capogruppo della nuova forza politica ma nel caso di un eventuale rimpasto il suo nome potrebbe essere in prima fila per entrare nell’esecutivo.
Già, il rimpasto. È sulla composizione della squadra di governo che si avvierà, da lunedì, un nuovo giro di valzer. Nella roccaforte del Nuovo Centrodestra ci stanno già facendo i conti se è vero che Paolo Naccarato, tra i fondatori del partito del vicepremier, allarga lo spettro: «Mica ci sono soltanto i ministri. I sottosegretari che hanno aderito a Forza Italia, tipo la Santelli o Micciché, usciranno o no dall’esecutivo? E i presidenti di commissione come Daniele Capezzone o Nitto Palma, che pure sono arrivati dove sono grazie ai voti dell’odiato Pd, che faranno la settimana prossima? Rimarranno in carica oppure no?».
Ma oltre agli assetti, c’è anche una partita che rimanda all’esterno. Uno dei primi a manifestare il suo sostegno sottotraccia ad Alfano per la nascita del nuovo partito è stato Roberto Maroni. Anche perché, come dice Naccarato, «questo è il momento storico in cui il centrodestra finisce di avere un capo unico e comincerà a caratterizzarsi come una coalizione in cui la leadership è contendibile. E questo», aggiunge il senatore, «è un discorso che non può che interessare anche la Lega». Tra coloro che guardano senza ostilità alla nascita del nuovo partito, nascosto come al solito dietro le quinte, c’è anche Gianni Letta. L’Eminenza grigia dell’ultimo ventennio berlusconiano, giorni fa, ha confidato a più d’un membro del governo la sua delusione per come i falchi sono riusciti a ottenere il controllo della cabina di regia del berlusconismo. L’ex sottosegretario comunque conferma «amicizia eterna» al Cavaliere.