Filippo Facci, Libero 15/11/2013, 15 novembre 2013
IL FANGO DELLE INTERCETTAZIONI «BUONE»
Di articoli se ne potrebbero scrivere due. Il primo è questo: 1) Inchiesta sul falso in bilancio della famiglia Ligresti, dal brogliaccio delle intercettazioni è spuntata una terza telefonata tra Annamaria Cancellieri e la famiglia del finanziere, e questo dimostra che il ministro ha mentito perché agli inquirenti e al Parlamento aveva accennato solo a due telefonate: ma l’esistenza di una terza, ora, è stata rivelata da Repubblica. In pratica c’è stata la telefonata del 17 agosto con Gabriella Fragni (compagna di Salvatore Ligresti) e poi c’è stata quella del 19 agosto con Antonino Ligresti (fratello di Salvatore) laddove il ministro aveva parlato dell’opportunità di muoversi per il caso di Giulia Ligresti, e poi, in teoria, basta: «Non ho più sentito altri», ha messo a verbale il ministro Cancellieri, «ad eccezione della telefonata con Antonino Ligresti di cui ho già riferito ». Cioè quella, citata, del 19 agosto.
Però, ecco, non è vero: è spuntata una terza telefonata con Antonino Ligresti. Il ministro, a verbale, aveva accennato solo a uno scambio di sms: invece, dai tabulati, s’intuisce una vera e propria telefonata di 7 minuti e mezzo, e questo il giorno prima dell’interrogatorio della Cancellieri con gli inquirenti. Insomma, sbugiardata la Cancellieri: brava Repubblica che hai svelato l’altarino, questo sì che è giornalismo.
Poi però c’è il secondo articolo che potremmo scrivere, e che è quest’altro: 2) Già sussistevano dubbi sull’opportunità di intercettare (o meglio: di diffondere) le telefonate fatte da un ministro nell’esercizio della sua funzione: però la Cancellieri non è parlamentare e quindi tant’è. Ora si apprende di un’ulteriore telefonatane parla Repubblica che però non risulta dal brogliaccio delle intercettazioni depositate a margine dell’inchiesta di Torino: risulta da un altro brogliaccio che non è stato ancora depositato agli atti e che, perciò, non è stato dato neppure alle parti, cioè i magistrati e gli avvocati: in compenso risulta «confermato a Repubblica da più fonti ». La Procura di Torino e la stessa Repubblica si sono affrettati a precisare che a margine della terza telefonata «non c’è nulla di penalmente rilevante», come a dire che la sua esistenza, e pubblicazione, costituiscano peccato veniale: ma proprio questo è il punto. Se è irrilevante, perché diffonderla? Forse la domanda verrà giudicata veniale a sua volta, nel qual caso sarà ufficiale che in Italia si può pubblicare ufficialmente tutto – atti depositati, non depositati, rilevanti, irrilevanti, registrazioni fatte dalla polizia o da una escort pugliese – in virtù di un malinteso «diritto di informare » che non ha eguali nel mondo. Diciamolo meglio: certe cose si possono pubblicare a seconda di chi sia a pubblicare che cosa. Il Giornale, com’è stranoto, pubblicò un’intercettazione tra Fassino e Consorte (quella de: «abbiamo una banca») che non era stata trascritta e quindi non era stata depositata e quindi non era pubblicabile: la faccenda è finita con processi e condanne penali. Siamo di fronte a un caso identico (la terza telefonata della Cancellieri non è trascritta, non è depositata, non è pubblicabile) ma la sua esistenza ora scivola via come una notizia più che ordinaria, col dettaglio che «non è penalmente rilevante»: classica aggravante travestita da esimente. Una notizia, oltretutto, elargita da un quotidiano che da giorni e giorni nasconde (o imbosca nelle cronache torinesi) la notizia che il suo editore Carlo De Benedetti è indagato per le venti morti per amianto negli stabilimenti Olivetti di Ivrea, il che, con rispetto parlando, penalmente rilevante potrebbe anche esserlo.