Paolo Siepi, Milano Finanza 15/11/2013, 15 novembre 2013
PERISCOPIO
I nostri leader politici assomigliano tutti all’Orlando innamorato, quello che andava combattendo ed era morto. Jena. La Stampa.
Negli Usa quasi sempre l’accesso alla ricchezza non di provenienza ereditaria appare condizionata fortemente dal merito. E se non si corrisponde a questo criterio, le conseguenze possono essere assai dure. Negli Stati Uniti, per esempio, manager incapaci o peggio rischiano facilmente il licenziamento in tronco senza vedere un quattrino. Da noi, invece, un amministratore delegato delle Assicurazioni Generali, come Giovanni Perissinotto, può lasciare dietro di sé perdite per centinaia di milioni, dopo aver compiuto operazioni contro le norme interne della stessa società, ma, ciò nonostante, intasca una liquidazione di oltre 10 milioni di euro. Ernesto Galli Della Loggia. Corsera.
Il quartier generale del Partito socialista a Roma sorgeva nella centralissima via del Corso. Quel vecchio palazzo dell’Ina aveva qualcosa di affascinante nell’architettura e qualcosa di ripugnante negli interni improntati al cliché burocratico dei partiti dell’epoca. Intonati all’ambiente, stili di lavoro approssimativi, ciarlieri e distratti, ruvidi e ingrugniti, e ritmi ministeriali all’insegna di un laissez-faire ora becero, ora lamentoso. Claudio Martelli, Ricordati di vivere. Bompiani.
Nel mio ultimo libro (Sale, zucchero e caffè, Mondadori) rievoco le stragi tedesche, non naziste, in Abruzzo. Perché non furono le SS, ma la Wermacht, l’esercito regolare tedesco, a farle. A Pietransieri furono uccise 128 persone. Onna venne rasa al suolo, 66 anni prima del terremoto. A Filetto il «capitano nero», Matthias Defregger, fece fucilare trenta ragazzi, tra cui due figli adolescenti di una povera donna che gridava: «Lasciatemene almeno uno...». Defregger, dopo la guerra, diventò vescovo di Monaco, e non pagò mai per quel crimine. Sette.
Nella prima udienza del processo che si tiene al Cairo contro Morsi, il deposto presidente ha dichiarato: «Facciamola finita con questa farsa, è stato un colpo di stato quello che mi ha deposto. Sono altri quelli che dovreste processare». E al giudice che lo chiamava «imputato» ha detto: «Io sono il dottor Mohammed Morsi Isa al-Ayyat. Ricordati che sono il tuo presidente. Secondo la Costituzione, l’unico legittimo». Massimo Fini. Il Fatto.
Come mi piacerebbe poter rinascere nel 1947 a Bologna. Anch’io come Enrico Brizzi, non frequentissimo esempio di nostalgico quarantenne, potrei avere una fanciullezza dialettofona. In L’arte di stare al mondo (Mondadori) il felsineo scrittore ricorda le preghiere della buona notte che cominciavano così: «A lèt, a lèt, a voi andèr / Tot i sant a voj ciamèr». Che meraviglia! Oltre alla dimestichezza coi santi del calendario, invidio a Brizzi quella con un santo profano il cui fantastico programma esistenziale fa rima col nome Michelàz: «Magner, bavver e fèr un càz». Camillo Langone. Il Foglio.
A casa mia conservo un elefante d’argento che fu donato ai miei genitori il giorno del mio matrimonio e che conservo nel mio studio. È un elefante d’argento costruito senza l’argento. Era il tipico regalo di nozze durante il fascismo. Ricordava le colonie africane. Siccome tutto l’argento era stato donato alla patria per costruire i cannoni, gli elefanti erano modellati in gesso e poi immersi in un bagno che li rendeva argentati. Per me è il simbolo della casa, della continuità, spero che anche i miei figli lo conservino con cura. Pupi Avati, regista. Corsera.
Claudio Stellari appartiene alla generazione passata in un attimo dal crollo dell’Urss al crollo delle Torri gemelle, dagli aeroplanini di carta di Facebook, dal made in Italy al made in China, dalle domeniche in chiesa alle domeniche all’Ikea. Ma soprattutto, la generazione che si è vista retrocedere dal posto fisso al lavoro precario. Luciano Tirinnanzi, Crepi quel lupo! Come sopravvivere quando si è giovani e precari. Robin.
In uno dei miei ultimi colloqui, mio padre, Giuliano Zincone, era lì sul letto, in clinica, con quella maschera stretta che lo aiutava a respirare e che lui chiamava «maschera di ferro». Io ero di fronte a lui e volevo fargli capire quanto era stato meraviglioso come padre. Così gli ho chiesto: «Ti ricordi le nostre partite di pallone in corridoio? Non mi facevi mai vincere». Glielo chiedevo perché io, ogni tanto, mio figlio Giulio lo faccio vincere. Lui mi ha guardato e con la mano ha fatto: «No». Sotto la maschera sorrideva. Vittorio Zincone al funerale di suo padre, il giornalista Giuliano.
Per Natale mentr’ero in trincea in Urss, volevo mangiarmi un gatto e farmi, con la pelle, un berretto. Avevo teso anche una trappola, ma erano furbi e non si lasciavano prendere. Avrei potuto ammazzarne qualcuno con un colpo di moschetto, ma ci penso soltanto adesso ed è tardi. Si vede proprio che ero intestardito di volerlo prendere con la trappola, e così non ho mangiato polenta e gatto e non mi sono fatto il berretto con il pelo. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.
Quel 31 ottobre del 1512, quando Giulio II inaugurava con la liturgia dei vespri la volta della Cappella Sistina, da Michelangelo conclusa dopo un’immane fatica durata quattro anni (1508-1512), il Papa non poteva immaginare che da quei più di mille metri affrescati, sarebbe precipitato sulla storia dell’arte un violento torrente montano portatore di felicità ma anche di devastazione, come scrisse il Woelfflin nel 1899 con una bella metafora. Di fatto, dopo la volta della Cappella Sistina, la storia dell’arte in Italia e in Europa cambia radicalmente. Niente sarà più come prima. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. L’Osservatore romano.
Gli alberi stanno iniziando il processo che li porterà alla lunga fase invernale; cominciano a vedersi gli uccelli migratori, che arrivano da noi per fermarsi o per far tappa sul percorso verso i paesi più caldi. La natura si avvia a un periodo di rallentamento dei ritmi della vita che è destinato a durare fino alla ripresa primaverile, perfino i fiumi, in questo periodo, scorrono più lenti. È questo il periodo dell’anno (ma solo da quando l’attività agricola è diventata marginale) nel quale noi uomini andiamo accelerando le attività appena riprese. Per noi il periodo di minore attività è diventato quello estivo. Paolo Togni. Tempi.
Sono un nonno modello con l’aspetto del bisnonno. Roberto Gervaso. il Messaggero.