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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

IL VERO PROBLEMA È IL DIKTAT SUL RIGORE CANCELLIAMOLO E CI SARÀ CRESCITA PER TUTTI


[Martin Schulz]

«Il problema dello squilibrio causato dall’export tedesco esiste, ma va risolto rafforzando gli altri, non indebolendo la Germania ». Lo dice il più autorevole politico tedesco nella Ue dopo Angela Merkel, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (Spd).
Presidente, come giudica le accuse europee a Berlino?
«È la direttiva sul superamento degli squilibri macroeconomici nell’Unione. La Commissione ha annunciato che la esamina, non che intenda aprire una procedura contro la Germania. Certo è che dobbiamo preoccuparci di far sì che nello sviluppo economico dell’insieme dell’Ue e in particolare dell’eurozona ci sia il massimo equilibrio possibile. Ma con una riduzione dell’export tedesco o un aumento dell’export degli altri? Ecco la questione aperta».
Chi ha ragione dunque, Bruxelles o Berlino?
«Non si può vietare al governo tedesco di essere a favore di un dinamismo dell’export del Paese che governa. Ridurre l’export tedesco non aiuterebbe gli altri in Europa. Dobbiamo invece far sì che la domanda cresca negli altri Paesi europei. La soluzione contro gli squilibri è rafforzare domanda e crescita nel resto della Ue, il più possibile. Un consolidamento sostenibile dei bilanci pubblici funziona solo con investimenti, crescita, occupazione, che rafforzano il consumo. La crescita è vitale contro gli squilibri macroeconomici».
Quindi politiche per crescita e occupazione e non più rigore e basta?
«Sì, l’Europarlamento lo chiede da anni. E denuncia anche un grosso problema per il superamento degli squilibri: in molti Paesi dell’eurozona, tra questi l’Italia, piccoli e medi imprenditori non hanno accesso a crediti a condizioni ragionevoli, quindi non sono in condizione di investire. Il superamento di questo credit crunch è necessario ».
Le critiche a Berlino possono nutrire il populismo, come quello di Alternative für Deutschland, in Germania?
«Restiamo alla logica. Commissione o Trojka chiedono alla Grecia o all’Italia di prendere misure di risanamento, senza concedere loro diritto di critica. Ma se siamo chiamati noi stessi al rispetto di regole, si sente dire che così si rafforzano i populisti. Ciò malgrado sono convinto che la frenesia regolatrice della Commissione sia un’abitudine che deve cessare».
Teme il ritorno dell’immagine del “tedesco cattivo”?
«Viaggio molto in Europa, ho l’impressione che la gente non abbia risentimenti verso la Germania, bensì pensi che le cose non vadano nel modo giusto. E la Repubblica federale deve fare attenzione a che, specie nell’eurozona, si faccia una politica del “lavorare insieme”, non del “ciascuno contro tutti”. Ciò vuole anche dire non pretendere di frenare l’export tedesco. Export che ci mette nella condizione di pagare le cifre più alte a sostegno dei meccanismi di salvataggio dell’euro e delle banche. Su un totale di 700 miliardi di garanzie, quasi 400 sono fornite dalla Germania. I tedeschi hanno la forza per stabilizzare il sistema. Ma dovremmo usare la nostra forza anche per scegliere una politica attiva di investimenti per la crescita e l’occupazione, per rendere forti anche gli altri».
Quanto è pericoloso l’eterno dilemma di Berlino: Europa tedesca o Germania europea?
«Ho sempre voluto e voglio una Germania europea, rifiuto un’Europa germanizzata. La Germania è europeista. Nell’accordo di governo che negoziamo con la Cdu, all’inizio del capitolo sulla politica europea è scritto che la Germania conosce e vuol tradurre in pratica le sue responsabilità speciali per l’Europa. E che vuole metodi comuni-tari, compromessi tra interessi, non il predominio dei più forti. Se la coalizione nascerà, sarà questa la sua filosofia europea».