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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

ATAC, COSÌ I MANAGER NASCOSERO LO SCANDALO


DUE documenti riservati di Atac ottenuti da Repubblica dimostrano che, almeno dal febbraio del 2011, il management di vertice dell’azienda aveva acquisito evidenze inoppugnabili sulle responsabilità interne nella truffa dei “falsi biglietti” capace di drenare 70 milioni di euro all’anno dal suo bilancio.

E CHE tuttavia lo stesso management decise di nascondere quelle prove alla magistratura inquirente, di tacerle al consiglio di amministrazione dell’Azienda e al suo unico azionista, il Comune di Roma. Già, il Campidoglio, “vittima” di una stangata iniziata nella Roma di Walter Veltroni e proseguita in quella di Alemanno.
Perché tacere? Perché un’omissione così macroscopica da chi dovrebbe avere a cuore l’interesse dell’azienda? «La risposta è una sola — osserva una qualificata fonte interna all’Azienda — e suona così: quella verità avrebbe fatto crollare il Sistema dei finanziamenti assicurati da Atac alla Politica grazie alle provviste nere create con la falsa bigliettazione. Perché quella verità era semplicemente intollerabile». Febbraio 2011, dunque. Vediamo cosa accade.
Oltre a un report commissionato a un team esterno le cui già allarmanti conclusioni verranno consegnate alla Procura di Roma, Atac insedia in quell’inverno di due anni fa una commissione di inchiesta interna perché vada fino in fondo alla faccenda. La presiede Giuseppe Renato Croce, un ex magistrato di 73 anni dal passato opaco (il suo nome è stato trovato negli elenchi della P2) che ha trovato in Atac la sua nuova casa. E con lui ne fanno parte sei manager: il responsabile sicurezza e prevenzione, Pierluigi Pelargonio, il responsabile degli affari legali, Gianfrancesco Regard, il responsabile commerciale Fabrizio Frustaci, il direttore organizzazione e relazioni industriali Gianluca Ponzio, il responsabile delle manutenzioni Raffaele Santulli, e il responsabile dell’area tutela del patrimonio Luca Nicotera. Sono dirigenti obbligati a rispondere alla politica e anche per questo, forse, la convinzione è che il loro lavoro sarà timido e non andrà da nessuna parte. Ma non è così. Il 6 maggio 2011, tre mesi dopo la chiusura dell’indagine interna, proprio Croce invia una lettera all’allora direttore generale di Atac, Antonio Cassano. Si legge: «Onde rappresentare al magistrato che l’alta dirigenza di Atac si è tempestivamente mossa affinché i reati in accertamento non si ripetessero, si prospetta alla S. V. l’opportunità che la relazione (della Commissione interna ndr) venga trasmessa alla Procura della Repubblica affinché sia allegata all’incarto penale».
L’invito rivolto a Cassano è chiaro nella sostanza. Quanto scoperto dall’indagine interna mette i vertici di Atac in una posizione che non lascia molti margini di manovra a meno di non voler apparire complici. Tuttavia, l’allora direttore generale di Atac ripone sia la lettera di Croce che le quaranta pagine di rapporto che la accompagnano in una cassaforte, dove rimarranno fino all’inchiesta di Repubblica della scorsa settimana.
Ci sono evidentemente “ottimi” motivi per occultare il lavoro della Commissione. E per capirlo è sufficiente leggere alcuni dei passaggi chiave della sua Relazione. Per la prima volta, viene descritto il “bunker” di via Sondrio, l’ufficio dove è raccolta l’intelligenza del sistema di bigliettazione informatica. La Commissione spiega infatti di aver realizzato che esiste “un problema interno” proprio quando chiede l’accesso a quell’ufficio. Intende osservare e verificare come lavorano i venti uomini che dalla società Erg sono stati assunti in Atac e hanno gestito per anni il segreto della bigliettazione elettronica. Soprattutto, vuole comprendere il meccanismo di rendicontazione elettronica che dovrebbe assicurare la corrispondenza tra i titoli di viaggio stampati e quelli effettivamente utilizzati. Ma, appunto, la Commissione viene bloccata. L’accesso al bunker è interdetto anche alle loro indagini, che pure non dovrebbero incontrare ostacoli. «A quel punto abbiamo capito che qualcosa non funzionava per davvero — racconta oggi uno dei sei manager — e con l’aiuto di alcuni esperti informatici siamo entrati a forza nel sistema. Solo allora ci siamo resi conto che non esistevano black list per la registrazione dei biglietti usati, e che un’eventuale clonazione sarebbe passata inosservata». «È stata una scoperta illuminante — aggiunge la fonte — purtroppo siamo stati rapidamente scoperti e ricacciati fuori dal sistema ».
Anche in quella “finestra” così stretta, la Commissione riesce nondimeno ad afferrare evidenze cruciali. Si legge ancora nella Relazione occultata: «Tutti i controlli dei biglietti “vidimato/ venduto” e i livelli di protezione del sistema sono in capo ai medesimi soggetti. Questa modalità di gestione della bigliettazione attraverso l’esistente sistema di black list non automatizzata che prevede l’inserimento manuale dei biglietti a cui deve essere negato l’accesso, non permette di evitare l’esistenza di una bigliettazione parallela almeno fino a quando questa non viene scoperta». Cosa che alla Commissione è riuscita. «Dalla verifica effettuata dalla direzione vendite sui titoli di viaggio in possesso al servizio ispettivo Atac — scrivono i sei manager — emerge che 3 biglietti acquistati il 16 settembre del 2009 sono risultati validamente emessi, regolarmente validati, ma non ne risulta la vendita sulla contabilità aziendale, mentre 4 biglietti acquistati in data 17 e 18 settembre del 2010 risultano validamente emessi, regolarmente validati, ma non come venduti — come emergeva dalla verifica della contabilità aziendale». «È evidente quindi — concludono i membri della commissione di inchiesta — come a fronte della vendita dei titoli di viaggio Atac non ha incassato il corrispettivo monetario che era stato invece fraudolentemente trattenuto».
La Commissione comprende di essere di fronte a un Sistema. E dunque, per la prima volta, parla di un “Progetto Bigliettazione”. Ne indica il perno operativo in un gruppo di dipendenti (gli ex-dipendenti della società australiana Erg) che da allora e fino ad oggi avrebbero gestito in solitudine, per giunta protetti dal segreto anche fisico del loro ufficio, tutti i processi operativi sui titoli di viaggio.
All’origine della stangata sono i rapporti opachi allacciati con Rutelli sindaco tra l’Azienda e la società australiana Erg, fornitrice del sistema prima dell’internalizzazione del servizio in Atac. «Emerge tutta la stranezza del rapporto tra Atac, Erg Italia e Transel (la società mista attivata e mai decollata) e come questo rapporto sia stato gestito sempre dalle stesse persone ». Ovvia la conclusione: «Urgono iniziative veramente efficienti perché è intuibile che queste falle minano alla base la principale fonte di acquisizione di utili per l’Azienda». Tutt’altro che ovvia la conseguenza. La relazione, in quel 2011, viene fatta semplicemente sparire.