Francesco Semprini, La Stampa 15/11/2013, 15 novembre 2013
LA BANCA CENTRALE USA NON È INDIPENDENTE DA WALL STREET
«Con Janet Yellen sarà difficile assistere a un cambio di strategia sulle manovre non convenzionali, e questo preoccupa». Andrew Huszar ha diretto il Quantitative easing 1 della Federal Reserve prima di diventare managing director di Morgan Stanley e quindi docente alla Rutger Business School. Oggi è un pentito: «chiedo scusa agli americani». Denuncia la perdita di indipendenza della Fed dovuta a interferenze di Wall Street, e spiega che il Qe è senza senso: «Benefici a famiglie e imprese non sono congrui».
Cosa ricorda di quella prima esperienza «non convenzionale»?
«Ho lavorato alla Fed per sette anni sino al 2008, poi a Wall Street. Mi hanno richiamato nella primavera del 2009 per gestire la parte centrale del primo Qe, un programma da 1.250 miliardi di dollari per l’acquisto di obbligazioni legate ai mutui. La più grande operazione singola di stimolo mai fatta».
Quali erano gli obiettivi?
«Riparare il mercato del credito dai danni della crisi, garantire l’erogazione dei prestiti a famiglie e imprese, e immettere liquidità nel sistema. Ben Bernanke lo chiamò “credit easing”».
Non aveva dubbi sull’efficacia di questa manovra?
«Ritenevo che potesse essere utile, purché fosse uno stimolo temporaneo e avesse l’obiettivo di stabilizzare l’economia e aiutare Main Street, ovvero le imprese. Nutrivo dubbi invece sulla Fed, un’istituzione fondamentale ma di cui, già da prima della crisi, vedevo a rischio l’indipendenza».
Si spieghi meglio.
«Indipendenza non dal potere politico, bensì da Wall Street e dalle sue interferenze».
I dubbi si sono rivelati certezze...
«Le misure non convenzionali sono divenute una forma di welfare permanente, assistenzialismo bancario. Con l’aggravante che i benefici erano importanti per hedge fund e banche, ma non tali per Main Street da giustificarne la prosecuzione».
E con costi esorbitanti...
«Tre i Qe, l’Operation Twist, ovvero la vendita di titoli a breve e l’acquisto a lungo, e altro siamo sui 4 mila miliardi di dollari. A fronte di un ritorno che esperti credibili stimano ad appena 40 miliardi, lo 0,25% del Pil».
Cosa ha deciso di fare quindi?
«Sono tornato a Wall Street per fare da lì cose differenti, in positivo, intendo. Ma dopo 18 mesi ho capito che assai poco era cambiato, perché Wall Street è un muro di gomma. Allora ho deciso di passare all’insegnamento, mi piace formare le persone».
Teme il disastro?
«Le ripercussioni delle misure non convenzionali sono globali, questo è un altro effetto collaterale. Il fatto che anche sul tavolo della Bce ci sia un’opzione del genere, mi fa tremare».
È pentito?
«Si, e chiedo scusa agli americani»
Chi è responsabile di tutto questo?
«E’ difficile individuare un colpevole. E’ un fatto culturale che dura da troppo tempo, prima della crisi. C’è chi è responsabile di averla causata, chi di averla cavalcata, e chi di averla curata male. Ci sono Bernanke e Barack Obama, ma anche il Congresso e la sua mancanza di autorevolezza politica. E c’è soprattutto la perdita di indipendenza della Fed».
E con Yellen alla guida della Banca centrale?
«Yellen è una grande fan delle manovre non convenzionali, ho seri dubbi che assisteremo a una cambio di rotta. Ciò preoccupa».