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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

MA I MANAGER STATALI PRENDONO IL TRIPLO RISPETTO AGLI STRANIERI


Alla faccia della crisi, in Italia lo Stato spendaccione paga i suoi dirigenti il triplo degli altri. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico-Ocse, confrontando i numeri di sei ministeri dei 34 Paesi membri, si scopre che i nostri dirigenti prendono uno stipendio medio di 650 mila dollari (482 mila euro), distanziando un bel po’ i secondi classificati, i neozelandesi che incassano in media 397 mila dollari e umiliando tutti gli altri. La media Ocse è 232 mila dollari. I nostri prendono il triplo.
«Sarebbe meglio dire che li prendevano - ribatte il ministero della Funzione pubblica - perché questa ricerca è la fotografia del 2011 e non tiene conto che un anno fa agli stipendi dei dirigenti pubblici è stato messo il tetto di 302 mila euro, prendendo a parametro lo stipendio del Primo presidente di Cassazione. Non si tiene nel dovuto conto, poi, che la quota dei contributi previdenziali in Italia è maggiore di ogni altro Paese Ocse, su percentuali del 40%».
Vero. C’è voluto uno decreto del governo Monti per stabilire che i dirigenti pubblici non potevano più guadagnare le cifre folli di un tempo e che occorreva un tetto. Più che ricco, peraltro. Ma non è andata così fino a ieri. E non è un caso. Già, perché l’alta dirigenza pubblica è indubbiamente una parte della Casta nazionale. Spesso e volentieri si tratta di ex uomini politici, riciclati in ruoli apicali dell’amministrazione. Oppure di figure poco note, ma di enorme potere, bene introdotti nei corridoi dei partiti.
E d’altra parte, sarà pur vero che Monti ha introdotto il tetto agli stipendi da 302 mila euro, ma anche così restiamo ben sopra la media di 172 mila euro (232 mila dollari) dei parigrado. Surclassiamo anche i Paesi europei più simili a noi. In Francia, un dirigente dello stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all’anno (192 mila euro), in Germania 231 mila (171 mila), in Gran Bretagna 348 mila (258 mila euro). Ai dirigenti italiani va persino meglio dei colleghi degli Stati Uniti, dove la retribuzione media è di 275 mila dollari (204 mila euro). E c’è da aggiungere che il governo Letta sta faticando oltre il dovuto per imporre il tetto nei compensi ai manager delle società pubbliche non quotate. Per non parlare della galassia delle società locali, di cui si è appena accorto il neocommissario alla Spending review Cottarelli.
D’altra parte, nell’Italia dove gli stipendi dei parlamentari erano d’oro (è solo dal 1 gennaio 2012 che l’indennità è scesa a 5000 euro mensili, a cui vanno aggiunta una diaria di 3500 euro), dove i giudici della Corte costituzionale ricevono un assegno da 457 mila euro che è il doppio di quanto prendono i colleghi inglesi e addirittura il triplo dei giudici della Corte suprema degli Stati Uniti, per non parlare degli stipendi dei dipendenti di Camera e Senato, come meravigliarsi del trattamento principesco riconosciuto ai dirigenti pubblici?
La regola italiana è che più si è vicini alla sfera del potere, più si incassa. A prescindere da merito e capacità. Parlano anche le altre tabelle dello studio Ocse. Se si comparano le retribuzioni dei «middle manager» pubblici, allora gli italiani tornano subito nelle medie. Per le figure professionali di base, l’Italia è addirittura sotto la media. E così per le segretarie.
Ultima notazione dell’Ocse, la pubblica amministrazione in Italia sta dimagrendo visibilmente: in dieci anni, il pubblico è passato dal 15,4% al 13,7% degli occupati. Spicca all’opposto il record della Norvegia dove il settore pubblico assorbe quasi un terzo dei lavoratori (era il 29,9% nel 2001, è il 30,5% nel 2011).
«In realtà - sostiene Titti Di Salvo, Sel - il tetto di 302.000 euro di cui parla il ministero della Funzione Pubblica, è aggirato in diversi modi. Una nostra proposta di legge evita le furbizie, estende il limite alle 33 aziende partecipate dallo Stato (Eni, Finmeccanica, Fs) e alle società che ricevono finanziamenti pubblici, come le testate giornalistiche, pena la sospensione dei finanziamenti».