Pietro Spataro, l’Unità 14/11/2013, 14 novembre 2013
D’ALEMA AVVERTE RENZI: «ATTENTO, NON HAI ANCORA VINTO»
D’Alema, dai primi dati del voto degli iscritti risulta che Renzi e Cuperlo sono testa a testa. Ha davvero speranza che il suo candidato ce la faccia?
«Credo che il voto degli iscritti sarà più equilibrato. Però osservo che il congresso avviene con regole assurde e in un clima di totale mancanza di par condicio. C’è una campagna martellante a favore di Renzi ai limiti del ridicolo».
Anche De Benedetti si è schierato con il sindaco. Un altro segnale, non trova?
«Quella scelta è del tutto coerente con la linea del suo giornale. C’è uno schieramento del potere economico e dei mass media a favore di Renzi che è impressionante. Basta sfogliare i giornali, guardare le tv. Ma vedo, con ammirazione, che c’è una parte notevole di iscritti al Pd che reagisce e resiste».
Però, ci sarà un motivo se l’establishment preferisce Renzi. Non sarà che è più convincente?
«Convergono su Renzi diverse valutazioni. C’è chi ritiene che sia la persona giusta per liquidare ciò che resta della sinistra italiana, che certi poteri hanno sempre guardato con avversione. E poi c’è chi ritiene che Renzi vada bene perché ci fa vincere. Ma ci fa vincere che cosa? C’è un equivoco di fondo: non stiamo andando alle elezioni, non scegliamo il candidato premier».
Ma insomma non c’è una cosa che le vada bene del sindaco di Firenze?
«Ma no, lui è una risorsa per il Pd. Ha una straordinaria capacità di comunicazione. Però sui contenuti vedo ancora risposte elusive. Se uno ti domanda perché sei andato ad Arcore da Berlusconi non puoi rispondere che se il presidente del consiglio chiama il sindaco di Firenze va. Perchè il sindaco di Firenze, quando il presidente del consiglio chiama, va a Palazzo Chigi. Renzi sarà pur bravo a battere sulla tastiera del computer con dieci dita, come fanno notare tutti i giornali, ma il fascino delle dieci dita ha cancellato ogni contenuto. Stiamo eleggendo un segretario, non un bravo dattilografo».
Eppure lui dice che vuole fare il segretario e il sindaco insieme proprio per i contenuti, per stare più vicino ai cittadini...
«Certo, ma il segretario del Pd deve stare tra i cittadini italiani e non solo tra quelli di Firenze. Non è esclusivamente un problema di tempi dei due impegni. C’è anche un delicato problema di conflitto di interessi: un segretario di partito deve superare gli interessi di una città, deve essere capace di fare scelte che incidano e parlino a tutti. C’è il rischio che Renzi si trovi costretto a venire meno ai suoi impegni, o con il Pd o con i cittadini di Firenze».
Qualcuno obietta che anche tra i ruoli di parlamentare e segretario c’è un conflitto. Non è così?
«Questo è il segno di un’inquietante ignoranza costituzionale. Il parlamentare, come dice la Carta, rappresenta la nazione. Mentre il sindaco di Firenze rappresenta solo i cittadini di Firenze».
La partita del congresso è già chiusa o no? Renzi vince di sicuro?
«Non lo credo. Anzi, si è dimostrata una grande vitalità nell’andare contro corrente. C’è una parte significativa del Pd - e in essa tanti giovani - che sostiene Cuperlo con passione e che non si è piegata a questa campagna mediatica. E comunque, se Renzi dovesse diventare segretario, si troverà a gestire un partito che in buona parte dovrà convincere. Non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia. Dovrà avere la saggezza di rappresentare un mondo più vasto e guadagnarsi il consenso di chi non è con lui e non solo dei suoi seguaci o di qualche editore. Per questo è importante che il risultato non sia plebiscitario. Altrimenti può esserci il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro. Sarebbe la cosa peggiore».
Vede addirittura il rischio di una scissione?
«Ma no, nessuna scissione. La gente se ne può andare a casa anche silenziosamente. E se questo accade, se ci sarà un’emorragia di iscritti, sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?».
Eppure con le tessere gonfiate il Pd non ha dato una bella immagine di sé...
«Non è che le tessere sono state gonfiate. È accaduto che si è adottata una regola sbagliata, quella di potersi iscrivere fino al momento del voto. Non succede in nessun partito al mondo. Perché da noi sì? Perchè, sotto la pressione esterna, sembrava volessimo compiere un atto di chiusura. Diciamo la verità, siamo sotto il bombardamento di chi ci impone comportamenti strampalati, è come se non bastasse mai e ci venisse chiesto un continuo striptease. Ma è proprio così che trionfa il partito dei notabili e degli eletti e si incentiva un tesseramento forzoso e strumentale.
Le cosiddette primarie aperte si offrono a deformazioni di questo tipo al quadrato, anzi al cubo. Per prevenire questi abusi dobbiamo evitare il meccanismo di primarie selvagge, che infatti negli Usa non ci sono. Lì vota solo chi si è iscritto all’elenco degli elettori democratici, ma preventivamente, non al momento del voto».
Cuperlo sostiene che la sinistra deve fare la sinistra e non essere il volto buono della destra. Non si sente chiamato in causa?
«Assolutamente no. Condivido la preoccupazione. Si è teorizzato che il Pd potesse essere un partito programmatico con un’identità debole. È una visione sbagliata, perchè l’identità per un partito moderno è un elemento fondamentale. La destra ha una forte identità, esprime una serie di valori. Ora, contrapporre a forze così marcatamente identitarie l’idea di una sinistra programmatica a mio parere non funziona. Il Pd ha bisogno di recuperare una propria forte identità. Prenda il caso di New York. In quella città Di Blasio ha vinto proprio perché ha presentato una forza progressista con valori chiari».
E quale è oggi il cuore dell’identità della sinistra?
«Il grande tema di oggi è la lotta contro la disuguaglianza. Mi è parso che Renzi sia invece affascinato da una sorta di tardo blairismo. Ma quella è una stagione conclusa e per la verità anche con risultati molto discutibili. Oggi la crisi profonda della dottrina neoliberale è del tutto evidente. Non mi pare che il tema nostro sia introdurre elementi liberali nella cultura della sinistra. Persino Clinton dice, in modo autocritico, che è stato un errore demonizzare il ruolo dello Stato».
Lei parla di un’identità chiara della sinistra, ma poi sul tema dei rapporti tra Pd e Pse è scoppiato il putiferio. Non è surreale?
«Certo, ritengo che quel rapporto sia obbligato. E questo non significa snaturare il Pd, che ha una sua peculiarità nello scenario europeo e non può diventare un partito socialdemocratico. Spero che si possa arrivare a una definizione del Pse come partito dei socialisti e dei democratici e che ci sia un riconoscimento dell’apporto specifico del Pd. Ma non possiamo dimenticare che siamo in un’Europa bipolare e il Pse, in vista delle elezioni europee, esprimerà una candidatura, quella di Martin Schulz, per la guida della Commissione. Noi che facciamo, sosteniamo la candidatura dei conservatori? Il Pd deve compiere una scelta di campo di natura politica».
Prodi ha detto che non voterà alle primarie. Come giudica la sua scelta?
«La valuto negativamente. Non riesco a capire: diversi di noi hanno posizioni critiche o ragioni di amarezza personale, ma non credo che questo giustifichi il fatto di non andare a votare per il proprio partito.
Con Renzi segretario il governo Letta sarà davvero a rischio?
«Spero di no. Auspico che non si creino tensioni, non si può dare man forte a Berlusconi per far cadere il governo. Ma sono anche convinto che il Pd debba far sentire in modo più significativo la sua voce sulle scelte di governo. La voce del centrodestra si è sentita, spesso e anche in modo fastidioso».
E su quali temi il Pd deve alzare la voce?
«C’è poco da fare, noi abbiamo pagato un prezzo alto alle promesse elettorali del centrodestra. Abbiamo ridotto la tassazione sul patrimonio e poi invece siamo intervenuti sul cuneo fiscale mettendo in campo risorse ridotte. Si trattava di una scelta che poteva sostenere il lavoro e le imprese. Questo ha scatenato la protesta delle forze sociali sulla legge di Stabilità. Non è una posizione semplice per il Pd. Ecco, piuttosto che polemizzare con i sindacati avrei valorizzato questo aspetto: un’alleanza delle forze produttive che spinge in una certa direzione per promuovere la crescita.
Sulla legge elettorale sta emergendo l’ipotesi di un ritorno al Mattarellum. Dopo la bocciatura del doppio turno, la sostiene Cuperlo e anche Renzi pare disponibile. Pensa sia la strada giusta?
«Non sono un fan della legge Mattarella, tuttavia non possiamo negare che questa legge ha promosso il bipolarismo in Italia. D’altro canto, dal lungo dibattito alla ricerca di una soluzione alternativa per ora non è emerso nulla di concreto. Allora, questa proposta ha almeno il vantaggio di evitare il rischio di fronte al quale ci troviamo: il puro e semplice ritorno al proporzionale, che sarebbe un passo indietro inaccettabile».
Alle prossime primarie per il candidato premier sarà sfida tra Letta e Renzi?
«Siamo specialisti per le discussioni campate in aria. Non sappiamo in quale contesto si svolgeranno quelle primarie. Nel frattempo potremmo scoprire, in qualche circolo o in qualche amministrazione locale, che Superman è un militante del Pd. Potremo escluderlo dalle primarie? Quando sarà il momento credo che i competitori interni ed esterni al Pd saranno più di uno, come è sempre accaduto.