Piero Melati, il venerdì 15/11/2013, 15 novembre 2013
QUANDO PREZZOLINI RACCONTO DA CRONISTA IL GRANDE LINCIAGGIO
I professionisti dell’antimafia nacquero a New Orleans nel 1891. Non fu un bell’atto di nascita. Sorsero dal nulla, all’ombra del cappio e del linciaggio, come gli zombie del famoso St. Louis Cemetery, il cimitero in odore di vudù del quartiere francese della città . Il 14 marzo nove siciliani vennero trucidati dalla folla. L’episodio passerà alla storia come la più grave esecuzione sommaria degli Stati Uniti.
I picciotti erano stati appena assolti dall’accusa di aver ucciso il capo della polizia, David Hennessy. Era la madre di tutte le sentenze favorevoli a Cosa Nostra, tante, almeno fino all’avvento (quasi un secolo dopo, in Sicilia) del giudice Giovanni Falcone. E l’impunità scatenò l’ira dei bravi cittadini americani.
Oggi quei fatti sono morti e sepolti. Ma allora sollevarono un vespaio. Le relazioni diplomatiche tra Italia e Usa vennero interrotte. La parola «mafia», comparsa per la prima volta in un giornale di Londra nel 1875, si diffuse da New Orleans al resto del mondo, con la velocità con cui stava invandendo l’Europa la musica del piano stomp del Professor Longhair e la tromba di Buddy Bolden, gli eroi musicali di Storyville, il quartiere a luci rosse della più grande città della Louisiana.
Nel 1958 il massacro di immigrati siciliani trovò un cronista d’eccezione: Giuseppe Prezzolini, il giornalista e scrittore vissuto cento anni (Perugia 1882, Lugano 1982). Residente a New York dagli anni Trenta, in qualità di docente della Columbia University, Prezzolini era interessato alle storie dell’immigrazione italiana in America. Così decise di recarsi a New Orleans, per ricostruire la storiaccia. L’uomo che aveva già fondato il giornale La Voce, aperto un dibattito nel ’22 (in piena Marcia su Roma) coinvolgendo Sturzo e Gobetti, che si era opposto (da destra) al fascismo, scoprì subito che la «ribellione» di New Orleans era stata abilmente pilotata. Roba da professionisti, appunto.
Prezzolini indagò sulla figura del capo della polizia assassinato. Il padre era stato ucciso in una lite in taverna. Il cugino poliziotto era stato freddato a Houston. Lui si era messo in mezzo a due fazioni in guerra per il controllo del mercato della frutta. Lo scopo? Lucrarci sopra. Il poliziotto faceva parte di un club, la Lanterna Rossa, attivo nella gestione delle case di appuntamento. Un certo Macheca l’aveva avvertito di non pestare i piedi ai bravi ragazzi, altrimenti «l’avrebbero fatto finire dentro una scatola». Uno storico scrisse di lui: «Oggi lo chiameremmo un gangster, se non si fosse messo dalla parte della legge».
Ma «fu la prima vittima americana della mafia» scrive Prezzolini. E la città invocava una condanna esemplare. Per l’omicidio vennero arrestati e processati i membri del clan Matranga. La cosca, corrompendo i giurati, strappò l’assoluzione. Apriti cielo. Lo sceriffo pubblicò un proclama, il sindaco convocò la piazza. I processati erano ancora in cella. Venne aperto il portone del carcere. La folla era guidata da un gruppo armato.
Alcuni vennero fucilati tra le sbarre, altri trascinati fuori e impiccati ad alberi e lampioni. Un governatore venne eletto rivendicando il massacro. Dove i buoni, quali i cattivi? «Sto col Manzoni» scrisse Prezzolini «il coltello per separare esattamente il giusto e l’ingiusto non è ancora stato trovato».