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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

NATALE IN CASA LIGRESTI

A volte la memoria gioca dei brutti scherzi. Prendete Bruno Tabacci, ex Dc, ex Udc, poi candidato alle primarie del centrosinistra. Se gli si chiede della sua trentennale frequentazione con Salvatore Ligresti, il deputato cattolico prova a minimizzare. Parla di «sporadici incontri» e comunque «mai in vacanza». E lui, Tabacci, che vive in un appartamento di Ligresti del centro di Milano («Ma pago l’affitto e tra poco trasloco»), si adombra se qualcuno accenna ai suoi soggiorni in Sardegna, al Tanka village, il resort di lusso gestito dal costruttore siciliano. «Ci sono andato a mie spese e mi facevo i fatti miei». E allora mette quasi tristezza pensare a Tabacci solo soletto in un angolo mentre decine di gaudenti commensali di don Salvatore pasteggiano ad aragoste («A quintali», commentano due manager intercettati nell’inchiesta giudiziaria sui buchi di bilancio Fonsai).
Cose che capitano. In effetti, come recita la pubblicità, un diamante è per sempre. Un amico dipende. Già, il Tanka, un posto che pare popolato di fantasmi, da qualche tempo in qua. «Mai stata lì», ha tagliato corto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per smentire chi sui giornali l’ha accostata alle vacanze a sbafo in Sardegna. Certo, ai bei tempi, chi fosse passato dalle parti del resort ligrestiano poteva incrociare, per dire, personaggi di rango come Beppe Pisanu (arrivo e partenza in elicottero), il politico di lungo corso da ultimo al’Interno nei governi Berlusconi dal 2002 al 2006. L’area vip del villaggio vacanze a volte era transennata che manco la zona rossa del G8. Giusto, giustissimo, sennò qualche turista avrebbe potuto sorprendersi, o farsi delle domande, se avesse incontrato tra gli ospiti del pregiudicato Ligresti, anche i vertici della Polizia di Stato, oppure il prefetto di Milano (fino al 2012) Gian Valerio Lombardi, diventato celebre, suo malgrado, per aver ricevuto a tempo di record la ballerina dominicana Maria Esther Garcia Polanco che lo aveva contattato su un numero passatole da Silvio Berlusconi in persona. Lombardi era di casa dai Ligresti.
Del resto tutta la famiglia siciliana, così come alcuni top manager del gruppo, all’occorrenza potevano viaggiare su berline dotate di lampeggiante, un privilegio che viene concesso solo su disposizione della prefettura. Anche Lombardi, al pari di Pisanu e Tabacci, ha un figlio a lungo a libro paga delle aziende dell’ex padrone di Fonsai («Parcelle per legittime prestazioni professionali come avvocato»). E pure l’ex prefetto, prontamente riciclato dal governatore lombardo Roberto Maroni come commissario straordinario dell’Aler (case popolari), frequentava il Tanka. Lombardi sì, Cancellieri no. La signora di ferro, a suo tempo arruolata dal governo Monti come ministro dell’Interno, nei giorni scorsi ha descritto i suoi rapporti con don Salvatore come una sorta di conseguenza inevitabile della lunga amicizia con Antonino Ligresti, fratello minore del costruttore. Va detto che in famiglia non è che regnasse l’armonia. Salvatore e Antonino ormai da molti anni avevano ridotto i loro rapporti al minimo indispensabile. Cioè quasi niente. Cancellieri invece parlava con entrambi. E anche lei, come molti altri amici di famiglia, intimi e meno intimi, veniva invitata ai weekend in cascina, il buen retiro ligrestiano nella campagna a sud di Milano.
Il patron di Fonsai, nonché azionista di Mediobanca, Pirelli, Rcs-Corriere della Sera, amava radunare parenti, famigli, manager, soci e sodali nella sua casa di campagna. Niente di particolarmente mondano. Il pranzo, le chiacchiere del pomeriggio. E le signore che giocano a carte insieme alla padrona di casa Gabriella Fragni, la compagna di Ligresti intercettata al telefono dagli investigatori mentre riceve solidarietà dal ministro Cancellieri subito dopo gli arresti che hanno colpito la famiglia il 17 luglio scorso. Tra gli ospiti (quasi) fissi dell’ingegnere di Paternò, oltre ai figli Jonella, Giulia e Paolo, c’era l’ex ministro Ignazio La Russa con l’erede Geronimo, che nel corso degli anni ha incassato compensi e parcelle per milioni di euro dal gruppo Fonsai. Nessuna sorpresa: con i La Russa c’è una consuetudine almeno trentennale. Ma all’appuntamento della domenica, insieme a dirigenti e consulenti delle aziende ligrestiane come Fausto Rapisarda, Antonio Talarico, Stefano Carlino, capitava di veder comparire, oltre al prefetto Lombardi, anche altri amici e soci d’affari. Per esempio il finanziere Francesco Micheli oppure Manfredi Catella, il manager di origini siciliane a capo del fondo Hines, promotore di interventi immobiliari che hanno ridisegnato il centro di Milano tra Porta Nuova e Porta Garibaldi. Ligresti, classe 1932, a settant’anni suonati si entusiasmava come un ragazzino davanti ai cantieri e amava presentare il giovane e rampante Catella come un erede, un figlioccio.
Altri tempi quelli. Adesso è diventata un’impresa trovare qualcuno che descriva i suoi rapporti con il re del mattone in termini diversi da una distaccata frequentazione di stampo professionale. In quelle domeniche alla cascina, il padrone di casa si calava nella parte dell’anziano pater familias soddisfatto di veder radunati intorno a un tavolo amici e parenti. Lo sfoggio di potere e ricchezza era riservato ad altre occasioni. Nel mondo degli affari milanesi molti ricordano le feste di Natale organizzate da Fonsai. Decine di ospiti: manager, banchieri, imprenditori, avvocati e consulenti di fama, generali dei carabinieri e della Guardia di Finanza. Una fetta importante della Milano che conta era ben felice di rispondere all’invito del finanziere che presidiava alcuni degli snodi chiave del capitalismo nostrano. I vip, o presunti tali, si davano appuntamento pochi giorni prima di Natale in uno degli hotel milanesi della catena Atahotels, controllata da Fonsai. Nella lista dei partecipanti nomi come Marco Tronchetti Provera, gli immancabili La Russa, il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, il professore bocconiano Maurizio Dallocchio, Carlo Ciani e Mario D’Urso, a lungo consiglieri di fiducia nelle holding del costruttore. Almeno in un’occasione, nel Natale del 2007, ha partecipato alla festa anche Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. E cioè l’istituto di credito che ha storicamente finanziato, tutelato e a volte pilotato l’ascesa di Ligresti, salvandolo almeno un paio di volte dal crac. Si racconta che Enrico Cuccia, uno che alle feste proprio non ci andava, avesse un debito di riconoscenza verso l’ingegnere di Paternò che ai tempi della prima repubblica ne aveva preso le difese nei confronti di Bettino Craxi, deciso a smontare il sistema Mediobanca. Anni più tardi, l’istituto di Cuccia aiutò Ligresti a scalare Fondiaria. Deriva da lì buona parte dei crediti (oltre un miliardo) che Nagel ha dovuto gestire.
Intanto il padrone di Fonsai si era trovato anche altri referenti, nella finanza come nella politica. Ai tempi di Capitalia era strettissimo il rapporto con il banchiere Cesare Geronzi. Per non parlare dell’amicizia con Silvio Berlusconi. Su richiesta del Cavaliere, quando già le casse del gruppo sono a secco, cinque anni fa Ligresti investe, perdendoli, decine di milioni nel tentativo di salvataggio di Alitalia. E si racconta che tra il 2007 e il 2008 Alessandro Profumo di Unicredit, alla ricerca di una sponda politica nel governo, chiese la mediazione del patron di Fonsai presso l’allora premier Berlusconi. In quegli anni il banchiere non fece mancare il sostegno di Unicredit alle pericolanti holding di famiglia del costruttore. Lo stop arriva a settembre 2010 quando Profumo viene defenestrato. Nella riunione decisiva del consiglio di amministrazione Ligresti uscì dalla sala per non votare. Lui gli amici non li dimentica.