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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

INTERVISTA A MARINE LE PEN

L’Italia è un punto interrogativo. E io sto aspettando di vedere come saranno redistribuite le carte». Già, il nostro Paese, politicamente parlando, è un enigma anche per Marine Le Pen, 46 anni, leader del Front National. Che sarebbe poi il partito di estrema destra, ma lei, proseguendo nell’opera di ripulitura e modernizzazione per togliersi la pesante etichetta ereditata dal padre e guadagnare consensi (i sondaggi le accreditano il 24 per cento, primo partito di Francia), si sta riposizionando: «Non siamo né di destra né di sinistra». È comunque a destra che guarda in Italia, come vedremo, per cercare alleati in vista di un progetto che mira a creare un gruppo euroscettico all’intero del Parlamento europeo dopo le elezioni di maggio. Di tutto ciò parla con "l’Espresso", in questa intervista concessa nel suo ufficio di Nanterre, appena fuori Parigi: una stanza accogliente ma senza manie di grandezza. Dove vengono però ammesse concessioni alla civetteria umana e femminile: alle spalle della scrivania molti libri e, ben in evidenza, una biografia a lei consacrata, uscita nell’aprile 2012, in russo. E un cappello da marinaio con su scritto il suo nome e cognome. Preparata, dura, determinata ma sempre sorridente, dà risposte dirette ed essenziali come il look elegante quanto basta: tailleur pantalone nero e trucco minimo.
Marine Le Pen, perché l’Italia è un punto interrogativo per lei?
«Vista dall’estero non è facile capire la vostra situazione. Che è poco chiara».
È sembrato a un certo punto che lei corteggiasse il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
«Mi era stato chiesto: "Se il signor Grillo volesse incontrarla, lei accetterebbe?". Io accetto di incontrare chiunque. Tutto qui».
Glielo hanno chiesto perché si possono vedere punti in comune tra i vostri programmi.
«Ci accomuna il fatto positivo che entrambi ci opponiamo all’euro. E non entro nel merito della politica locale, ma la mia impressione è che Beppe Grillo abbia difficoltà a proporre un’offerta globale coerente per quello che riguarda la politica europea. Che non abbia un progetto insomma. E che le sue siano idee lanciate così. Eleggerà dei deputati europei e allora forse mostrerà se esiste un discorso strutturato in questo ambito».
Ma al di là dell’Europa come considera Grillo?
Detesto il settarismo, i pregiudizi e i processi alle intenzioni. Il signor Grillo tende a utilizzare questi metodi nei confronti degli altri».
E cosa pensa delle traversie della Lega Nord, storico vostro partner?
«La Lega deve eleggere il nuovo segretario. Seguiremo da vicino come evolve la situazione e che posizioni prenderanno sull’Europa. E poi c’è il futuro del partito di Berlisconi...».
Dal quale cosa si aspetta?
«Berlusconi è stato un difensore accanito dell’Unione europea e dell’euro. Quando sono venuta in Italia per partecipare a un dibattito con Daniela Santanché, non c’era un solo movimento che fosse contrario all’euro in Italia. Due anni dopo molto è cambiato e ci sono molti euroscettici. Come si distribuiranno? In quali movimenti politici si identificheranno? Il partito di Berlusconi resisterà? Chi lo dirigerà? Troppe domande. Ecco perché siamo in posizione di attesa nei confronti dell’Italia».
L’Italia è tuttavia solo un tassello. Qual è la sua strategia per "conquistare l’Europa" assieme a Geert Wilders, il leader dell’estrema destra olandese, con cui vi siete già confrontati?
«Parlare, riunirsi e trovare un accordo per una piattaforma sulle grandi idee fondamentali con chi ci sta. Con un certo numero di partiti condividiamo principi e critiche sul funzionamento dell’Europa e la necessità di cambiare certi trattati. Su questa base si può costituire un gruppo parlamentare».
Chi sono i possibili alleati?
«L’Fpo austriaco (gli eredi di Haider, ndr.), i democratici svedesi, Wilders. Potrebbe esserlo anche l’Ukip, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, di Nigel Farage se non avesse così paura della "diabolisation" con cui qualcuno ancora ci dipinge. L’Ukip ha un comportamento un po’ puerile perché è una formazione giovane e subisce la pressione del sistema».
Con chi invece esclude rapporti?
«Con Alba Dorata greca, ad esempio. Condanno i loro metodi, non abbiamo la stessa visione. E anche con l’ungherese Jobbik».
Che risultati si aspetta alle europee?
«Mi aspetto molto, un vero choc politico, una presa di coscienza su cosa è diventata la Ue. Mi aspetto che i movimenti patriottici come il nostro ottengano eccellenti risultati per riorientare in modo radicale la politica economica e sociale. Se arriviamo con numeri massicci al Parlamento europeo cambieremo questa specie di "consenso molle" .Tutti criticano l’Europa, ora, dimenticando che questa Europa è il loro bebé: lo hanno messo al mondo, lo hanno cresciuto, educato e ora più nessuno ne è responsabile. Credo che il futuro passerà per il ritorno alle nazioni».
Lei ha detto: «La Ue crollerebbe come l’Unione Sovietica se dentro il Parlamento ci fosse un forte numero di euroscettici».
«Questa grande macchina è difficilmente migliorabile visto che è tenuta da un filo, l’euro. È solo per salvare la moneta che si forza un’unione politica che nessuno vuole. Visto che l’euro è destinato a sparire, spero solo che sia smantellato in modo intelligente, senza farlo esplodere con tutti i rischi economici che comporterebbe. A quel punto partiremo con basi nuove e costruiremo un’Europa libera di nazioni sovrane, di cooperazione. L’Europa di Airbus o di Ariane, i soli progetti che hanno funzionato. E dell’Erasmus. Il resto è da ricostruire».
Tra gli elettori del Front National ci sono molte donne. Perché c’è una donna a capo del partito?
«No, il Fronte Nazionale si sta strutturando come un partito di governo e c’è in atto un riequilibrio tra le categorie socio-professionali che lo sostengono. Stanno scomparendo anche le differenze di consenso tra le varie generazioni e quelle territoriali. Sul settimanale "Valeurs Actuelles", per esempio, è stato pubblicato un sondaggio dove emerge che il voto della Bretagna, da sempre dura nei nostri confronti, è in procinto di adeguarsi alla media nazionale»
Fra quali categorie avete più elettori?
«Siamo il primo partito tra gli operai, ma non è una novità. Poi i giovani e le persone attive. Siamo talmente in alto che arriviamo primi o secondi in molte categorie. Abbiamo ancora un leggero deficit tra coloro che hanno fatto "studi alti"e tra le persone anziane ma lo stiamo riducendo in modo spettacolare al punto che il ministro della Terza Età (Michèle Delaunay ndr.) ha scritto una nota all’Eliseo: "Attenzione le persone anziane stanno scegliendo il Front National"».
Secondo i sondaggi, il suo partito è il primo in Francia. Come è riuscita a convincere i francesi che non siete "pericolosi"?
«Innanzitutto perché i francesi hanno una capacità di giudizio. Hanno visto che su molti temi il Fn aveva fatto una buona diagnosi. Si sono anche resi conto che siamo diversi dagli altri movimenti politici, sempre intenti ad accapigliarsi e dove si combattono battaglie per l’ego e per le poltrone. Mentre noi continuiamo a batterci per difendere i dimenticati e parlare delle vere preoccupazioni dei francesi».
La svolta è stata il suo progetto di "dédiabolisation", cioè l’operazione per rendere appetibile ai moderati, non più "diabolico" appunto, il partito?
«La "diabolisation" è stata una grande ingiustizia fatta al Fn. Gli si dava un’immagine "criminale" con lo scopo di tenere lontani gli elettori. Ma ora non funziona più, perché, ancora una volta, i francesi giudicano i risultati. In un tempo molto ridotto hanno avuto Nicolas Sarkozy e subito dopo François Hollande con gli stessi penosi risultati. Questa prossimità tra destra e sinistra ha fatto prendere coscienza che il vero progetto alternativo ai partiti del sistema europeista è il partito patriottico cioè noi».
Il caso Leonarda, la studentessa rom kosovara espulsa dal Paese, ha riportato all’attenzione un tema a voi caro che è quello della lotta all’immigrazione. E ha diviso i francesi.
«Non direi diviso. I più erano per Leonarda e la sua famiglia fuori dalla Francia. Credo abbia soprattutto mostrato il solco che esiste tra il governo e l’immensa maggioranza dei francesi e ha permesso di mettere in luce la deriva di un sistema che ha permesso a questa famiglia, che non ha rispettato nessuna regola, di vivere da cinque anni sulle spalle dei cittadini francesi. Una famiglia che ha esaurito otto ricorsi e che è costata 600 mila euro ai cittadini! In questa storia ci sono tutti i simboli: l’inganno, l’indecisione assoluta della direzione politica del Paese, l’indecenza della presa in carico dei clandestini senza pretendere in cambio un comportamento adeguato. Quando la Francia soffre e la disoccupazione aumenta».
Il ministro dell’Interno Manuel Valls, socialista, ha sposato la linea dura.
«Il software è stato aggiornato ma c’è lo stesso baco. Fa come Sarkozy. Parla, parla, mostra i suoi muscoli ma la realtà è che ci sono sempre più immigrazione e segnali inviati al mondo intero che la Francia resta il Paese più attraente e più accogliente».
Ma la Francia per tradizione, anche culturale, è un Paese accogliente.
«Quale tradizione? Non è in nome della tradizione che possiamo accogliere tutte le miserie del mondo. Oggi il concetto di diritto d’asilo è stato tradito e le richieste su questo presupposto sono aumentate del 75 percento. Per definizione il diritto d’asilo lo si chiede quando si è perseguitati dal proprio governo. Non dovremmo neanche prendere in considerazione le direttive europee. È bello essere generosi ma quando se ne hanno i mezzi. Quando si hanno cinque milioni di disoccupati e nove milioni di poveri, la priorità è rispondere alle urgenze del proprio popolo».
Due anni fa lei è stata a Lampedusa. Alla luce dell’ultima grande tragedia avvenuta in mare, quali sono le sue considerazioni?
«Che avevo ragione. Quando ci sono andata dissi che chi lancia il segnale che bisogna tentare la sorte per arrivare in Europa, porterà la responsabilità morale dei futuri drammi. Bisogna fare il contrario: non dare speranze ai clandestini e farli tornare nei Paesi d’origine in sicurezza. Oggi assistiamo alla conseguenza di questo incredibile lassismo».
Il ministro della Giustizia Christiane Taubira, nera, ha denunciato di essere da tempo vittima di insulti razzisti. La Francia è razzista?
«La Francia è il Paese meno razzista del mondo. Che ci sia una persona colpevole di insulti razzisti, questo può succedere ovunque e deve essere subito punito, cosa che è del resto stata fatta. Ma succede a tutti i partiti. Quando si è responsabili politici si è soggetti a insulti, però non stiamo a fare le vittime, siamo qui per lavorare. E domandiamo alla signora Taubira di occuparsi della giustizia che in Francia è un enorme problema, invece di strumentalizzare un fatto di cronaca».
Si consulta sempre con suo padre Jean-Marie?
«Ha diretto per 40 anni il Fn Parliamo spesso anche se non sempre siamo d’accordo ma perché privarsi del parere di qualcuno che conosce così bene la casa?».
Può raccontare l’aneddoto che meglio rappresenta suo padre?
«Quando era un giovane deputato lasciò il suo posto tranquillo all’Assemblea Nazionale per arruolarsi in Algeria e battersi per il suo Paese. Ecco, credo che questo episodio lo riassuma».
Una parola per definirlo.
«Perseverante».
Una per definire lei.
«Coraggiosa».
Quali sono le sue passioni?
«Amo leggere, la Bretagna, il mare, praticare lo sci nautico, andare in barca, stare con la famiglia che vedo poco e i miei gatti. Ne ho quattro: Zeus, Artemis, Gavroche e Jusan».
Che rapporto ha con le sue due sorelle Marie-Caroline e Yann?
«Mi sono sentita sempre più vicina a Yann che a Marie-Caroline che ha nove anni più di me. Yann ha quattro anni di meno: andiamo in vacanza insieme, lavoriamo insieme. È con me da 25 anni. Si occupa delle grandi manifestazioni del Front National».