Francesca Paci, La Stampa 14/11/2013, 14 novembre 2013
IMMIGRATI, UNA RICCHEZZA CHE VALE 1,4 MILIARDI
Contrordine compagni, gli immigrati non rappresentano una perdita per il nostro paese ma un guadagno netto. Almeno secondo l’ultimo rapporto del Centro studi IDOS per l’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio che, incrociando le entrate e le uscite del 2011, attribuisce alle casse statali un attivo di 1,4 miliardi di euro.
In primavera la notizia che tra il 2005 e il 2012 l’Italia aveva sborsato 1,3 miliardi per il contrasto dei clandestini (più 280 milioni di Bruxelles) aveva sollevato un vespaio cavalcato dalla Lega. I nuovi dati rivelano invece che solo due anni fa, tra contributi previdenziali e tasse, gli stranieri regolari hanno versato 13,3 miliardi, più dei 11,9 miliardi spesi nello stesso periodo per loro (uno dei quali per i vari Centri di espulsione, primo soccorso e accoglienza ai rifugiati).
Il rapporto disegna un identikit dei «nuovi cittadini», come li definisce il ministro dell’integrazione Kyenge, che nel 2012 erano già oltre 5 milioni, molti dei quali «soggiornanti di lungo periodo», ossia con permesso a tempo indeterminato. Più della metà proviene dall’Europa (50,3%, con una forte componente rumena), sceglie di vivere di preferenza al nord (61,8%, con le province di Milano e Roma che sole accolgono un sesto dei residenti), molti sono giovanissimi. Il calcolo comprende anche un milione e 150 mila minori (900 mila non comunitari) tra ricongiungimenti famigliari e nati in Italia (27 mila figli di coppie miste).
Sebbene parzialmente scoraggiati dalla crisi, gli immigrati vengono per lavorare. Fanno gli imprenditori, come dimostra il circa mezzo milione di imprese straniere registrate (il 7,8% del totale) che producono un valore aggiunto di 7 miliardi di euro. Sono impiegati nelle cooperative, dove rappresentano il 22% dei 550mila addetti complessivi, ma soprattutto nei campi (il 20% di tutta la manodopera). La Confederazione agricoltori stima che nell’ultimo anno, in barba alla disoccupazione, sono stati creati 7 mila nuovi posti (320 mila in totale di cui oltre 128 mila extracomunitari).
L’integrazione è un percorso che si alimenta della stabilità, a partire da quella lavorativa, ma non procede in modo lineare. Così, pur contribuendo alla vita economica italiana, gli stranieri restano discriminati nella ricerca dell’abitazione (gli acquisti sono passati dai 135 mila del 2007 ai 45 mila del 2012 a causa della difficoltà di ottenere mutui e gli affitti gravano in media del 40% sullo stipendio), a scuola (oltre l’80% è concentrato negli istituti tecnici), nella sanità (solo 6 regioni hanno ratificato l’accordo che supera le diseguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari), nell’impiego (il 42,1% è sotto inquadrato).
Il risultato è che c’è anche chi se ne va, un controesodo spinto dalla crisi e dalla disoccupazione cresciuta negli ultimi anni soprattutto tra i giovani italiani che nel 2012 ha visto 180 mila permessi di soggiorno scaduti e non rinnovati. Farebbe male chi, per protezionismo sociale, se ne rallegrasse, giacché, secondo uno studio della Fondazione Moressa, i 32 mila immigrati tornati a casa loro nel 2011 hanno privato le casse statali di 86 milioni di euro.
Costi o benefici, le migrazioni sono fisiologiche, ci sono 232 milioni di persone in movimento nel mondo di cui 57 milioni negli ultimi 13 anni. La stessa Italia coi suoi 5 milioni di nuovi cittadini ha 4,3 milioni di espatriati per ragioni lavorative.