Matteo Persivale, Corriere della Sera 14/11/2013, 14 novembre 2013
FAVRE , IL QUARTERBACK SENZA MEMORIA
All’inizio, non ricordava più dove avesse messo gli occhiali, e li cercava per la casa come capita a tutti una volta ogni tanto, per poi accorgersi di averli addosso, appoggiati sulla fronte. Adesso non ricorda più che sua figlia gioca a calcio nella squadra della scuola. Eppure l’ha accompagnata alle partite, ne ha parlato spesso con lei. Adesso, per la prima volta nella sua vita, il giocatore più coraggioso della storia del football americano ha paura. Ha appena compiuto 44 anni, e i vuoti di memoria diventano sempre più frequenti. Tanto da averlo convinto a rifiutare una richiesta ghiotta: tornare a giocare ad interim, per sostituire un collega infortunato.
Brett Favre sta perdendo la memoria e è difficile non collegare la sua situazione al suo record di placcaggi subiti: lui era il quarterback, il regista, che correva e prendeva botte come un gregario, ricevendo il record di 525 sack (placcaggi prima di passare, dietro la linea di scrimmage) nella storia del football professionistico americano.
Favre era il campione che curava le commozioni cerebrali (ne ha subite a decine in carriera, nessuno sa quante, e se anche lo sapesse adesso probabilmente non lo ricorderebbe più) con una borsa del ghiaccio premuta sulla testa e una battuta ironica, ma ora anche lui chiede alla Nfl di aumentare la protezione per i giocatori offensivi, bersaglio di placcaggi sempre più duri da parte di giocatori sempre più grossi, pesanti, e veloci (una combinazione unica, per fortuna, nello sport professionistico).
Il caso di Favre arriva dopo che la Pbs ha trasmesso un documentario spaventoso che racconta nei dettagli l’epidemia di encefalopatia cronica traumatica che affligge gli ex giocatori della Nfl, riducendo il cervello di uomini di 50 anni «in tutto e per tutto simile a quello di un 85enne, visto con la Tac», come spiega un medico. Quarantenni con vuoti di memoria, cinquantenni affetti da demenza senile: un quadro clinico spaventoso che ha fatto sì che, con tutta la discrezione possibile, la Nfl a agosto si accordasse con 18 mila ex giocatori che hanno subito in carriera commozioni cerebrali e versasse a un fondo per le loro cure mediche un risarcimento di 765 milioni di dollari, 570 milioni di euro. Ora le regole sono diverse, i 575 placcaggi subiti da Favre non passerebbero più con una borsa del ghiaccio e il quarterback verrebbe fermato dai medici, come peraltro avrebbe sempre imposto il buon senso ignorato per troppi decenni. Ma se i campioni del passato sono scampati in maggioranza a questo destino è solo perché il gioco era più lento, i difensori meno pesanti e veloci (o meno dopati, a seconda dei punti di vista).
Quello che resta è un gioco ormai pericolosissimo, che rischia come il pugilato di finire ai margini del mondo dello sport (quanti sanno oggi il nome del campione del mondo dei pesi massimi rispetto a venti o trent’anni fa?) senza prendere provvedimenti coraggiosi. Anche perché grazie a Internet circola da settimane il video di un altro grande ex quarterback, Steve Young, uno degli immortali della Hall of Fame, che dice con semplicità, parlando delle commozioni cerebrali subite e della natura sempre più violenta del gioco: «Mi preoccupo per i miei fratelli».