L’Unità 14/11/2013, 14 novembre 2013
LA NOSTRA RICCHEZZA L’IMMIGRATO FA BENE AI CONTI
Oggi piccola imprenditrice, ieri bambina-soldato in fuga dalla guerra civile. Azeb Gebrewahid ne ha fatta di strada, in tutti i sensi. Da Adua a Bologna, passando per Karthoum e la Svizzera per approdare in Italia come richiedente asilo. Quando è sbarcata a Milano non aveva nulla, neanche una giacca per proteggersi dal freddo di dicembre, nessun appoggio. Ora ha una sua ditta di pulizie, tre dipendenti assunti e diversi stagisti. Italiani e stranieri.
Viene da pensare anche a lei, oggi che l’ampio dossier statistico sull’immigrazione 2013, a cura del Centro studi IDOS, certifica al di là di luoghi comuni e dibattiti pregiudiziali che gli immigrati sono una ricchezza per il Belpaese. Nel dettaglio: nel 2011, lo Stato italiano tra contributi e tasse ha incassato da cittadini stranieri 13,3 miliardi, a fronte di 11,9 miliardi di spese sostenute per loro. Il che da un saldo netto di 1,4 miliardi. Spese peraltro concentrate sulla gestione delle emergenze, tra Cie («non devono essere una pena per gli irregolari», ha commentato proprio ieri il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge) e centri di accoglienza.
DA BIMBA SOLDATO A IMPRENDITRICE
Un punto fermo importante, in tempi di crisi, che rende giustizia a tanti lavoratori arrivati da lontano che qui hanno deciso di mettere radici. Oltre 2,3 milioni, in aumento anche sul totale degli occupati (sono il 10%). In gran parte dipendenti, soprattutto nel terziario (62%), ma si contano anche circa 200 mila autonomi. Leggi artigiani, commercianti, piccoli imprenditori che magari da zero mettono su ditte in grado di creare altro lavoro. Come nel caso della signora Azeb, etiope di origine ma ormai cittadina italiana, da oltre vent’anni in questo paese che, dice, «sento come mio perché è in Italia che è iniziata la mia vita civile, e come se fosse rinata. Sono cresciuta in mezzo alla guerra, a 12 anni mi hanno arrestata perché i mie fratelli combattevano, sono diventata anch’io un soldato per 9 lunghi anni. La mia fortuna è di essere rimasta ferita, mi hanno operata in Sudan. E da lì ho deciso di fuggire». Una volta riconosciuta come rifugiata ha cominciato a fare lavoretti, poi cinque anni da operaia specializzata in una ditta di pulizie. Fino all’«idea pazza di mettermi in proprio. Ho usato tutti i miei risparmi, ho ottenuto un prestito, hanno creduto in me e questo e stato importante». Nel giro di pochi anni la sua Sas assume un ragazzo nigeriano, uno domenicano e uno italiano, «ora sto per prendere un signore del Laos, ci sono tutti i continenti» scherza. Poi c’e chi si ferma per un anno e mezzo, come una ragazza italiana dopo il diploma, ci sono persone svantaggiate inserite con stages, «anche questa e una soddisfazione». La sua e altre sono storie di «Quasi italiani», che il docente Romano Benini ha riunito in un volume (Donizelli) dopo averle raccolte sul territorio tramite la Cna, l’associazione degli artigiania che cura anche la parte sulle imprese straniere del dossier Immigrazione. Storie di chi ha una presenza sul territorio consolidata da anni ma il principio è sempre quello, «capire – detta Fosco Corradini, responsabile immigrazione Cna – che si deve parlare di immigrazione come opportunità e non come problema». A maggior ragione visto quanto illustrato dal dossier Unar sul rapporto costo/benefici per la collettività. «Questi lavoratori – continua – non rubano il posto agli italiani, anzi coprono fette di mercato che altrimenti resterebbero scoperte». In agricoltura come nelle pulizie. «La crisi non ha colore, colpisce tutti, ne possiamo uscire solo uniti» commenta Kyenge.
NUOVI NATI E DISCRIMINAZIONI
Ed ecco alcune delle cifre più significative del rapporto. La popolazione straniera cresce ancora, nonostante il calo dei flussi di entrata dovuto alla crisi. I residenti stranieri arrivano nel 2012 a 4,3 milioni, pari al 7,4% della popolazione complessiva, 3,7 milioni sono i non comunitari: in tutto 5,2 milioni se si contano anche ricongiungimenti familiari e nuovi nati. Che sono quasi 80 mila (sempre nel 2012), ovvero il 14,9% di tutte le nascite, a cui si aggiungono i 26.700 figli di coppie miste. E a proposito di matrimoni tra cittadini italiani e stranieri, nel 2011 hanno toccato quota 18 mila, 1’8,8% sul totale degli sposalizi. Gli studenti stranieri iscritti allo scorso anno scolastico sono invece 800 mila, 1’8,8% del totale che sale al 9,8% nella scuole dell’infanzia e nella primaria: il 47% di loro è nato in Italia (l’80% nelle materne). Tornando al mondo del lavoro, sono quasi mezzo milione (477.519) le imprese con un titolare o più soci stranieri, per un valore aggiunto stimato – si noti bene – in 7 miliardi. Una realtà con una crescita annuale del 5,4%, nonostante il maggior costo degli interessi sui prestiti.
Note dolenti si registrano ancora sul fronte della discriminazione, «molto forte nello sport e nell’accesso al lavoro» avverte Kyenge. E nell’accesso alla casa: gli affitti incidono per il 40% sui redditi degli immigrati (per meno del 30% su quelli degli italiani), si trovano con più difficoltà e sono più spesso in nero. A scuola poi pochi i corsi di alfabetizzazione, mentre il liceo rimane un miraggio: 1’80% degli alunni stranieri viene ‘orientato’ verso istituti tecnici e professionali.