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 2013  novembre 14 Giovedì calendario

ARAFAT: “I BIMBI PALESTINESI UMILIATI FIN DALLA NASCITA” IL COLLOQUIO CON BIAGI DEL 1° SETTEMBRE 1995 A CERNOBBIO, AVVENUTO A MEZZANOTTE IN UNA VILLA D’ESTE TRASFORMATA IN BUNKER


Signor presidente Arafat di cosa ha bisogno il popolo palestinese?
Il mio popolo ha bisogno della pace dei coraggiosi nella terra di Palestina. Ho chiesto alla società internazionale, all’Italia, di appoggiare la pace perché non rappresenta soltanto il nostro interesse, ma anche quello di Israele, del Medio Oriente, dell’Europa, dell’America, di tutti. Questa è la Terra Santa.
Qualche tempo fa sulla copertina di un settimanale francese c’era scritto: “Israele potrà sopravvivere?”. Nel frattempo è cambiato qualcosa?
No, se i leader israeliani continueranno a svolgere il ruolo di invasori, di occupanti, di dittatori. No, se non smetteranno di essere razzisti nei confronti del nostro popolo e della nazione araba. Se decideranno di rispettare gli accordi, allora sì che potrebbe cambiare qualcosa. Gli israeliani devono capire che non possono continuare a opporsi al corso della storia, non possono continuare a opporsi alle leggi internazionali, rifiutando di applicare tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite.
C’è simpatia nel mondo per la vostra protesta contro l’occupazione israeliana, ma la pace è difficile da ottenere intensificando la ribellione.
La gente non può vivere per sempre in schiavitù sotto l’occupazione militare israeliana. Vogliamo vivere liberi in un paese libero. Questa è la volontà del nostro popolo. L’opinione pubblica internazionale sta cominciando a percepire la realtà, ha visto gli abusi che gli israeliani compiono nei confronti del popolo palestinese. Per sua informazione, la ribellione continuerà sino alla fine dell’occupazione israeliana. Non chiediamo la luna, chiediamo soltanto che sia applicata la legge internazionale, il nostro diritto all’autodeterminazione, a fare ritorno nella nostra patria d’origine. Abbiamo il diritto che il nostro Stato sia riconosciuto e indipendente, come tutti i popoli in tutte le parti del mondo.
Qual è la più grande umiliazione che ha subito la sua gente?
Lei lo sa che metà del mio popolo è stato cacciato via dalla sua terra? Stiamo vivendo in grandissima carestia, ma nessuno ne parla. Lei conosce il numero di prigionieri palestinesi che sono entrati nelle carceri israeliane in tutti questi anni? Sa che cosa significa non avere una identità, essere sempre alla ricerca di un posto per la sepoltura dopo la morte e non trovarlo? Le racconto un fatto: il rappresentante del Kuwait all’Onu era un palestinese, si chiamava Fais Assaiev. Quando è morto, ho cercato per tre giorni interi dove poterlo seppellire: alla fine ho trovato in Libano una chiesa di Beirut, disposta a riceverlo nel suo cimitero.
La più grande umiliazione che ha subito lei come persona?
Non ha importanza l’umiliazione o la sofferenza personale, importante è ciò che viene fatto al mio popolo. L’umiliazione e la sofferenza più dura è quella che subiscono i bambini palestinesi dal momento in cui nascono.
Che cosa vi lega agli israeliani e cosa vi divide?
Ci lega il fatto che siamo tutti figli di Abramo. Ciò che ci divide è la loro occupazione della nostra terra e tutti i dolori che il nostro popolo ha dovuto subire a causa della occupazione.
Che cosa manca ancora per arrivare alla pace?
La cosa più importante è di seguire e applicare, in modo onesto, tutti gli accordi che abbiamo stipulato a Oslo e sottoscritto a Washington nel 1993, ad esempio: il ritiro delle forze israeliane da Gaza e dalla Cisgiordania, il riconoscimento da parte di Israele dell’Olp come legittimo rappresentante del popolo palestinese. Un esempio: le elezioni dovevano svolgersi nel luglio 1994, sono trascorsi ben quattordici mesi e non sono ancora state fatte perché gli israeliani non si sono ritirati dalle nostre città, secondo gli accordi presi.
Anche voi vi ostinate a non riconoscere il diritto di Israele a esistere.
Questa domanda non dovrebbe rivolgerla a me, ma a Israele, all’invasore, all’occupante, non a chi è vittima. È Israele che firma gli accordi e poi non li rispetta, che non riconosce lo Stato indipendente di Palestina. Noi ci auguriamo che si possa vivere insieme , in pace, nella Terra della Pace.
Gli israeliani l’accusano di non voler fermare il terrorismo.
Non è vero, faccio tutto quello che è possibile, ma fino a quando l’aggressione israeliana non finirà è difficile riuscire a controllare il cento per cento del popolo.
C’è una nuova grande immigrazione del popolo arabo verso l’Occidente. Che cosa porterà e cosa si aspetta di trovare?
Questa è una necessità, ma non è questo il problema. Metà del nostro popolo vive lontano dalla sua terra. Tutto il mio popolo, quello immigrato e quello cacciato, chiede di tornare nella nostra terra. Vengono da voi a cercare il pane, se lo trovassero nella loro terra non verrebbero in Italia e in Europa. L’immigrazione non riguarda solo gli arabi, è il problema del Nord e del Sud del mondo, è l’eterna divisione tra paesi poveri e paesi ricchi.
Noi queste cose le capiamo perché anche gli italiani sono andati per il mondo a cercare il pane. Non c’è nessun preconcetto nei confronti di chi lo fa oggi. Penso a queste persone che lasciano non solo la loro terra, ma affetti, un modo di vivere, devono imparare la lingua, adattarsi a una cultura diversa.
Io vedo questo problema in modo diverso. Il palestinese, che è andato a cercare il pane, lo ha fatto pensando di tornare nella propria terra, la pensano così anche quelli che negli anni si sono integrati. Il popolo palestinese ha la percentuale più alta di laureati di tutto il Medio Oriente. Il desiderio di chi è lontano è la pace tra noi e gli israeliani. La nostra è la Terra Santa, nessuno può allontanarsi definitivamente da essa.
Lei è diventato papà di una bella bambina, Zahwa. Sua figlia vivrà in modo diverso dalle donne arabe che hanno dovuto sopportare certe antiche regole, certe limitazioni?
Sarà più libera?
Noi abbiamo un grande rispetto della donna. Nel documento di indipendenza palestinese, firmato con una dichiarazione solenne, sta scritto: “La donna e l’uomo”. La donna è citata prima dell’uomo. La donna è il guardiano della nostra sopravvivenza, della nostra esistenza, la donna è colei che cura il nostro fuoco, cioè la nostra storia, la nostra civiltà. Per l’arabo il fuoco è un simbolo importantissimo, rappresenta la vita e le tradizioni che si tramandano dall’antichità. Trovarsi attorno al fuoco significa proteggere la casa e rispettare gli ospiti. Nella nostra civiltà la donna è rispettata.
Questo significa che la donna, oltre a custodire il fuoco, andrà a scuola, studierà come gli uomini? Si toglierà il velo, mostrerà la sua faccia?
Lei offende il popolo palestinese, dovrebbe venire in Palestina, lei ha una visione un po’, mi permetta, arretrata del mondo palestinese.
Non è mia intenzione offendere il popolo palestinese, ho semplicemente fatto una domanda . In Palestina ci sono stato e ci torno molto volentieri. Presidente Arafat, voi non siete tutto il mondo arabo. La domanda era riferita alla cultura araba, non solo a quella palestinese.
Io parlo del popolo palestinese, la sua domanda si riferiva a mia figlia Zahwa e io ho risposto della donna palestinese. Io ho adottato 28 bambini e bambine, che hanno perso i genitori e tutta la famiglia nei massacri nei campi profughi di Sabra e Shatila nel 1982 dove vennero uccisi alcune migliaia di palestinesi. Questi insieme a Zahwa sono i miei figli, non sono maschi e femmine sono semplicemente i miei figli. Alcuni di loro li ho fatti sposare di recente.
Li ha fatti sposare lei o volevano sposarsi loro?
Loro hanno scelto le mogli, poi me lo hanno comunicato e io come padre ho benedetto la loro unione. L’ultima si è sposata, per propria scelta, 18 giorni fa. Come marito ha scelto un mio ufficiale. È lei che ha voluto così.
Ha fatto quello che dovrebbe fare ogni buon padre.
La donna palestinese ha giocato sempre un ruolo essenziale per il mio popolo. La percentuale delle donne nel nostro Parlamento è abbastanza elevata in paragone anche con certi paesi occidentali. Di recente ho premiato i 20 studenti che hanno ottenuto risultati eccellenti agli esami di maturità sia a Gaza che in Cisgiordania. A Gaza, 19 erano femmine e solo un maschio: in Cisgiordania otto femmine e dodici maschi.
Come vede il futuro?
Io credo nella storia. I palestinesi seguono il corso della storia, mentre gli israeliani sono contro. Presto o tardi raggiungeremo i nostri obiettivi. Questo è il nostro destino, e nessuno può sfuggire al proprio destino. Sono sicuro che i nostri figli riusciranno a rientrare in patria e a realizzare i loro obiettivi nel nostro paese libero e indipendente. Questa è la mia visione del futuro.
Presidente Arafat la ringrazio molto.
Auguri per lei, per i suoi figli e per il suo popolo. Sono io che devo ringraziare il popolo italiano perché migliaia di famiglie hanno adottato circa cinquemila bambini e bambine palestinesi. Non dimenticheremo la solidarietà del popolo italiano. Grazie.