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 2013  novembre 14 Giovedì calendario

NUOVO FALLIMENTO NATO A KABUL BOOM DELLA PRODUZIONE DI OPPIO


Un fiume di oppio sta per arrivare dall’Afghanistan: proprio alla vigilia della partenza delle forze internazionali uno dei cui obiettivi era appunto quello di sradicare il narcotraffico, e proprio in conseguenza di questo ritiro annunciato. Il rapporto dell’agenzia Onu contro il crimine e la droga (Unodc) reso pubblico ieri rende noto infatti che le superfici coltivate a papavero da oppio sono arrivate nel 2013 a un livello record, praticamene raddoppiando la produzione, e portando l’aliquota afghana sull’offerta mondiale dal 75 al 90%. E meno male che, informa sempre il rapporto, ci sono state «condizioni meteorologiche sfavorevoli, in particolare nelle regioni del sud e dell’ovest», da cui viene la maggior parte del raccolto. Né la lotta al narcotraffico si è mai arrestata: ancora il giorno prima della presentazione del rapporto le autorità afghane hanno distrutto due tonnellate di oppio, 400 chili di eroina, 1,2 tonnellate di morfina e dieci tonnellate di resina di cannabis, oltre che migliaia di bottiglie di alcool. Il rapporto riconosce anche che la polizia afghana ha «triplicato» la propria efficienza nella lotta anti-droga.
In cifre, però, l’estensione delle superfici coltivate a oppio è passata da 154.000 ettari del 2012 a 209.000 ettari nel 2013: è un +36%, che supera il vecchio record del 2007, raggiungendo il massimo degli ultimi 19 anni Ma evidentemente la crescita della produttività è stata in proporzione anche maggiore, visto che con 5500 tonnellate la produzione di oppio rispetto al 2012 è stata del +49%. È vero che proprio per il maltempo all’estensione record non ha corrisposto un raccolto record: queste 5500 tonnellate sono infatti 1800 in più del 2012, ma 1900 in meno rispetto al 2007, quando ci fu il massimo della quantità. Ciò vuol dire che se la superficie si mantiene e l’anno prossimo ci sarà una stagione migliore potrebbe esserci un ulteriore aumento spettacolare dell’offerta. In termini monetari la proporzione del business sarebbe di un miliardo di dollari: il 4% del Pil. Il 48% dei campi si concentra in quella provincia meridionale di Helmand, in cui l’abbondanza di acqua assicura l’abbondanza di oppio e l’abbondanza di oppio si traduce a sua volta in abbondanza di talebani, che col narcotraffico si finanziano. Ma la produzione tende a estendersi: se l’anno scorso 17 delle 34 province dell’Afghanistan erano considerate libere da oppio adesso il loro numero è sceso a 15.
Secondo il rappresentante regionale dell’Unodc Jean-Luc Lemahieu, i coltivatori potrebbero aver fatto crescere la produzione di oppio proprio «per preservare i loro averi di fronte alle prospettive di un futuro incerto che potrebbe derivare dal ritiro, l’anno prossimo, delle truppe internazionali». Alle presidenziali dell’aprile 2014 il presidente Hamid Karzai non può infatti ripresentarsi, pure nel 2014 la gran parte delle truppe internazionali se ne andrà, e si è scatenata un’orda di rivali, molti dei quali dividono il business dell’oppio con i Taleban.
«L’aumento delle superfici coltivate e della produzione costituisce una minaccia per la salute pubblica, la stabilità e lo sviluppo dell’Afghanistan», ha commentato il direttore dell’Unodc Yury Fedotov. «Quel di cui ci sarebbe bisogno è una risposta integrale al problema della droga che includa la formazione delle istituzioni, lo sviluppo e la sicurezza a lungo termine». Cioè, esattamente tutto quello che le forze internazionali hanno cercato di fare in questi 12 anni, e smetteranno di fare dall’anno prossimo.