Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 14 Giovedì calendario

SURPLUS TEDESCO, L’EUROPA INDAGA


Troppo export, troppo risparmio, basso livello degli investimenti e della domanda interna. Per questo motivo la politica economica della Germania è finita sotto la lente della Commissione Ue, che ha avviato un’analisi approfondita sul surplus delle partite correnti dello Stato tedesco. Per la prima volta Bruxelles esaminerà quindi un Paese in surplus (in questo caso il 7% del pil) e non solo quelli in deficit.

L’iniziativa della Commissione è nata nell’ambito del meccanismo di allerta, primo passo della procedura sugli squilibri economici dei Paesi. La relazione sul meccanismo di allerta sarà discussa a dicembre dai ministri delle Finanze e dai leader Ue, che concorderanno gli aspetti principali su cui procedere. Nel frattempo la Commissione esaminerà a fondo i 16 Stati sotto osservazione, e i risultati saranno pubblicati nella primavera 2014. L’Italia era già tra i Paesi che evidenziavano squilibri: la Commissione ha evidenziato ieri la perdita di quote globali sull’export, il peggioramento della competitività e l’alto livello del debito pubblico, ma anche il forte aumento di povertà ed esclusione sociale.

La grande novità di quest’anno è però l’inclusione della Germania tra i Paesi sotto esame. Le osservazioni di Bruxelles sono state pubblicate a pochi giorni dalle critiche del Tesoro Usa. Gli argomenti sono di fatto identici. «L’abbondante surplus riflette risparmi superiori agli investimenti nell’economia tedesca. Il tasso di risparmio delle famiglie è tra i più alti nell’Eurozona», ha scritto la Commissione nella relazione sul meccanismo di allerta. Nonostante Berlino abbia anche condizioni favorevoli sul credito, «il settore privato ha continuato a ridurre l’indebitamento. Così facendo, non ha sostenuto la domanda. Un aumento degli investimenti e/o una riduzione dei risparmi potrebbero giovare alla Germania, senza danneggiare la competitività». Il Consiglio Ue aveva già raccomandato a Berlino di «aumentare i salari per sostenere la domanda interna, per esempio riducendo le tasse e i contributi sociali». La Commissione ha negato di voler diminuire le esportazioni o indebolire la competitività della Germania, ma ha invece osservato che «il surplus tedesco può mettere sotto pressione l’euro, facendolo apprezzare rispetto alle altre valute. Ciò renderebbe più difficile per le economie periferiche il recupero di competitività attraverso il deprezzamento interno». Di conseguenza è partita l’analisi sulla composizione del surplus tedesco: in seguito si deciderà se fare raccomandazioni formali al governo di Berlino, mentre le ipotesi di sanzioni appaiono per ora remote. Dal 2007 il surplus delle partite correnti in Germania ha sempre superato il 6% del pil e proseguirà fino al 2015: «Non è un fenomeno ciclico di breve termine», ha sottolineato Bruxelles.

Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue, ha spiegato che l’indagine Ue è finalizzata a capire se la Germania «può fare di più per contribuire al riequilibrio dell’economia europea». Da Berlino però non è arrivato nessun mea culpa. Per il segretario generale della Csu, Alexander Dobrindt, «non si può costruire alcuna politica economica comune se i più deboli continuano a puntare il dito contro i più forti». Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, ha aggiunto: «La Germania viene invitata ripetutamente, a livello internazionale, ad allentare le proprie politiche fiscali così da strozzare il proprio surplus, però non credo che questo argomento sia valido e gli eventuali effetti sugli altri Paesi sarebbero minimi». Secondo il presidente della Buba, occorre «risolvere gli handicap competitivi dei Paesi in disavanzo e porre la crescita tedesca su una base più larga».