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 2013  novembre 14 Giovedì calendario

«TELEFONICA NON SALIRÀ OLTRE IL 15% DI TELECOM»

(intervista a Cesar Alierta)

Lo status quo non sembra essere la situazione ottimale per Telecom. A luglio volevate convincere i partner italiani della convenienza di mantenere lo status quo. L’operazione è riuscita solo a metà perchè poi, a settembre, c’è stata la modifica ai patti Telco e di fatto le cose si sono messe in moto.
Telefonica ha sempre avuto buoni rapporti con i partner italiani, con Mediobanca, Generali e Intesa. Ma c’era l’esigenza di ristrutturare Telco. Così abbiamo fatto una proposta: noi aumentiamo la partecipazione economica nella holding, ma manteniamo inalterati i diritti di voto. La proposta è stata accettata e Telco è rimasta quella che era. L’interesse di Telefonica è sempre quello di mantenere Telco, è la cosa migliore da fare perchè da stabilità al management e agli azionisti, anche quelli di minoranza. Nell’ultimo anno si sono rincorse le voci che Telco si sciogliesse, che entrasse Sawiris, che Telecom si fondesse con Hutchinson. Tutto ciò è negativo, perchè crea incertezza e in queste condizioni gli investitori non investono. Telefonica tiene in grande considerazione gli azionisti di minoranza, che devono essere soddisfatti. La stabilità serve anche al management, che deve concentrarsi sul business e consegnare risultati, non cercare alternative all’azionariato. Penso che, con i risultati, anche le quotazioni di Telecom miglioreranno: il titolo oggi è chiaramente sottovalutato e questo è negativo per tutti.
Dal 1° gennaio avete una call per salire fino al 100% di Telco. Pensate di esercitarla anche se il prezzo, 1,1 euro per azione, sarà superiore alle quotazioni di mercato?
La struttura dei nuovi accordi è chiarissima: Telefonica non può salire sopra il 49% di Telco. L’obiettivo, ripeto, era aumentare gli interessi economici e non invece cambiare gli interessi politici. Non abbiamo intenzione di esercitare la call.
Mediobanca, e probabilmente anche Generali, vorrebbe comunque uscire per giugno, quando ci sarà la prossima finestra di uscita.
Noi no. E penso che anche gli altri, Mediobanca compresa, resteranno in Telco fino al termine di febbraio 2015.
A stare alle cifre, questa situazione però non ha giovato neppure a Telefonica, che su Telco, solo nei primi nove mesi di quest’anno, ha riportato una minusvalenza di 542 milioni.
Abbiamo investito una grossa cifra su Telecom. Pensiamo di poter recuperare l’investimento? Certo che sì.
2,85 euro per azione, quello che avete pagato nel 2007?
Non tutto, ma una parte importante sì. Conosciamo il business.
E come si fa a recuperare valore?
Migliorando i risultati aziendali, facendo contenti clienti, azionisti e dipendenti. Cosa vogliono i clienti? Vogliono la fibra e il 4G per navigare a velocità superiore. Telecom ha fatto abbastanza investimenti in questa direzione? No: la penetrazione della banda larga in Italia è inferiore alla media dei principali quattro Paesi europei. È al passo con gli obiettivi dell’agenda digitale europea? No, ma ci arriverà. Tutto quello che farà il management migliorerà le quotazioni. Ma Telecom migliorerà se migliora il mercato domestico, perchè l’85% del valore del business dipende dall’Italia. Il multiplo Ev/Ebitda del mercato domestico per Telecom è tra i più bassi in Europa, inferiore a quello di tanti altri operatori di Paesi che non hanno le stesse potenzialità, la stessa capacità di consumo e le stesse prospettive di recupero dell’Italia.
Il piano presentato dall’ad Marco Patuano, però, prevede ancora un calo di ricavi ed Ebitda per il mercato domestico. Dunque, non vi soddisfa?
Se si avverano le premesse, credo che non sarà in calo. Le variabili a cui guardare attentamente sono Ebitda e cash-flow operativo.
La Findim di Marco Fossati, azionista di minoranza al 5%, non la vede come voi: vuole cambiare lo status quo proprio perchè ha perso molto su Telecom.
Fossati è preoccupato come noi per le quotazioni del titolo: gli obiettivi sono coincidenti. Per questo è necessario migliorare la gestione del mercato domestico. La chiave è ascoltare il cliente e avere intelligenza di mercato.
A Telecom viene contestata una mancanza di indirizzo strategico. Cosa risponde a chi sostiene che questo dipende anche dal condizionamento esercitato dal duplice ruolo di Telefonica, azionista e nel contempo di concorrente in Sudamerica?
Siamo da sei anni in Telecom e non abbiamo mai chiesto niente in Brasile e Argentina. Non possiamo neppure essere informati sulle attività di Telecom in Sudamerica. Siamo in Telecom per il mercato domestico, il resto non sono affari nostri. Lo diciamo e lo ripetiamo da sei anni. L’Italia non può permettersi di restare indietro sulla banda larga perchè ne va della sua competitività: il 50% dell’incremento di produttività in Europa dipende proprio dalle tecnologie di tlc.
Se Telecom Argentina non verrà ceduta, non rischiate la nazionalizzazione delle vostre attività a Buenos Aires?
Assolutamente no: se Telecom Argentina non si vende per noi non è un problema. Dove siamo presenti diciamo che vogliamo le migliori tecnologie per il Paese. Questo è quello che vuole l’Argentina, col cui Governo abbiamo ottime relazioni.
Ma Repsol, spagnola come voi, è stata espropriata in Argentina.
Noi non siamo Repsol.
Patuano ha ribadito che Tim Brasil è strategica e che, se non viene venduta, Telefonica non salirà in Telco. Ritenete che Telecom debba uscire dal Brasile o è ipotizzabile una fusione con Vivo?
La fusione Vivo-Tim non è in programma. Di altro se ne occuperà il resto del consiglio. Ma non sono mica matto ad agitare le acque su un mercato dal quale deriva il 23% dei ricavi di tutto il gruppo Telefonica.
Salire al 100% di Telco, quando e se avverrà, è un’alternativa alla fusione con Telecom. Avete preso in considerazione questa ipotesi che permetterebbe davvero di sviluppare sinergie? E come verrebbe gestito in questo caso il problema del debito, ingente per entrambi i gruppi?
Le sinergie sono positive, ma quello che conta è lo sviluppo del business. Non c’è bisogno per questo di una fusione Telefonica-Telecom che non è in programma. Il debito è un problema? Patuano ha avviato un piano da 4 miliardi che porterà il parametro net debt/Ebitda a un livello più accettabile, non superiore a 2,2 volte. Mi sembra un buon inizio.
Dei 4 miliardi di risorse da recuperare fa parte anche il convertendo, oggetto di esposti sia da parte dei piccoli azionisti esclusi sia da parte di Findim che non ha potuto partecipare al collocamento, aperto e chiuso in poche ore subito dopo il cda Telecom. Non era meglio un aumento di capitale aperto a tutti?
Il convertendo era la soluzione migliore per tutti. E il collocamento doveva svolgersi nei tempi più rapidi possibili, per evitare gli arbitraggi degli hedge fund che vendono le azioni per comprare i bond. È la prima volta che Telecom manda un messaggio di fiducia nel futuro, che il valore di Telecom cioè è superiore all’attuale. Il mercato l’ha capito, visto che la domanda è stata tripla. Un aumento di capitale sarebbe stato diluitivo per gli azionisti di minoranza perchè, a differenza del convertendo che è a premio del 22,5%, sarebbe stato a sconto.
S&P deciderà a giorni: le misure approvate eviteranno il downgrade?
Magari! 4 miliardi sono una grossa cifra. E come azionista vorrei congratularmi con Patuano per il piano che ha preparato in un solo mese con uno spettacolare lavoro.
Ma 4 miliardi sono sufficienti per il rilancio di Telecom?
Quello che è chiaro per me è che il piano prevede un significativo aumento degli investimenti in banda ultralarga e telefonia mobile di quarta generazione. Il settore delle tlc è in rapido cambiamento, la tendenza degli investimenti tecnologici è incrementale rispetto alla spesa: in questo contesto è essenziale modificare il mix verso la componente più innovativa.
Franco Bernabè non è ancora stato sostituito alla presidenza e il consiglio scadrà comunque ad aprile. Non sarebbe meglio, all’assemblea del 20 dicembre, andare direttamente al rinnovo anticipato?
Il comitato nomine è al lavoro: un presidente ci sarà. Sarà per cinque mesi, ma magari anche per più tempo. Penso che possa essere confermato per il rinnovo del cda.
Se passasse la revoca del consiglio chiesta da Findim e fosse rinnovato il cda vorreste comunque avere due posti nel board – lei e Julio Linares – come oggi?
È solo un’ipotesi, ma nel board ci saremo comunque.
Una parte del Governo insiste sullo scorporo della rete. È una condizione per il via libera politico a Telefonica?
Il consiglio Ue ha approvato l’agenda digitale che dice si deve investire di più nella fibra ottica. La raccomandazione Kroes individua nell’equivalence of input la miglior soluzione per assicurare la parità di trattamento a tutti gli operatori. È quello che pensiamo anche noi.
Ma, entrando nella newco della rete d’accesso, la Cdp apporterebbe risorse utili per accelerare gli investimenti.
Gli investimenti li farà Telecom, non c’è bisogno di aiuti esterni. L’importante è il mix: noi siamo a favore degli investimenti in fibra perchè sono necessari per Telecom, ma ancora più per l’Italia.
Che valutazione dà della riforma della legge Opa sollecitata dal Senato?
Non voglio commentare una questione che non mi riguarda. Ma l’importante per il Paese è che si facciano le reti di nuova generazione, che sono un sicuro fattore di competitività, non se Telecom ha un azionista che ha l’8% o il 15% o il 23%.
Lei esclude una fusione con Telecom. Dunque, non crede si vada verso un consolidamento del settore in Europa come negli Usa o in Cina?
Se un Paese ha 8 milioni di abitanti è un problema, ma se ne ha 50 milioni no, non c’è un problema di economia di scala. Gli operatori sudcoreani o giapponesi sono efficienti, e i rispettivi mercati avanzati tecnologicamente, anche se non sono stati interessati da processi di consolidamento.
Le chiedo un’ultima cosa: se le ripetessi le stesse domande nel febbraio 2015, mi darebbe le stesse risposte?
Non so dirle, io le ho risposto quello che penso realmente in questo momento.