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 2013  novembre 14 Giovedì calendario

QUEL POZZO SENZA FONDO SCOPERTO DALL’ENI

Nella provincia di Capo del Ga­bo i ragazzi vogliono tutti stu­diare l’italiano da quando Eni ha individuato, nel 2011, un giaci­mento di gas che sembra un pozzo senza fondo. In tutta la costa, progetti e lavori fervono. Si acquistano ettari di terreno dove costruire impianti, pa­lazzine, infrastrutture. Decine di ita­liani arrivano ogni giorno. Si fanno af­fari, compravendite. La gente del po­sto è divisa fra la paura e la speranza, mentre interi villaggi traslocano per fa­re spazio all’Eni. In questa zona ai con­fini con la Tanzania, il “Cane a sei zam­pe” ha individuato un giacimento, a 40 chilometri dalla costa, che potrebbe bastare per riscaldare le case italiane nei prossimi trent’anni. Quantificato, ad oggi, in 2650 miliardi di metri cubi di gas. Nella regione lavora anche la compagnia statunitense Anadarko, che ha rinvenuto un giacimento al­trettanto grande di gas, più a sud del­l’area dove opera Eni, e le due compa­gnie hanno così stretto un accordo per realizzare in sinergia infrastrutture e progetti a terra.
Tra Pemba e la città di Palma tutto sta cambiando, anche in modo travol­gente. Secondo una religiosa italiana che opera nella zona, «interi villaggi stanno smobilitando. I capofamiglia si vendono il proprio pezzo di terreno e la capanna per 500 euro. I villaggi so­no pieni di ex guerriglieri che fanno da boss locali. Controllano la gente, com­prano i terreni in giro e li rivendono al­l’Eni a prezzi europei. Alle famiglie quei soldi sembrano tanti. In ogni capanna vivono anche in dieci e devono cer­carsi casa da un’altra parte. Il villaggio di Mocimboa da Praia, per esempio, non esiste più, ora è tutto terreno del­la compagnia. La gente qui ha paura, non sa cosa fare e si lascia convincere. Per noi è molto difficile liberare le men­ti. Sappiamo che l’Eni vuole sviluppa­re dei progetti umanitari nella zona, ma per il momento qui è tutto fermo». Palma sta diventando la nuova capita­le della regione. Il piccolo porto è in ampliamento ed è in costruzione an­che un aeroporto. Eni ed Anadarko so­no anche nelle prime fasi di progetta­zione di un gigantesco impianto di li­quefazione del gas a terra, nella remo­ta regione di Afugni, sempre nella pro­vincia di Cabo Delgado. Una volta rea­lizzato sarà uno dei più grandi al mon­do, con le sue dieci unità, ognuna del­la capacità di 5 milioni di tonnellate l’anno. Ma, per realizzarlo, bisognerà far smobilitare 3mila persone che abi­tano nella zona e nel picco della fase costruttiva saranno impiegati circa 10mila lavoratori, fra i quali molti al­tamente specializzati.

Secondo l’International New York Ti­mes , Eni ed Anadarko stanno valutan­do anche la realizzazione di un im­pianto galleggiante (offshore Lng) per la liquefazione del gas e fra poche set­timane probabilmente verrà pubbli­cato il bando internazionale per la sua realizzazione. Anche se più limitato ri­spetto all’impianto onshore (con 2,5 milioni di tonnellate l’anno), sarà di­rettamente collegato ai due pozzi e­strattivi, riducendo così i problemi del trasporto a terra nonché le lungaggini burocratiche legate alla costruzione di un impianto lungo costa. Da qui il gas liquido verrà caricato su navi. Un’ipo­tesi è che sarà esportato verso il mer­cato asiatico, ma per farlo occorreran­no nuove metaniere. Eni non ne ha a sufficienza (la sua flotta ne conta solo tre) e dovrà così affittarne, a meno di non decidere di commissionarne di nuove ai cantieri italiani oggi senza la­voro. Il “Cane a sei zampe” è operato­re dell’Area 4 con una partecipazione indiretta del 50 per cento detenuta at­traverso Eni East Africa, che possiede il 70 per cento del’Area 4. Gli altri part­ner della joint venture sono la porto­ghese Galp Energia (10 per cento), la coreana Kogas (10 per ceto) e la mo­zambicana ENH (10 per cento, porta­ta nella fase esplorativa). La cinese CNPC detiene nell’Area 4 una parteci­pazione indiretta del 20 per cento tra­mite Eni East Africa.