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 2013  novembre 13 Mercoledì calendario

«PORTO LA MIA AMICA, È VERGINE» NOMI E NUMERI, ECCO L’ELENCO DEI CLIENTI


C’è chi è disposto ad andare nell’appartamento dei Parioli e chi invece preferisce la propria abitazione. C’è chi le incontra in macchina e chi ha impegni familiari, quindi propone un luogo neutro. Soltanto uno di loro le vede e va via, forse comprendendo subito che si tratta di due minorenni. E infatti così si giustifica: «Scusa ma cercavo un tipo di ragazza diversa sono passato scusatemi ancora». Gli altri clienti le contattano in continuazione, spesso chiedono rapporti a tre. O chiedono amiche vergini. Tutti disposti a pagare molti soldi, «regalini» che talvolta comprendono anche un tiro di cocaina. Sono gli sms e i messaggi WhatsApp a scandire le giornate di Azzurra e Aurora, 15 e 16 anni, come si facevano chiamare le due ragazzine finite in un giro di prostituzione e spaccio. A raccontare la loro spregiudicatezza, ma anche il panico quando i controlli dei genitori si fanno più pressanti e c’è bisogno di nascondere le tracce di droga. Ma soprattutto a svelare l’identikit degli uomini che hanno incontrato negli ultimi mesi. E adesso indirizzi, telefoni, luoghi degli appuntamenti sono stati individuati dai carabinieri del comando provinciale di Roma.

A casa degli altri
Il quartier generale scelto da Mirko Ieni, uno degli sfruttatori finiti in carcere, è l’appartamento da lui affittato in viale Parioli 190. Ma le due ragazzine sono disposte anche ad andare a domicilio. Solitamente è la più grande a concordare le modalità. Scrive Vittorio il 26 maggio scorso: «Ti confermo oggi, Trieste Salario alle diciotto. Va bene? Vittorio. Se ok ti mando l’indirizzo». La contatta anche il giorno dopo, le dà un nuovo appuntamento. Il 14 luglio un altro uomo comunica: «Io ti aspetto anagnina ok fammi sapere grazie». E un altro ancora, con un messaggio esplicito la lusinga: «La prossima volta che ci vediamo mi devi dare i miei occhi. Ti organizzo una bella serata come piace a te. Sei veramente bella, non sento neanche più il sole! Mi serve una doccia ghiacciata. Un bacio». Alcuni mostrano di essere liberi, altri spiegano di dover dare conto alla famiglia. Come quell’uomo che il 18 luglio scrive: «Sono ad una riunione e non posso chiamare ora per incontrarci ci vediamo quando torni da Ponza, domani sera devo accompagnare ad una festa mia figlia e non posso muovermi, ci sentiamo più tardi... di alla tua amica se ha voglia di incontrarmi prossimamente».
Qualcuno prova a trattare sul prezzo, ma alla fine accettano qualsiasi cifra, come annotano i carabinieri nell’informativa consegnata ai magistrati. Antonello paga «400 per voi due insieme», Angelo riesce a scendere «e vabbè facciamo 300». Però le incontra in macchina in un parcheggio. E poi c’è chi si lamenta «perché ho una smart e con tutte due rischiamo di non fare niente».

«Perché continui a mentire?»
Sono proprio gli sms a rivelare quanto accade la primavera scorsa, poche settimane prima che la madre della ragazzina più grande decida di rivolgersi ai carabinieri svelando di aver fatto esaminare da un investigatore privato telefoni e computer della figlia e di aver scoperto in che giro sia stata coinvolta. Il 25 maggio la donna le manda una raffica di messaggi e le chiede : «Dove sei? Rispondi. Perché non rispondi? A che ora torni». Poi sale di tono, le intima di tornare a casa «non puoi dormire fuori». E ancora: «Perché continui a mentire? Non mi importa del video, pretendo che tu dica la verità». Il conflitto, come emerge dal racconto della donna agli investigatori, diventa ogni giorno più aspro, con la ragazzina che la minaccia e scappa una paio di volte di casa. Ma dai messaggi emerge anche una realtà familiare complicata, con la madre che all’improvviso decide di andare via, almeno per un po’. Tanto che il 19 luglio scrive alla ragazzina: «Ti volevo solo salutare e farti sapere che sto bene ti chiamo domani mattina quando mi sveglio un bacio e scusa se sono partita senza avvisarti ma volevo farmi una vacanza da sola». E un’ora dopo aggiunge: «Non ti mettere nei guai, rifletti e pensa prima di agire».
In realtà la giovane è già nei guai. Pochi giorni dopo la donna riceve due lettere anonime in cui si parla della droga e degli incontri sessuali. Fruga nella borsa e trova qualche dose di cocaina, tanto che la ragazza si mette a cercare su internet «come si eliminano le tracce di cocaina per i test». Intanto intensifica gli incontri con i clienti, chiede sempre più soldi. Certo non immagina che il 9 agosto sua madre si presenterà alla stazione dei carabinieri per denunciarla, consegnando anche i testi di tutti i messaggi rintracciati sul suo telefonino. L’inizio della fine che arriva due mesi dopo, il 28 ottobre, quando la «rete» è individuata e scattano gli arresti per gli sfruttatori.
Fiorenza Sarzanini

fsarzanini@corriere.it