Filippo Facci, Libero 13/11/2013, 13 novembre 2013
POSTFAZIONE
Secondo Pietro Grasso, presidente del Senato, il pentito mafioso Gaspare Spatuzza «fu sincero»: l’ha scritto in una «prefazione» che evidentemente non poteva fare ameno di scrivere. Spatuzza in effetti confessò plurimi omicidi dei quali era accusato, ne rivelò altri, soprattutto si autoaccusò - fornendo prove - d’aver preso parte alla strage di via D’Amelio; Spatuzza ha sbugiardato tre processi nei tre rispettivi gradi di giudizio (comprensivi perciò di false accuse, falsi pentiti, falsi colpevoli) e ha sputtanato quei magistrati che per anni erano andati a farfalle. Il problema è che nell’articolo che riporta la prefazione di Grasso, sul Corsera, l’espressione «fu sincero» è associata a «parlò di Berlusconi e la mafia », ossia a circostanze che di riscontri invece non ne hanno avuti. Dunque la seconda carica dello Stato, se proprio deve scrivere prefazioni, potrebbe essere più puntuale: potrebbe anche ricordarci, per esempio, che Spatuzza ha fatto sei stragi, che ha trucidato violentemente quaranta persone, che ha fatto fuori anche Don Puglisi, e che poi, un giorno, andò a prendere il piccolo Giuseppe Di Matteo (13 anni) al maneggio di Altofonte, poi gli disse che l’avrebbe portato dal suo papà che non vedeva da molto tempo («Papà mio», disse il piccolo) ma poi il bambino fu legato «come un animale» (l’espressione è di Spatuzza) e fu imprigionato per due anni in un merdoso porcile siciliano, infine sciolto nell’acido. Però fu sincero, Spatuzza.