Sara Faillaci, Vanity Fair 13/11/ 2013, 13 novembre 2013
LAURA PAUSINI
Ottobre 2011
Laura Pausini è in volo, destinazione Costarica, prima tappa di una tournée che la porterà in giro per il Sudamerica a promuovere il suo undicesimo album, Inedito. Io la accompagno. Parliamo di figli, mi dice che desidera
da sempre diventare madre, e che durante gli ultimi due anni – anni
di volontaria pausa privata, passati con la famiglia e con il compagno Paolo Carta – l’hanno ferita le voci ricorrenti, e poco delicate, su una presunta gravidanza. «Finito il tour, potrei fermarmi di nuovo e prendere
la tranquillità che aiuta. Poi, se il bambino non dovesse arrivare,
sono pronta a fare tutto il necessario per averlo».
Ottobre 2013
Laura Pausini sta per prendere un volo, come due anni fa.
Questa volta la porterà a Miami per lanciare l’uscita di 20 The Greatest Hits, una raccolta dei suoi più grandi successi, per festeggiare i venti anni
di carriera. Nessun giornalista la accompagna, manager e assistente
personale sono cambiati. Per molti versi, è cambiata anche lei. Perché ha accanto un passeggino, e dentro il passeggino c’è Paola. Sua figlia.
paola è nata a febbraio di quest’anno, la tournée di Inedito è finita il 16 agosto dell’anno scorso. Basta un rapido calcolo per capire che Laura, in realtà, non ha aspettato l’ultimo concerto per metterla in cantiere.
«È stata una grande sorpresa anche per me. Sinceramente – oggi posso ammetterlo – non pensavo più di poter rimanere incinta senza aiuti: da anni non usavo precauzioni, e non era successo niente. Tra l’altro avevo scoperto di avere un problema, ed ero convinta di dovermi operare. Avevo programmato di farlo una volta completato il tour, invece Paola mi ha anticipato. Ha deciso lei quando arrivare, si è attaccata nell’unico punto possibile. Una specie di miracolo».
In Celeste, uno dei singoli di Inedito, Laura cantava: «Ti aspetterò, e prima o poi arriverai senza nemmeno far rumore». Quasi l’avesse «chiamata» con quella canzone. «In effetti è stata una coincidenza incredibile. Il brano mi arrivò tre anni fa da autori che, leggendo i giornali, avevano creduto, appunto, alla fantomatica gravidanza. Proprio perché incinta purtroppo non ero, non mi sembrava il caso di cantarlo. Poi invece ho scelto di farlo: l’ho cantato per tutte le donne che, come succedeva a me, cercano un figlio senza successo».
Arrivare a cantarlo richiedeva però una consapevolezza raggiunta attraverso un lungo lavoro su se stessa. «Ho accettato che, dopo tanti sogni realizzati, il più grande di tutti – diventare madre – forse non avrei potuto coronarlo. Ho capito che volevo comunque essere una donna felice, e che non avrei permesso a nessun problema medico di impedirmi di esserlo: non a un’endometriosi, non a una tuba ostruita, non a qualsiasi altro ostacolo potessi incontrare. Mi sono detta che avevo il diritto sacrosanto di godermi la vita, di dare e ricevere amore. È difficile, certo, rinunciare a un desiderio così importante, ma andare avanti si può, si deve. Ho cantato Celeste come augurio: per me e per tutte quelle come me. A sorpresa, mi ha portato la fortuna più grande: Paola. Pensare che odiavo la frase: “I figli vengono quando non ci pensi”. Eppure, quanto è vera».
Chissà che felicità, quando l’ha scoperto.
«Che stava succedendo qualcosa l’ho capito sul palco, a Perugia. Me ne sono accorta dal respiro: sentivo il bisogno di riprendere il fiato tra una canzone e l’altra. Ma chi pensava di essere incinta, dopo tanto tempo? Quando ho fatto il test mi è venuto un colpo. Ho avuto paura».
Di che cosa?
«Vista la mia situazione, sapevo che avrei dovuto stare a riposo. Ma c’erano ancora parecchie date, e tutte sold out. Fermarmi era impensabile: ne avrebbe risentito il lavoro di troppe persone, e il benessere di troppe famiglie. Ho parlato con i miei ginecologi, Evaldo Giacomucci e Stefania Fusilli, ho riflettuto a lungo, e ho deciso che ce la potevo fare. Per spiegare ai ballerini e a tutta la troupe perché non ballavo più, e cantavo per metà del tempo seduta, mi sono inventata che avevo il nervo sciatico infiammato. Non volevo dire di essere incinta, perché la mia era una gravidanza a rischio. Già gli anni prima, dopo quello che avevano scritto i giornali, al supermercato c’era chi mi toccava la pancia, anche se dentro c’erano solo dei gran cappelletti. Figuriamoci se avessi perso il bambino, me li vedevo già i titoli: “Il dramma della Pausini”».
Momenti difficili?
«Ogni donna ha la sua gravidanza, la mia all’inizio non è stata semplicissima. Il 25 giugno 2012, mi hanno chiesto di partecipare allo stadio di Bologna al concerto per i terremotati dell’Emilia. Ho chiamato Cesare Cremonini e gli ho proposto di cantare insieme: un po’ perché ha tanto talento e da parecchio tempo volevo fare una cosa con lui – e quella serata per la gente della nostra terra era l’occasione giusta –, e poi avevo paura di non farcela, da sola. Abbiamo scelto L’anno che verrà di Lucio Dalla, la prima persona famosa che ho conosciuto: veniva a mangiare al pianobar dove cantavo con mio babbo, e fin dall’inizio ha creduto in me. Quando è nata Paola, a Cesare ho scritto un messaggino: “La prima canzone con mia figlia l’ho fatta assieme a te”».
Invece, all’altro concerto per la ricostruzione, a settembre a Campovolo, ha dato forfait.
«Era già stato abbastanza faticoso fare in tournée i primi tre mesi della gravidanza. I ginecologi mi hanno proprio detto basta. Mi è spiaciuto tantissimo non esserci, ma almeno, essendo ormai arrivata al quarto mese, ho potuto dire pubblicamente che non potevo andare perché aspettavo Paola».
E da quel momento è scomparsa.
«Mi sono fatta coccolare da mia mamma e da Paolo. Fino al quinto mese ero ingrassata pochissimo. Mi ha rovinata MasterChef: cenavo prima che iniziasse il programma ma poi, vedendo cucinare tutto quel ben di dio, andavo in cucina, aprivo il frigo e mangiavo di nuovo tanta roba. Ero diventata golosa anche dei dolci, che non mi erano mai piaciuti. Ho preso quindici chili in due mesi, per un totale di venti: non poco».
Li ha già smaltiti.
«A furia di diete e di sport – che peraltro detesto: ho bisogno di un personal trainer che mi costringa a farlo. Ad agosto mi allenavo ogni giorno: balli latino-americani, zumba, acqua gym, palestra, massaggi. E dire che fino ai miei sette anni ero sottopeso, mangiavo pochissimo. Ricordo come fosse ieri il giorno in cui, tornata dall’ospedale dove avevo fatto un esame per l’appendicite, mio babbo riuscì a farmi assaggiare tortiglioni pomodoro e burro. Lì sono praticamente impazzita, ho capito che mangiare mi piaceva, e in due anni ero diventata un baule».
Si mette a dieta per il lavoro che fa, o per se stessa?
«Amo Paolo anche perché in nove anni non mi ha mai detto “sei ingrassata”, e mi ha sempre apprezzata fisicamente: a lui piaccio come sono, con il sederone e tutto il resto. Il mio fisico è quello, non ambisco a diventare una top model. Ma, per risponderle, in forma mi sento meglio».
Il parto è stato naturale?
«No: nella mia situazione era consigliato il cesareo, e io, che ho da sempre paura del dolore, francamente ero sollevata. Ho partorito in una struttura pubblica, l’Ospedale Maggiore di Bologna, dove sono nati i miei nipoti, e dove lavorano i miei ginecologi. Paola è uscita mentre Janet Jackson cantava Again».
In sala parto con l’accompagnamento musicale?
«Si può, non lo sa? Avevo preparato una playlist, una dozzina di canzoni scelte tra quelle che mi piacerebbe fossero le preferite della bambina. Avrei voluto che nascesse durante la mia Celeste. Ma già al primo brano, Again appunto, l’ho sentita piangere. Tutti pezzi romantici: Morricone, Elisa, Giorgia, Gloria Estefan, Etta James… Pensare che in gravidanza le avevo fatto sentire solo brani non cantati».
Perché?
«Perché spero non faccia la cantante. Sarai sempre massacrato, se vuoi fare lo stesso mestiere di un genitore famoso. Se proprio desidera cantare, spero almeno che faccia lirica, o soul, o jazz, o rock, magari heavy metal: tutto ma non il mio genere. Mio babbo è talmente convinto che si possa scegliere il mestiere dei figli che, quando mia mamma aspettava me, ed è stata per nove mesi a letto, le ha legato per tutto il tempo sulla pancia uno di quei vecchi mangianastri: dice che è merito suo se sono diventata una cantante vera».
Perché avete scelto il nome Paola, praticamente quello del suo compagno?
«In realtà è una fusione: Pao come Paolo, La come Laura. In lizza c’erano anche Alice, Francesca, Silvia, Giulia: avevamo deciso di scegliere dopo aver visto la bambina. Solo che io, nello stordimento dei primi minuti, quel momento l’ho rimosso. Ho saputo dai miei familiari che l’avevamo chiamata Paola, dopo che il mio staff l’aveva già annunciato al mondo intero».
Fare la madre è come se lo immaginava?
«Lo desideravo talmente che è stato tutto facile. Paola vive in simbiosi con me. Non ho una tata, ma mia madre e Paolo mi aiutano tanto. Infatti l’unico momento di panico l’ho avuto quando lui è andato a Roma per una settimana: a Castel Bolognese, senza di lui, mi sentivo persa. Il fatto che avesse già tre figli, se all’inizio della nostra storia per me non era stato semplice, oggi si rivela un vantaggio. Mi fa tanta tenerezza vedere i figli più grandi che lo guardano mentre fa il bagnetto a Paola. Viviamo tra Castel Bolognese e Roma proprio per stare vicino a loro, che vogliono veder crescere la sorellina e sono dolcissimi, con lei e con me. Li amo tanto».
La vita di coppia come procede?
«Adesso che c’è la bambina, Paolo mi piace ancora di più. Vedere come è con lei, come la fa stare con i fratelli, me lo fa apparire più tenero, ma anche più sexy».
Ha allattato?
«Pochissimo perché, nonostante abbia tanto seno, non avevo latte. La mia ginecologa mi aveva preparato: quando ho capito che il mio non bastava, sono passata serenamente a quello artificiale. Dieci anni fa ne avrei fatto un dramma: ogni decisione mi gettava nel panico. Oggi mi sento una donna più determinata, cresciuta».
Paola è con noi per tutta la durata dell’intervista. Prima assopita nel passeggino, poi in braccio alla mamma, poi nel seggiolone per la merenda, e infine spupazzata da Paolo Carta, il compagno di Laura, che le insegna a fare gorgheggi.
Contenta che sia femmina?
«All’inizio mi avevano detto che era un maschio. Io non avevo preferenze: la cameretta lilla sarebbe andata bene in ogni caso. In compenso Paolo è completamente cotto».
Questo per Miami è il primo viaggio in aereo che fate con lei?
«No, l’avevo già portata a Londra per il concerto di Chime for Change (evento benefico per le donne organizzato da Gucci, dove la Pausini era l’unica italiana in mezzo a star internazionali come Madonna, Beyoncé, Jennifer Lopez, ndr): è stata bravissima. Certo per il lavoro che faccio, tra continui cambi di città e di fuso orario, non sarà facile, con una bambina così piccola. Ma da quando c’è Paola nulla mi sembra impossibile. E poi, se in futuro dovessimo accorgerci che viaggiare è troppo pesante per lei, Paolo e io ci organizzeremo. Paola viene prima di tutto».
Che effetto fa cantare da madre?
«La voce è un po’ cambiata, rispetto a prima è mezzo tono più alta: mi piacerebbe che restasse così. Ma di diverso, soprattutto, c’è l’emozione grandissima di stare sul palco e sapere che lei è in camerino ad aspettarmi. Penso sempre a lei mentre canto. A dire la verità, non so se sono pronta a fare tutte le canzoni, specie quelle d’amore, senza emozionarmi. Quando ho registrato il video per Celeste, sentivo salire le lacrime».
In che cosa altro l’ha cambiata la maternità?
«Le priorità. Se oggi vanno male le cose fuori dalla mia vita privata, non è più un dramma. Prima non esisteva la parola pazienza, o si metteva a posto quella cosa o era la fine».
Nell’intervista precedente, mi ha parlato a lungo del rapporto con sua madre, recuperato dopo anni di lontananza fisica. La bambina ha aiutato?
«Moltissimo. Ora pretendo che mamma non stia più di due settimane senza venirci a trovare. Grazie a Paola ho una scusa in più per stare con lei, visto che mi manca. Lei sa quanto ho voluto diventare a mia volta madre, mi vede finalmente felice, ma è anche contenta che non abbia avuto figli con le persone con cui stavo prima. Dio esiste anche per quello: sarebbe stata una tragedia. So che Paolo, qualunque cosa succeda tra noi – penso anche al fatto che potrebbe innamorarsi di un’altra –, non mi deluderà mai come padre. Lo so perché l’ho visto per nove anni prendersi cura dei suoi figli. È un padre meraviglioso, e questa è la cosa più importante».
Pensate di sposarvi?
«Mi sento già sua moglie, ma non abbiamo fretta. Magari aspetteremo che Paola sia un po’ più grande, e che si possa godere anche lei una bellissima festa. Del resto, la festa che volevo per il mio matrimonio l’ho già organizzata per il suo battesimo: ho riunito famiglia e amici nel giardino di casa nostra, ho attaccato sugli alberi le foto della bambina, ho cosparso il prato di petali. Tutto come avevo sempre sognato».
Un altro figlio?
«Ormai ho capito che non decido io questa cosa. Quindi, se verrà, sarò felice. Ma non lo stiamo cercando».