Camilla Strada, Vanity Fair 13/11/ 2013, 13 novembre 2013
FRATELLO E.T., DOVE SEI?
«E’ già difficile trovare vita intelligente sulla Terra, figuriamoci nell’Universo». Scherza padre José Gabriel Funes. In realtà non ha mai negato l’esistenza di altri mondi – è specializzato nello studio delle galassie – abitati da extraterrestri. Chi meglio di lui, quindi, 50enne astronomo e sacerdote, direttore della Specola, l’osservatorio astronomico e centro di ricerca scientifica del Vaticano, può provare a conciliare scienza e fede? Lo fa il 16 novembre, chiacchierando con un collega di fede ebraica e un musulmano, alla conferenza Science for Peace, della Fondazione Veronesi.
Dio sarebbe stato un bravo scienziato è il titolo del suo incontro: lei che cosa ne pensa?
«Dio è stato un bravo creatore, più che uno scienziato. Lo scienziato cerca di spiegare l’Universo attraverso cause naturali, Dio ci permette di pensarlo. Lo scienziato esiste grazie a Dio, ma poi non si rifà a lui per spiegare ciò che osserva».
Ma se Dio è il creatore, allora la teoria del Big Bang è una bufala...
«Non vedo contraddizione tra la creazione raccontata nella Genesi e il Big Bang, che, finora, risulta la miglior spiegazione scientifica sull’origine dell’Universo. La Bibbia non contiene messaggi scientifici, ma religiosi. È una lettera d’amore scritta da Dio al suo popolo; d’altra parte, non mi risulta che lui conoscesse il relativismo, né la fisica quantistica».
Quindi scienza e fede possono coesistere in pace?
«Certo, devono farlo: la religione senza scienza rischia di diventare fondamentalista; una visione solo scientifica della realtà, invece, sarebbe riduttiva. Purtroppo, però, non sempre la scienza è garanzia di pace: pensi alla bomba atomica».
Che apporto ha dato la Chiesa alla storia della ricerca astronomica?
«Le faccio due nomi, tra tutti: padre Angelo Secchi, autore della prima classificazione delle stelle nel 1860, e padre Georges Lemaître, uno dei precursori della teoria del Big Bang. Senza dimenticare che una trentina di crateri della Luna portano i nomi di antichi astronomi gesuiti; al mio predecessore qui alla Specola, George Coyne, fu intitolato un asteroide».
Cosa vorrebbe che intitolassero a lei?
«Guardi, sarei contento se la Roma vincesse lo scudetto, mi basta questo».
Eppure lei ha pubblicato diversi articoli, in particolare si occupa di galassie: crede che esistano forme di vita extraterrestre?
«Perché no? L’Universo contiene miliardi di stelle, molte di queste potrebbero avere dei pianeti, simili alla Terra o a Giove. Non ne abbiamo ancora le prove, ma potrebbero esistere: è solo difficile stabilire un contatto. Insomma, rischiamo di non conoscerlo mai il nostro Fratello E.T.».