Roberto Giardina, ItaliaOggi 12/11/2013, 12 novembre 2013
PENSIONI, DIRITTO NON BENEFICENZA
Sono fortunato a scrivere dall’estero. Posso dire la mia, senza che qualcuno mi metta in questa o quella squadra, in un clan, in una cricca, in una casta. Almeno quasi sempre. Se lodo Angela o la critico, nessuno dubita (spero) che la cancelliera mi inviti a cena. Oppure sia amico dei suoi avversari. Ora leggo che Renzi propone di togliere ai pensionati d’oro per dare qualcosa in più a chi riceve il minimo. Alla tv, un pensionato a 7 mila euro al mese, l’ha messo ko, o quasi, accusandolo di populismo.
Al di là dei giudizi, mi sembra che abbia ragione il settantenne che si gode una legittima pensione dopo 40 anni di lavoro, e di contributi pagati. Non sono contro Renzi, anzi mi chiedo perché un partito che potrebbe vincere con lui, continui a respingerlo. Non lo conosco, non l’ho mai sentito, non so che voce abbia. Cerco di essere obiettivo.
Qualunque norma che stanghi solo i pensionati è, ovviamente, anticostituzionale. Se vuole togliere ai ricchi e dare ai poveri, non faccia distinzione tra i ricchi, o creduti tali. Renzi cita anche la nonna, che a 92 anni riceve 3 mila euro di pensione. A che le servono, giunta alla sua età? Bè, mia madre di anni ne ha 95, e vive grazie a due badanti, regolarmente denunciate, in un appartamento di sua proprietà. E si paga tutto con la sua pensione di riversibilità.
Se non potesse, lo faremmo noi tre figli. Ma non tutti possono. E se fosse finita in un residence per anziani sarebbe già morta, come molte sue coetanee. Mi sembra che Renzi, come quasi tutti i politici, consideri i cittadini come assistiti da una chiesa laica. Non hanno diritti. Dipenderà dalla formazione cattolica.
Qui a Berlino, uno dei punti chiave delle trattative per la Grosse Koalition sono i pensionati. Non si pensa di punirli all’italiana, o alla fiorentina, al contrario si cercano i miliardi per garantire loro anni tranquilli. Mario Draghi è criticato in Germania perché, abbassando il costo del denaro allo 0,25 per cento, mette in pericolo i fondi pensione, e le assicurazioni private.
Milioni di tedeschi, quando lasceranno il posto, riceveranno meno del previsto. Da ricordare che qui, paese dove i patti sociali non vengono traditi, non esistono gli esodati. E la gran parte finisce per ritirarsi prima dei 65 anni, che progressivamente vengono portati a 67. Ogni anno di anticipo comporta la perdita del 2%.
Di certo non sarà possibile mantenere tutte le promesse e, allo stesso tempo, non aumentare le tasse, ma il programma di Spd e Cdu/Csu a favore dei pensionati dimostra almeno quanto sia tenuta da conto la categoria, da noi tartassata e vilipesa. Si vuole abolire le penalità per chi vada in pensione a 63 anni, ma con 45 anni di lavoro. Una minoranza? Questo «regalo» ammonta a 4,5 miliardi di euro, altri 6,5 miliardi costerà la riforma chiesta dai cristianodemocratici per dare una pensione più elevata alle madri che abbiano avuto figli prima del 1992.
Se hanno lavorato meno anni non è colpa loro. Il tasso di natalità è il più basso al mondo, dopo quello italiano, e una donna su cinque non ha figli. Bisogna far qualcosa per le Mutter. Dieci miliardi se ne andranno per assicurare una pensione minima di almeno 850 euro a chi è nella fascia di reddito più bassa. Per la Cdu dopo 40 anni di lavoro, per l’Spd anche dopo trenta. Naturalmente, l’opposizione non è d’accordo: si favoriscono i pensionati perché il 78% di chi ha più di 60 anni ha votato per uno dei due grandi partiti. E fare regali ai pensionati significa punire i giovani. Sarà, ma intanto la Grande Coalizione pensa a chi ha già lavorato e pagato contributi. La pensione in Germania è considerata un diritto, non beneficenza.