Paolo Bracalini, il Giornale 12/11/2013, 12 novembre 2013
E COSÌ ANGELINO SI SCOPRE «DIVERSAMENTE ALFANIANO»
Un po’ berlusconiano,ma«diversamente », un po’ figlio prediletto e un po’ rottamatore, per «l’unità del partito » ma pronto a rompere, un po’ dentro e un po’ fuori, segretario e dissidente in simultanea. Diversamente alfaniano. L’ultima,nella guerra di logoramento che squassa il Pdl, sarebbe la creazione di un nuovo gruppo alfaniano in Parlamento, separato da Berlusconi, ma intitolato «Berlusconi presidente ». Tecnicamente è dura, perché servirebbe il copyright del Cavaliere, che dovrebbe cedere il suo marchio (valutato attorno al 15% dai sondaggisti) alla corrente che vuole mandarlo in pensione. Ma riassume bene la situazione. Un ossimoro politico, ultimo di una lunga serie, da una parte (Berlusconi che fa dimettere i ministri e poi vota la fiducia) e anche dall’altra. È tutto un contorcersi, da mesi, per Angelino Alfano, tra una cosa e il suo opposto. Per garantire la sopravvivenza del governo, anche se Berlusconi decade, ma senza cadere nell’anatema evocato dal Cavaliere, l’immagine del nuovo Fini, il «traditore» che poi si perde.
Di qui l’andamento diversamente alfaniano di Alfano. L’annuncio della nuova Forza Italia, definito un «processo pressoché irreversibile», e poi il lavorìo per starne fuori nel caso abbia un organigramma sgradito. Il via libera alla decadenza di Berlusconi, ma riproposto come «candidato premier al prossimo giro». Gli altolà al governo Letta,e poi l’impegno di tenerlo in piedi anche contro la volontà di Berlusconi. Sulla cui figura si gioca tutta l’ambivalenza di Alfano (speculare a quella di Berlusconi, legato da particolare affetto al vicepremier). Chiede al Cav di sostenere Letta anche da ex senatore, decaduto per voto Pd, settimane fa invece minacciava sfracelli: «La nascita di questo governo è stato voluta più da Berlusconi che dal Pd, speriamo davvero che il Pd si mostri interessato alle ragioni dello stato di diritto e alle ragioni del senatore e cittadino Berlusconi che ha diritto di difendersi». Al Meeting di Rimini paragonò la persecuzione giudiziaria di Berlusconi al processo ingiusto subito da Gesù, salvo definirsi poi «diversamente berlusconiano » e contestare la richiesta di dimissioni fatta dal leader. Diceva che l’alleanza di governo «non è un matrimonio d’amore», e «speriamo che il Pd non faccia cose che gli abbiamo chiesto di non fare», altrimenti chissà che succedeva. Ma anche dopo l’ultimo rinvio a giudizio di Berlusconi, a Napoli per la vicenda De Gregorio, il vicepremier rassicura premier e Quirinale: «Non ci sarà nessuna conseguenza per il governo». I lealisti Pdl segnano tutto, e il più meticoloso nel monitoraggio è Giancarlo Galan, berlusconiano senza ripensamenti. In una nota scrive: «Dopo aver disertato l’Ufficio di presidenza del suo partito, dopo non aver ancora firmato il documento di rilancio del suo partito, dopo aver appoggiato in Cdm scelte molto distanti dal programma del suo partito, dopo aver fermamente sostenuto chi colpisce il leader del suo partito, dopo aver minacciato di creare gruppi autonomi e dopo aver inneggiato all’unità del partito, il capo della corrente antiberlusconiana Alfano riunisce i suoi». La rottura è ad un passo, da fare prima del consiglio nazionale Pdl dove i numeri sono sfavorevoli agli alfaniani (30 contro 70, si calcola). Ma stavolta serve uno strappo netto, non più diversamente alfaniano.