Stefano Carrer, Il Sole 24 Ore 12/11/2013, 12 novembre 2013
COLPITA UN’ECONOMIA CHE CRESCEVA A PIENO RITMO
Un’economia appena promossa allo status di "investment grade" da tutte e tre le principali agenzie di rating internazionali rischia di veder frenare la sua robusta crescita attuale a ritmi cinesi da un tremendo disastro naturale che accade in un momento delicato per i mercati finanziari dei Paesi emergenti. La maggior parte degli esperti, però, prevede che, se sul breve termine alcuni effetti negativi saranno inevitabili, le Filippine saranno in grado di assorbire un colpo che, se pur gravissimo nelle zone colpite dal tifone, non inciderà su fondamentali macroeconomici positivi e potrebbe anzi sprigionare nuove energie con l’afflusso di consistenti aiuti dall’estero e di maggiori rimesse da parte degli emigrati verso uno sforzo collettivo per la ricostruzione.
Il ministro delle Finanze Cesar Purisma ha ammesso che il tifone ridurrà fin del 10% il Pil delle regioni più colpite, e quindi forse un 1% della crescita nazionale. Secondo una prima valutazione della Kinetic Analysis Corp, l’impatto economico negativo potrebbe raggiungere i 14 miliardi di dollari, coperti da assicurazione per soli 2 miliardi. Per PJ Garcia di BPI Asset management «ci sarà una correzione del mercato sul breve termine» ma il danno economico dovrebbe restare sostanzialmente limitato alle aree colpite, specialmente nel settore agricolo con una riduzione della produzione di riso e zucchero in grado di spingere l’inflazione nei prossimi due mesi.
Nell’immediato, ieri l’indice di Borsa è caduto dell’1,4% (in recupero sull’apertura a -2,2%) - riducendo a poco più dell’8% l’avanzata da inizio anno - e il peso ha perso fino allo 0,8% sul dollaro, in un contesto peraltro di pressioni al ribasso generalizzate su mercati azionari e valute dei Paesi emergenti asiatici (connesso ai rinnovati timori di un prossimo avvio di una exit strategy della Federal Reserve americana dalla sua politica monetaria ultraespansiva). Alla Borsa di Manila era anche il giorno del debutto della maggiore Ipo mai avvenuta nel Paese: il titolo di Robinson Retail ha chiuso in ribasso del 2,6 per cento. Niente di grave, visto che per la catena di grande distribuzione controllata dal miliardario John Gokongwei era riuscita a rastrellare almeno 650 milioni di dollari attirando una forte attenzione da parte degli investitori istituzionali.
Già nell’estate scorsa Manila era riuscita a contrastare meglio di altri i venti contrari provenienti dalle preoccupazioni per l’arrivo del "tapering" da parte della Fed grazie al ritmo di crescita della sua economia (+7,5% nel secondo trimestre, e +7,6% nel primo semestre, dopo il +6,6% del 2012), al buon livello delle riserve valutarie (per oltre 81 miliardi di dollari) e agli spazi di manovra di politica monetaria (anche con tassi ai minimi storici) alla luce di una inflazione che resta sotto il 3 per cento. Non a caso a inizio ottobre Moody’s ha alzato il rating sul debito delle Filippine a una valutazione da "investment grade"(Baa3): una promozione storica che era stata già decisa tra marzo e maggio da Standard & Poor’s e da Fitch. Non solo: la World Bank ha alzato poco dopo le sue stime sul Pil di Manila (al 7% quest’anno e al 6,7% nel 2014) anche se ha abbassato le sue proiezioni sull’Asia emergente (analoga decisione era stata presa dall’Asia Development Bank).
Una forza dell’economia filippina che non dipende dalla congiuntura interna e sostiene i consumi sta nelle rimesse di circa 10 milioni di emigrati, ma contano anche altri fattori, come l’emergere del Paese come una base internazionale per i call center o l’interesse anche dall’estero per lo sviluppo delle infrastrutture, a parte poi le ragioni citate da Moody’s per l’upgrading (sostanziale stabilità politica e relativi miglioramenti nella governance e nel consolidamento fiscale). Qualche conseguenza negativa potrebbe comunque evidenziarsi anche al di là del breve termine e del settore agricolo. Il turismo, per esempio, potrebbe vedere ridimensionate le sue prospettive di crescita. Nei primi sei mesi di quest’anno i visitatori erano aumentati del’11% a 2,38 milioni. L’obiettivo del governo - attrarre 10 milioni di turisti entro il 2016, contro i 4,2 milioni del 2012, per farne la maggiore industria del Paese - appariva già troppo ambizioso prima delle devastazioni attuali e da oggi il conseguimento del target appare ancora più problematico: l’handicap storico è che le Filippine sono percepite da molti come un posto piuttosto pericoloso e questa cattiva reputazione sul versante sociale non fa che essere rafforzata dall’entità crescente dei disastri naturali.