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 2013  novembre 12 Martedì calendario

519.015,45 EURO LA PENSIONE D’ORO DI UN UOMO DI SENATO


Oggi è l’esempio, assieme al “politico” Giuliano Amato, delle “pensioni d’oro”. Antonio Malaschini, classe 1947, denunciò all’epoca del governo Monti una pensione di 519.015,45 euro lordi (277.120,70 netti), 43 mila e rotti euro al mese, quasi 1.500 al giorno, cui cumulava, nei mesi in cui, fresco pensionato, finì ministro nel governo tecnico del Professore, i 188.868,91 euro (netti 106.005,09) legati alla carica.
Come si fa ad andare in pensione con mezzo milione di euro lordi l’anno lavorando per lo Stato?
IN BUONA PARTE ciò è dipeso dalle retribuzioni di Palazzo Madama, l’istituzione nella quale il nostro ha scalato negli anni i ruoli fino alla carica di segretario generale.
Quando Malaschini entrò con concorso pubblico al Senato della Repubblica, era infatti il 1973. Aveva 27 anni e due anni prima si era laureato in Giurisprudenza a Roma con una tesi in Diritto costituzionale. A presiedere l’assemblea c’era il Dc Giovanni Spagnolli. Al governo, invece, Mariano Rumor.
Malaschini fu quindi consigliere parlamentare a Palazzo Madama con i presidenti Fanfani, Morlino, Colombo, Cossiga e Malagodi. Con la presidenza Spadolini, diventò prima responsabile dell’ufficio ricezione e assegnazione degli atti parlamentari poi direttore del servizio di segreteria e dell’Assemblea. Sempre su proposta di Spadolini, l’anno è il 1992, divenne vice segretario d’aula, e poi “vicario”.
UN ALTRO PAIO di presidenti del Senato dopo (Scognamiglio e Mancino), Marcello Pera silura il gran ciambellano del Palazzo, Damiano Nocilla, e lui ascende a una delle maggiori cariche amministrative della Repubblica, seconda per importanza solo a quella del segretario generale del Quirinale. Siamo al novembre del 2002. Ambizioso e intelligente, per dieci anni Malaschini tiene in mano la “macchina” del Senato, fino al febbraio 2011. Nei dieci anni, calcolano, la spesa del Palazzo aumenta di quasi il 30%. Gli emolumenti del segretario generale, che nel 2007 l’Espresso calcola in 475 mila euro annui, hanno uno scatto all’insù di altri 60 mila.
Le cronache ce lo raccontano amico del presidente Renato Schifani, con cui, in una pausa natalizia dei lavori parlamentari, vola in vacanza alle Maldive.
Infine, come è costume consolidato, uscito dai ruoli del Senato il nostro è “pensionato” al Consiglio di Stato. Nella propria dichiarazione patrimoniale Malaschini afferma di aver rinunciato per tutta la durata del-l’incarico a quella retribuzione da Consigliere. Nell’ottobre passato, poi, con decisione inedita, addirittura si dimette.
Nell’agosto passato, su richiesta della deputata Pdl Deborah Bergamini, il sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa consegnò all’aula una risposta scritta sulle 10 “pensioni d’oro” erogate dall’Inps. Nella classifica, guidata dall’ex manager Telecom Mauro Sentinelli (che riceve mensilmente la bellezza di 91.337,18 euro lordi), figurano i circa 45 mila euro di Vito Gamberale, o i 52 mila di Mauro Gambaro, già direttore generale di Interbanca. Non ci sono però nè i 43 mila di Malaschini, nè i 31 mila di Giuliano Amato, nè i 40 mila di Lamberto Dini e nemmeno i 27.500 dell’ammiraglio Giampaolo Di Paola, che, ministro del governo Monti (era alla Difesa), denunciò una pensione lorda di 329.441,44 euro l’anno (cui aggiungeva una parte mobile di 29 mila euro per “servizi svolti all’estero”). Al conto manca poi sempre una pensione che per anzianità di servizio e ruoli ricoperti dovrebbe spettare a Gaetano Gifuni, predecessore di Nocilla alla segreteria generale di Palazzo Madama. Gifuni passò infatti dal Senato al Quirinale. E vi rimase, prima come segretario generale, poi nella veste inedita di “onorario” fino al gennaio passato.