Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 12 Martedì calendario

NOCERA, LA VERITÀ ULTRAS “COLPA DI DE LUCA, CI ODIA”


Onore ai diffidati”. È la scritta a caratteri cubitali e runici che ti accoglie appena arrivi a Nocera Inferiore, e capisci che qui il calcio è qualcosa di più di 11 ragazzotti in mutande che ogni domenica scendono in campo per guadagnarsi la pagnotta. Il pallone è danaro, affari, consenso popolare, nella sfera di cuoio si concentrano frustrazioni antiche, rivalità paesane, rancori mai sopiti, rabbie che non esplodono nelle piazze ma sugli spalti. E allora devi andare al “bar Las Vegas”, in un vicoletto a pochi passi dal Municipio con le bandiere esposte, quella dell’Italia (lontana assai da queste lande), e quella dell’Europa (mai vista e nemica), per farti un’idea.
QUESTO è il ritrovo degli ultras – per 20 di loro è scattato il Daspo – qui domenica hanno festeggiato la sconfitta, quei 20 minuti di vergogna nazionale, di non calcio, di annichilimento dello sport con infortuni simulati per non giocare che hanno fatto il giro del mondo. Alle pareti le foto della Nocerina in B, con i tifosi che si tuffano nella fontana del paese e le bandiere rossonere che sventolano. Alla faccia dei “nemici”, quegli odiati “pisciaioli” di Salerno, e gli odiatissimi di Pagani, paese tutt’uno con Nocera Inferiore, nello scempio urbanistico dei paesi dell’Agro Nocerino sarnese. Alla parete la foto di un molosso, il simbolo della squadra, un mastino napoletano enorme, come quello che i Borboni lanciavano contro la cavalleria nemica nelle battaglie. “Ma quali minacce, quali pressioni? Dottò, scrivetelo chiaro, la squadra era solidale con noi e in campo ha fatto quello che doveva fare”. Gino è una sorta di portavoce di questa parte di ultras, quale è difficile dirlo, perché a Nocera l’ala dura dei tifosi è divisa in mille sigle. Ci sono i “Brothers”, i “Massive”, gli “Estranei”, i “Millenovecentodieci” (anno di fondazione della squadra), e finanche i “South Warriors”. “La verità è che noi siamo stati sempre penalizzati, l’anno scorso, ci hanno escluso dalla B e hanno ripescato il Grosseto che era protetto politicamente”. E le minacce? “Ma che dite? Noi non siamo violenti eravamo lì per applaudire, poi però è intervenuto un secondo gruppo e so’ cominciati i dolori. A qualcuno è scappata una parola grossa, una frase offensiva, c’è stato chi ha intonato cori, chi ha detto a qualche giocatore perplesso se scendi in campo ti scassammo ’o mazzo, ma so cose che si dicono”. Minimizzare, buttarla in politica, individuare nemici, questa è la parola d’ordine. Per le risposte non c’è spazio. “Dovevano far giocare la partita a porte chiuse, non entravamo noi e non entravano neppure i tifosi della Salernitana, così ci hanno tolto un diritto”. Nel mirino degli ultras prefetto e questore di Salerno, ma anche Claudio Lotito, il patron della Salernitana voluto da Mara Carfagna e Vincenzo De Luca. “Quella lota (tipica espressione dialettale, non proprio un complimento, ndr) ha pensato solo agli incassi. Lotito, da parte sua, parla a vanvera: “Il derby Salernitana-Nocerina è come una partita tra Israele e Palestina”. È il calcio bellezza, che qui si sposa ad affari e politica. Al bar Las Vegas ti raccontano dell’accordo quasi raggiunto per far giocare la partita a porte chiuse, fallito venerdì sera. “Perché è intervenuto il viceministro di Salerno, Vincenzo De Luca, il sindaco. Quello ci odia e ha voluto la partita a tutti i costi”. Chiediamo del biplano che domenica ha sorvolato l’Arechi con la scritta “Rispetto per Nocera e per gli ultrà”. Chi lo ha pagato? “Noi, ci siamo tassati e abbiamo fatto quest’altra bella protesta”. Tutto pacifico, altro che le cose scritte nei verbali che la Digos presenterà presto alla procura. “Abbiamo filmati e prove che dimostrano in modo chiaro le intimidazioni e le minacce ai calciatori”, dice il questore di Salerno Antonio De Iesu.
I VERTICI della società tacciono, si sono dimessi, sono in silenzio stampa. Tace anche l’ex presidente Giovanni Citarella. È il re del calcestruzzo e detiene ancora la maggioranza delle azioni della squadra. L’anno scorso lo arrestarono per corruzione e turbativa d’asta in una storia di appalti della provincia di Salerno, sul groppone un eterno sospetto di rapporti con la camorra. “Tutta colpa del cognome che porto, nei primi tre anni dalla morte di mio padre ho sempre dovuto interfacciarmi con vari clan della zona: Alfieri, Galasso e De Vivo”, ha raccontato ai giudici. Il papà Gino fu ucciso il 16 dicembre 1990, l’antimafia lo riteneva il collettore delle tangenti del boss Carmine Alfieri, amabilmente chiamato ’o ntufato, l’incazzato. Cose di Nocera, maledizioni di una città destinata a rimanere Inferiore. “E io non ci sto – si ribella il sindaco Manlio Torquato – i violenti vadano puniti, ma non si criminalizzi una città. Perché il sindaco di Salerno, De Luca, non mi ha chiamato nei giorni scorsi? Insieme avremmo potuto calmare gli animi, organizzare una bella festa dello sport, non lo ha fatto. E pensare che quando veniva qui in campagna elettorale parlava di Salerno e Nocera come delle due capitali”.