Valerio Cappelli, Corriere della Sera 12/11/2013, 12 novembre 2013
IL MIO SHAKESPEARE PER ADOLESCENTI
Carlo Carlei è figlio di un ex giocatore di calcio, è nato e cresciuto a Lamezia Terme, in Calabria, dove «l’unica finestra sul mondo era la tv o il cinema, quante volte mi sono sentito come il bambino di Nuovo Cinema Paradiso».
Ha 53 anni, dal 1993 vive in California. Nel mondo anglosassone è un regista stimato e apprezzato per Fluke e, prima, per La corsa dell’innocente . Film che fu strapazzato nel nostro Paese («il produttore Franco Cristaldi era morto e nessuno l’ha protetto»), dove ha comunque firmato fiction di successo sulle vite di Ferrari e Padre Pio. Dice che il business a Hollywood è cambiato, «nelle sale vanno solo remake o sequel da 200 milioni di dollari, i prodotti più originali si fanno per la tv».
Questo italiano non così conosciuto in patria, innamorato di fumetti e fantascienza, è entrato nel sacrario di Shakespeare con un nuovo adattamento cinematografico di Romeo & Juliet (al Festival di Roma fuori concorso). A dirla tutta, ne ha ricavato anche qualche dispiacere. Accanto ai due giovani protagonisti, Douglas Booth e Hailee Steinfeld (nomination agli Oscar per Il Grinta dei fratelli Coen), c’è un bel cast con Damian Lewis (Homeland ), Natascha McElhone, Paul Giamatti, e particine per Stellan Skarsgard (da Bergman a Mamma mia! ) e la nostra Laura Morante.
I giornali, dal New York Times a Variety , hanno rimproverato il «lifting», le sforbiciate, la semplificazione del Bardo. Eppure la famiglia Swarovski, quella del cristallo, per coprodurre il loro primo fim (da 9 milioni di euro) ha affidato la sceneggiatura a un premio Oscar come Julian Fellowes (Gosford Park e l’inglesissima serie cult Downton Abbey ). Fellowes fa notare che le riscritture shakespeariane esistono da quando egli rese l’anima al cielo, «nell’800 ci fu addirittura chi diede un lieto fine a Romeo e Giulietta ». Spingendo la spada nel ventre dei suoi accusatori, Carlei aggiunge che «quello di Shakespeare è un remake, avendo adattato una novella dell’italiano Bandello, che nasceva a sua volta dalla tradizione orale del Medioevo».
Il risultato è che la tragedia amorosa di queste due famiglie di pari nobiltà, girata tra Verona e Mantova con costumi sfarzosi realizzati dalla gloriosa sartoria Tirelli, diventa una sorta di action movie (peccato per la musica dolciastra che non smette di suonare). L’obiettivo del film è di «far conoscere ai teenager la più grande storia mai scritta sul primo amore in maniera accessibile, con un linguaggio moderno e un approccio realistico. A Fellowes le cose andavano troppo bene con Downton Abbey , appena hanno potuto attaccarlo...».
In realtà, hanno mostrato rispetto per l’inglese aulico (thy invece di your per dire tuo). Allora di cosa vi sareste macchiati?
«Abbiamo unito Benvolio, cugino di Romeo, e il servo Baldassarre in un’unica figura che rappresenta una sorta di coscienza morale del film, raccogliendo la testimonianza della storia d’amore. Poi tanti piccoli dettagli, abbiamo scritto la tua bocca anziché le tue labbra . Ci hanno detto che i due ragazzi si innamorano troppo presto, quando noi abbiamo seguito l’originale; oppure il duello con Paride. La verità è che chi ci ha criticato non conosce bene Shakespeare. Al suo tempo non esisteva il cinema, il Bardo sarebbe stato il primo ad apprezzare la sceneggiatura dei suoi dialoghi».
Valerio Cappelli