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 2013  novembre 12 Martedì calendario

GIANRICO TEDESCHI: PORTO IN SCENA I MIEI RICORDI DEI LAGER


Renato, vecchio partigiano e medaglia d’oro al valore della Resistenza, una mattina viene investito da Manuel, bulletto di periferia con spiccate simpatie nazifasciste. Il vecchio si rompe una gamba. Il ragazzo, che guidava senza patente, patteggia col vecchio: «Se non mi denunci, ti faccio da badante». Farà giorno è la novità di Rosa Menduni e Roberto De Giorgi, di cui è protagonista Gianrico Tedeschi, con Marianella Laszlo e Alberto Onofrietti, regia di Piero Maccarinelli. «Io la Resistenza l’ho fatta davvero — sospira l’attore, classe 1920 — e sono stato in campo di concentramento due anni, in Polonia e poi in Germania, perché non avevo aderito alla Repubblica di Salò! Può bastare questo, per spiegare perché ho accettato di interpretare la commedia: il mio personaggio l’ho vissuto». Non a caso gli autori hanno scritto la pièce ispirandosi proprio a Tedeschi. Lo spettacolo debutta il 19 novembre alla Sala Umberto di Roma, dal 3 dicembre al Franco Parenti di Milano. «Erano tempi duri — continua Tedeschi che quest’anno festeggia i 60 anni di teatro —. Prima ho fatto la Campagna di Grecia, ma dopo l’armistizio sono stato fatto prigioniero e deportato».
Ricordi? Sbuffa stizzito: «E chi si ricorda più niente?!». Impossibile crederci, l’allenamento teatrale aiuta: «Sì, ma in palcoscenico qualche aiutino del suggeritore è indispensabile. Del campo di concentramento non dimenticherò mai la fame tremenda: tragica protagonista di quegli anni. Quando sei vecchio a mangiare non ci pensi più, ma a quel tempo ero giovane: lo stomaco vuoto ti dà alla testa». Anche le umiliazioni: «Quella psicologica e morale: la prostrazione in cui versa il prigioniero è l’arma letale del carceriere. Se sopravvivi, quella condizione dell’anima ti accompagnerà per sempre. Il problema della fame lo risolvi, quello psicologico no».
Tra i compagni di prigionia, un personaggio che ricorda molto bene: «Giovannino Guareschi! Intelligentissimo, pieno di idee... Era un po’ più grande di me e mi insegnò un mucchio di cose, mi dava il coraggio di non mollare». Poi la liberazione: «Rammento solo quella specie di treno, una tradotta con cui arrivammo a Trento. Ci buttammo tutti giù dai vagoni e ci inginocchiammo per baciare la terra, la patria. Eravamo ancora vivi, un miracolo... e finalmente tornavamo a casa».
Nello spettacolo il contraddittorio con il giovane nazifascista è a tratti molto duro, ma anche divertente: «Non è un vero nazifascista, ma solo uno che vive in borgata con un sacco di problemi. Tra noi, una sfida senza esclusione di colpi, a volte anche molto bassi».
Il vecchio partigiano e il giovane badante. Tedeschi accetterebbe l’idea di essere accudito, in un lontano futuro, da una badante? Insorge sdegnato: «Neanche per sogno! Sono felicemente sposato con una donna che è anche mia compagna di scena (la Laszlo), il palcoscenico è la nostra quotidianità». Una quotidianità che per Tedeschi dura da 60 anni. Perché decise di fare l’attore? «Da bambino, quando mio padre mi portava a teatro mi annoiavo da morire: per tenermi buono, mi riempivano di caramelle. Poi, adolescente, vidi uno spettacolo di Ermete Zacconi: mi emozionò talmente che...».
Emilia Costantini