vari (vedi testo), Corriere della Sera 12/11/2013, 12 novembre 2013
LE LACRIME DEI CALCIATORI MINACCIATI E LE OMBRE SUI VERTICI DELLA NOCERINA
[due pezzi]
Tradotta in termini di responsabilità penali, la storia degli ultrà della Nocerina che hanno ordinato ai giocatori della loro squadra di non disputare il derby con la Salernitana per protestare contro la decisione del prefetto di non fare accedere allo stadio di Salerno i tifosi ospiti, è roba piuttosto scarsa. Né aggiunge gravità (sempre in termini penali) il fatto che i giocatori abbiano ubbidito fingendo in campo infortuni a raffica fino a lasciare la loro squadra in sei uomini e costringere l’arbitro a sospendere la partita.
La Procura di Nocera ha aperto un fascicolo per violenza privata, reato che non sempre comporta per chi ne è accusato, l’arresto preventivo. La polizia ha individuato già almeno una ventina di persone che hanno fatto parte della delegazione presentatasi dai giocatori della Nocerina prima della loro partenza per Salerno, e oltre alla denuncia, nei loro confronti, così come degli altri che sicuramente saranno individuati a breve, scatterà anche il provvedimento di Daspo (divieto di accedere a manifestazioni sportive, quindi divieto di andare allo stadio) che il questore di Salerno Antonio De Iesu è pronto a firmare.
Oltre ciò l’indagine difficilmente potrà andare. Però potrà contribuire a chiarire certe opacità che ci sono in questa storia, e che anche se non sono reati, potrebbero almeno far vergognare qualcuno.
Per esempio chi ha deciso di far scendere in campo i giocatori della Nocerina con una maglietta, sopra la divisa ufficiale, sulla quale spiccava la stessa scritta riportata sullo striscione che, trainato da un piccolo aereo, ha sorvolato lo stadio Arechi: «Rispetto per Nocera».
La polizia ha individuato le due persone che hanno noleggiato l’aereo, e anche per questi scatterà il Daspo, ma la Nocerina, esponendo lo stesso slogan, ha sposato gli argomenti di chi aveva fatto quello striscione. Come possono convivere le stesse idee in chi, considerato pericoloso per l’ordine pubblico, viene tenuto fuori dagli stadi e in chi invece vi entra da attore protagonista? E ancora: durante la settimana che ha preceduto il derby del girone B di Lega Pro, i funzionari della questura di Salerno, si sono ripetutamente incontrati con i dirigenti della Nocerina, proprio per ragionare sui rischi che la partita comportava. Mai ai poliziotti sono state segnalate pressioni da parte di gruppi del tifo organizzato. Eppure già le primissime indagini hanno consentito di accertare che quello di domenica al ritiro non è stato il primo incontro tra giocatori e ultrà: almeno un altro, risalente a venerdì o sabato, è avvenuto sicuramente, e già in quell’occasione i tifosi hanno intimato ai calciatori di far saltare la partita con la Salernitana.
Ma questo viene fuori adesso, quando è successo, invece, nessuno della Nocerina ha pensato di informarne la polizia. Ora la società è muta, e gli unici che straparlano, gonfi di orgoglio, sono i tifosi della Nocerina attraverso il sito internet di riferimento (www.forzanocerina.it). «La nostra verità» è il titolo del post in cui si legge che «nessuno ha minacciato nessuno. È stato semplicemente chiesto al mister e alla squadra un gesto eclatante, che facesse parlare l’Italia intera, un gesto che desse voce all’ingiustizia subita dai tifosi molossi a cui preventivamente e senza alcuna prova d’appello, è stata negata la trasferta dell’Arechi».
E ora che quel gesto l’hanno fatto, i giocatori diventano, nella considerazione dei loro tifosi, «immensamente grandi e nocerini a tutti gli effetti. Undici molossi che non hanno agito così per paura ma per dimostrare che la vera farsa era non avere il sostegno del proprio pubblico».
Concetti che non sono frutto soltanto del pensiero ultrà. Perché le stesse cose, seppure con toni diversi, le dice il sindaco di Nocera Inferiore Manlio Torquato: «Mi pare prematuro dire che le cose sono andate in una certa maniera e che ci sia un nesso tra le eventuali minacce dei tifosi e la scelta dei calciatori di non giocare la partita. Non si può escludere, infatti, che ci sia stata una forma di solidarietà verso la tifoseria».
F.B.
CITARELLA, IL BOSS DELLA SQUADRA TRA CEMENTO, APPALTI PILOTATI E IL PADRE UCCISO DALLA CAMORRA–
Se le cose sono andate come appaiono, o se sono andate solo come appaiono, allora significa che non soltanto i giocatori protagonisti della sceneggiata in campo hanno ubbidito ai tifosi, ma anche l’intero staff della Nocerina, quello tecnico e quello societario. E certo al momento questo risulta. Infatti nell’inchiesta della Procura di Nocera sia i dirigenti che tutti gli altri tesserati vengono indicati come parti offese. Quindi anche Giovanni Citarella, il padrone della Nocerina, di cui è stato fino allo scorso anno presidente e oggi ne è amministratore unico. Sorprende immaginarlo che piega la testa di fronte alle pressioni di un gruppo di ragazzotti esaltati, che , per dichiarazione del questore di Salerno Antonio De Iesu, non hanno alle spalle organizzazioni camorristiche ma al massimo, a giudicare dalle prime identificazioni cui sono giunte le indagini, qualche quarantenne sfaccendato ed esaltato come loro.
E questa gente avrebbe dovuto far piegare la testa, e indurlo all’obbedienza, a Giovanni Citarella, uno che nella vita ha operato spesso ai confini della legalità oltrepassandoli in più di una occasione.
Se la Nocerina esiste, se è una squadra di calcio professionistico e non una banda di ragazzini che si danno appuntamento la domenica mattina su qualche campetto spelacchiato, lo si deve sicuramente al fallimento, nella stagione 2010-2011 di molte squadre di Lega Pro che ne consentì il ripescaggio dalle categorie inferiori in cui era precipitata, ma lo si deve anche a lui, che in quella stagione ne era il presidente e da presidente la portò fino alla serie B, con grande orgoglio di campanile per aver ottenuto ciò che in quegli anni era negato alla Salernitana e che addirittura mai era stato possibile agli altri antichi rivali: la Paganese.
Nella gestione della squadra di calcio, Citarella portava la sua determinazione di imprenditore del calcestruzzo con grandissime capacità di aggiudicarsi sempre i migliori appalti pubblici banditi dalla Provincia di Salerno, e anche la sua storia di uomo che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Questo lo testimoniano non gli amici e nemmeno i nemici, ma una sentenza del tribunale che lo riconobbe colpevole di aver avuto un ruolo, seppure marginale, nel tentativo di omicidio di un uomo che nel 1990 avrebbe preso parte all’omicidio di suo padre, Gino Citarella, considerato vicino al potente boss camorristico Pasquale Galasso.
Giovanni sconta la condanna, torna libero e torna al suo lavoro di imprenditore del calcestruzzo, ma nel 1997 la magistratura torna a occuparsi di lui, e stavolta in un’inchiesta in cui viene indagato per associazione mafiosa. Mentre è in carcere gli vengono sequestrati beni per trenta miliardi di lire, intestati a lui, ai fratelli Giovanni, Anna, Christian e Nadia e alla madre. Alla fine però ne esce pulito e quell’impero, quindi, non viene mai confiscato.
Una condanna, però, non tarda ad arrivare, ed è lui stesso a patteggiarla (tre anni) quando finisce sotto processo per una storia di appalti pilotati. Gli appalti sono il core business della holding Citarella. Giovanni, i fratelli, il cugino e altri imprenditori amici avrebbero creato un cartello di imprese che per anni sarebbero riuscite ad aggiudicarsi tutti i lavori più importanti finanziati con soldi pubblici. Sulla condanna, però, non si è ancora pronunciata la Cassazione, dove pende un ricorso del legale di Citarella, l’avvocato Michele Sarno.
E ancora da definire è anche la sua posizione nell’ambito di un’altra inchiesta su presunti fondi neri che, proprio in qualità di presidente della Nocerina avrebbe utilizzato nelle operazioni di compravendita dei calciatori.
Certo è che lui con la Nocerina, a fronte di risultati sportivi che in passato sono stati anche brillanti, non ha portato a casa bilanci con il segno positivo. Anzi, i conti sono sempre in rosso e l’iscrizione al campionato in corso è stata possibile solo grazie all’intervento (per 130 mila euro) del Comune di Nocera, quello stesso Comune il cui sindaco, è ora schierato a difesa di squadra e società dopo la farsa di domenica all’Arechi.
Ma forse è proprio nella presentazione del suo impegno nel calcio, che Citarella ostenta con orgoglio sul sito della Nocerina, la spiegazione di quella scelta antisportiva fatta per mantenere consenso in città: «Per la famiglia Citarella i risultati non si raggiungono solo sul campo, ma anche nel contribuire alla crescita economica e sociale della comunità per il tramite del risultato sportivo stesso. La Nocerina coinvolgerà l’intero territorio. Essere vicini alle fasce più deboli così come ai tifosi e agli appassionati di calcio in generale: sarà questa la sfida che la Nocerina non vorrà mai perdere».
I due principi fondamentali espressi nella «corporate mission» della società, come la definisce il loro sito, sono: «etica e rispetto dei conti». Appunto.
Fulvio Bufi
Mario Gerevini