Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 12 Martedì calendario

EDISON E LA LUCE (ELETTRICA) FU– [UNA VERA START UP MA DI FINE OTTOCENTO]


Oggi la chiameremmo una start up. Una tecnologia nuova, inventata in America e diventata subito l’ossessione di tutto il mondo. Un ingegnere- imprenditore-professore, Giuseppe Colombo, che convince un gruppo di banche a investire sulle potenzialità industriali di queste strane macchine in grado di far correre la sostanza stessa dei fulmini su cavi e addomesticarla per illuminare e riscaldare. Durante un’estate milanese di 130 anni fa, la notte in Italia fu per sempre un po’ meno scura. La modernità arrivò sotto forma di quattro dinamo capaci di illuminare il teatro Manzoni il 28 giugno 1883: “Finalmente! Dopo tanti dubbi e tante esitazioni abbiamo anche noi un teatro illuminato a luce elettrica”, scrisse il cronista sul Secolo. “Le signore nervose sono soddisfatte: esse potranno tornare ai teatri che avevano disertato per paura del fuoco distruttore, e sfoggiare le loro acconciature (...)”.

“ Anzitutto si ha una luce così superiore a quella del gaz da non potersene fare, neppure lontanamente, il confronto: in secondo luogo si ha la luce senza il calore e l’odore inevitabile al gas”. Sei mesi dopo l’illuminazione era garantita per tutta la notte a caffè, strade e al crescente numero di clienti. La sera del 26 dicembre ci fu la prima “elettrica” della Scala, con La Gioconda di Amilcare Ponchielli. Dopo pochi anni i tram elettrici sostituirono quelli trainati da cavalli. Edison ha accompagnato da allora il sogno dello sviluppo industriale e la promessa del benessere diffuso ad esso connesso. Al tradizionale comparto tessile - cotone, lana, seta e canapa - si affiancò l’industria: Giovanni Battista Pirelli, un allievo di Colombo, venne da questi indirizzato allo studio del “caoutchouc”. Crebbero la siderurgia delle Acciaierie di Terni, le fabbriche meccaniche dell’Ansaldo e della Breda. Fece il salto dimensionale la trasformazione alimentare: Agnesi, Barilla, Buitoni e Cirio. Apparve dal nulla un talento italiano nella farmaceutica, a partire dalla milanese Carlo Erba; e nella chimica, con la costituzione nel 1888 della Società Anonima delle Miniere di Montecatini.
Nell’ultimo decennio del secolo XIX la frontiera fu “la sostenibilità”: affrancarsi dal carbone importato grazie a fonti autarchiche come fiumi e bacini alpini e il gas dei giacimenti padani. Lo sforzo sul primo fronte si può pesare oggi considerando che gran parte di quegli impianti, come la centrale Edison “Bertini” sull’Adda (inaugurata nel 1898) sono ancora funzionanti e che dopo più di un secolo quasi il 50% della nostra produzione rinnovabile nasce ancora dalla dote di idroelettrico accumulata fino agli anni Sessanta del Novecento. Nel gas sono targate Edison le prime concessioni di ricerca sul suolo nazionale e il servizio di distribuzione alle famiglie di Milano sin dal 1931.
Sul filo dell’elettrificazione del Nord industriale e del resto del Paese si possono leggere tutte le vicende italiane del secondo Novecento: la distruzione della Seconda guerra mondiale, la ricostruzione grazie al Piano Marshall fino al boom economico quando la domanda di energia cresceva dell’8% all’anno. Il cammino parallelo tra Edison e Italia (raccontato, tra gli altri, da un giovane documentarista/dipendente chiamato Ermanno Olmi) s’interrompe nel ’62 con la nazionalizzazione e la nascita dell’Enel. Edison si fuse con la Montecatini per cercare nuove glorie nella chimica e diventando man mano una conglomerata protagonista di tutte le vicende finanziarie nazionali per i successivi 30 anni. Dell’antico seme elettrico rimase una piccola società quotata, la Selm, che garantiva l’autoproduzione. Proprio da quel parco centrali è ripartita la seconda vita di Edison, che negli anni Novanta ha approfittato della liberalizzazione del mercato per una nuova ondata d’investimenti. Protagonista questa volta il gas: le decine di centrali a ciclo combinato di nuova costruzione hanno portato il parco centrali italiano a livelli d’eccellenza europea. In questi vent’anni Edison è diventata il secondo operatore del Paese con una capacità installata di 7,7 GW (111 impianti fra idroelettrico, termoelettrico e rinnovabili), un portafoglio gas pari al 19% circa del fabbisogno nazionale, una produzione di idrocarburi di 53mila barili al giorno, riserve pari a 361 milioni di barili di olio equivalente e una capacità di stoccaggio pari a 640 milioni di metri cubi di gas (4% della capacità nazionale).
«Edison è pronta a giocare un ruolo centrale nel sistema energetico del Paese. Fedeli ai nostri 130 anni di storia», spiega Bruno Lescoeur, amministratore delegato della compagnia. «Oltre a ciò il nostro piano di investimenti prevede l’incremento della produzione di idrocarburi attraverso lo sviluppo delle proprie concessioni in Italia e all’estero. In Italia stiamo completando la realizzazione di diversi impianti di stoccaggio gas, opere strategiche per la sicurezza del sistema energetico nazionale, e stiamo ottimizzando il nostro portafoglio gas attraverso relazioni di lungo periodo con alcuni dei principali Paesi produttori. In questo quadro si inserisce la missione di Edison come piattaforma del gas per il gruppo Edf». Infatti l’ultima incarnazione dell’azienda parla francese, controllata da Edf, in un mercato ormai aperto e completamente europeo, anche perché i problemi hanno dimensioni continentale e globale: «La più importante sfida che stiamo affrontando è quella della competitività dell’energia», insiste Lescoeur. «Una recente analisi della Fondazione Edison ha ben evidenziato il cuore della questione: nel 2012 il deficit commerciale dell’eurozona relativamente ai prodotti energetici è stato di 356 miliardi di euro a fronte di un costo del debito pubblico inferiore ai 300 miliardi. Questo significa spendere più nell’import di energia che in interessi sul proprio debito. L’Italia paga ogni anno una bolletta energetica di 60 miliardi di euro».
Le risposte vanno cercate sulle stesse frontiere esplorate da Colombo: ricerca tecnologica, maggior sfruttamento dei giacimenti tradizionali e non convenzionali di gas, efficienza e risparmio, decentralizzazione di produzione e consumo, reti intelligenti. Sfide del presente e del futuro dove servono visione, innovazione, voglia di rivoluzionare il mondo e, nel caso di Edison, può aiutare l’esperienza di chi lo sta già facendo da 130 anni.