Grazia Longo; Jacopo Iacoboni, La Stampa 12/11/2013, 12 novembre 2013
PAOLINI, I MINORI ABUSATI “ERA UNO FAMOSO IN TV”
[due pezzi]
C’è una sorta di follia oltre lo squallore del molestatore tv Gabriele Paolini, 39 anni, arrestato per «induzione alla prostituzione minorile e produzione di materiale pedopornografico». E sta tutta nel contrasto tra il mercanteggiare e le pressioni psicologiche sui sedicenni in quell’orribile scantinato - «Dai non fare il razzista», «Abbiamo fatto 30 euro, girati un attimo» - e l’impassibilità e il disincanto delle affermazioni dei due studenti romani che si vendevano tra i 15 e i 50 euro a incontro.
«Paolini è una persona famosa della tv, ne parlavamo anche con i nostri amici - hanno raccontato ieri al pm Claudia Terracina in un’audizione protetta, alla presenza di uno psicologo -. Con lui siamo anche andati a giocare a bowling e ci ha pure portato a casa dei suoi genitori e il padre ci ha insegnato a giocare a briscola».
Ecco, questo raccontano lo studente liceale e quello dell’istituto tecnico. Contattati dall’incursore tv via chat - come molti altri minorenni in via di identificazione filmati da settembre 2012 - sono stati ripresi dalla telecamera sistemata nello scantinato, accanto a una pila di libri e di mobiletti incellophanati, con un telo per terra al posto del letto, sono presenti in diversi dei 110 files (94 foto e 16 video) sequestrati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma. Paolini aveva consegnato il materiale da stampare e da masterizzare in un laboratorio fotografico romano che lo ha a sua volta spedito ad un centro di Riccione. E da qui è partita la denuncia all’Arma. Il resto è perversione pura con Paolini che chiede non gli si alzi il prezzo stile «tassametro del taxi» e insiste con un «fidati, non faccio nulla, non penso nulla» e il ragazzino che alza la posta «a 45 euro all’ora...». Come non bastasse c’era pure il consumo di droga. «Poi Angelo ce n’ha sette?», chiede Paolini «Di grammi», risponde il ragazzo. E ancora il trentanovenne: «Quindi ne prendiamo un po’ di più?». «Ehh!», aggiunge il giovane. Nelle 14 pagine dell’ordinanza, il gip Alessandra Tudino, sottolinea come Paolini «non solo non ha esitato ad indurre diversi minorenni ad atti sessuali mercenari, ma ne ha documentato le prestazioni con l’intento di diffondere il materiale». Tra i giovanissimi adescati ha un nome anche uno studente sedicenne romeno. Ma i carabinieri stanno lavorando su molti altri adolescenti disposti a concedersi a Paolini per poter acquistare una ricarica del cellulare o un paio di jeans griffati.
Grazia Longo
QUEL GIORNO SOTTO LA REDAZIONE “MI BATTO CONTRO LA PEDOFILIA”–
Da qualche anno - almeno dal 2010, quando venne sotto la sede della Stampa e si denudò per lanciare, disse, «una battaglia contro la pedofilia» - Gabriele Paolini s’è convinto d’essere una reincarnazione di Pasolini. È tragico ma è così, parole sue. Fece uno show, scendemmo e ci parlammo, una specie di seduta analitica, e partì un suo torrenziale monologo che si concluse così: «Io farò la stessa fine di Pasolini, anch’io do fastidio e mi faranno fuori, prima o poi. Spero solo tra qualche anno, una decina d’anni». È quasi come se avesse voluto anche la più terribile delle accuse che adesso gli verranno rivolte dai magistrati: quella di adescare minorenni, pagarli 50 euro per prostituirsi, e filmarli. Filmarli perché quello è stato sempre, innanzitutto, Paolini: la necessità di un pubblico. La realtà come rappresentazione nella quale alla fine non è che si raccapezzasse più granché.
Anche l’attore più mediocre dovrebbe conoscere il momento e il modo in cui lasciare la scena. Paolini no. Non sapeva più come uscirne né come rientrarci. E’ stato, per anni, quello che sbucava col preservativo dietro ogni giornalista televisivo, ogni politico, in ogni evento para-mondano. È entrato nel Guiness dei primati perché è riuscito a raggiungere le 18765 comparsate rubate in tv, una mania assurta a triste controcanto di un’Italia politica deprimente eppure paradossalmente sovraesposta. Se accettavamo in tv la sfilata dei nostri politici poteva pur starci dietro, pendant e controcampo, l’assurda icona di Paolini a rompere le scatole, patetico eppure comico, sempre con la sensazione e storie di disagio addosso, che lui raccontò così: «Fu la mia sorella a cui tenevo di più a farmi ricoverare sei giorni a Moncalieri nel reparto di psichiatria, nel 2007. Le ho chiesto sei milioni di euro di danni, uno per ogni giorno che m’hanno tenuto lì». Sostenne che il padre una volta gli diede del «depravato» e «gli feci causa, papà era uno che quando vedeva i film di Alvaro Vitali alla tv copriva il televisore con le mani...». Arrivò a narrare di sé di presunte violenze subite a sua volta da bambino, «a tredici anni, da un prete, sulla spiaggia di Capocotta, stabilimento dar Zagaglia». Storie talmente romanzate da risultare più che dubitabili, naturalmente, ma questo per dire quale tipo di psicologia ci si spiattellava tutte le sere, quando lo vedevamo sbucare magari a Sanremo, o al tg1, o sulle reti del Cavaliere.
Sostenne che Rai e Mediaset combinavano e remuneravano le sue performance. «Tutti mi chiamavano, Mauro Mazza, Romita, Giorgino, persino Fede, al quale diedi del cornuto in tv; ricordate quando a Sanremo del ‘97 sbucai dietro la Carlucci e Magalli dal di dietro del cammello? Il lasciapassare me l’aveva dato un alto dirigente Rai. Antonio Ricci voleva farmi fare l’inviato di Striscia, ma io non sono un inviato, sono un situazionista». Ovviamente tutto senza prove, il fatto è che negli anni è riuscito anche in cose ardue, varcare ogni servizio d’ordine del festival e apparire in tv in grembo a Baudo, presentarsi a un metro da Papa Giovanni Paolo II, avvicinare Madre Teresa. Oppure ottenere capitoli in libri colti di psicopolitica come quello di Filippo Ceccarelli, dove le sue celebri incursioni col preservativo vengono dettagliate assieme alle risposte - a volte da leggenda - dei politici. Franco Marini di fronte all’arcano oggetto disse «che me ne faccio?», Cossiga «oh no, per carità, lo dia a qualcuno più giovane di me», D’Alema ovviamente «ce l’ho già». Frajese lo prese a calci. Magalli disse «magari l’avesse usato tua madre, ai suoi tempi...». Piccoli segni di un impazzimento pubblico, e di una psicologia che ci ha fatto anche mestamente sorridere e rischia di finire a piangere da sola.
Jacopo Iacoboni