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 2013  novembre 12 Martedì calendario

A NOCERA LA DITTATURA DEGLI ULTR


«Ti taglio la capa che è, ‘na minaccia?». Già. Ti spaventi quando qualcuno ti aggredisce sbraitando che ti mozza la testa se scendi in campo contro la Salernitana?
«Solo se sei un ragazzo. Un professionista vero non si farebbe condizionare. Però capirebbe il messaggio» E qual è - quale doveva essere - il messaggio? «Rispettate la nocerinità. È una questione di maglia, dunque d’onore». L’onore. La maglia. La nocerinità. Il senso di appartenenza a una comunità in cui il pallone e la politica camminano da sempre fianco a fianco. Meno di cinquantamila persone, seimila e cinquecento delle quali in possesso della tessera del tifoso (e dunque identificati o identificabili in ogni stadio nostrano). La percentuale più alta del Paese. Il calcio è consenso. Una colla che lega ogni cosa. Un matrimonio antico. Nella buona e nella cattiva sorte.
Italia, ventunesimo secolo, lunedì, prima periferia di Nocera. Vento. Pioggia. Casoni scrostati che si arrampicano sui cavalcavia. Cani che abbaiano in lontananza. Seduto a un tavolino del Caffè Pucciarelli, Pino Alfano, consigliere comunale con la delega allo Sport («di fatto sono l’assessore da un sacco di anni»), un passato da indipendente con simpatie per il Pd e ora vicino al sindaco di destra Manlio Torquato, si stringe nel giubbotto di pelle marrone. Ha le spalle larghe di chi si dedica alle arti marziali - «mi difendo ancora» - i modi spicci dei poliziotti di frontiera messicani. E’ un ultrà. Forse il più noto. Uno dei fondatori del gruppo «Estranei alla massa», nato nel 1992, amici del Toro e del Bologna. «Ero giovane. Avevo la testa calda e facevo a cazzotti. Viso a viso. Senza coltelli. A mani nude. Le ho prese e le ho date. Ma adesso no. Mai avuto un Daspo - il provvedimento che impedisce l’accesso agli stadi per fatti violenti - e non voglio cominciare ora». Non vuole. Ma anche lui domenica mattina era lì. Al residence Mercato San Severino, ritiro e alloggio dei giocatori della Nocerina. Mancavano tre ore al derby con la Salernitana quando è arrivato con altri centocinquanta ultrà. Eccitati. Gridavano: «Onorateci», con l’orgoglio retorico di chi è convinto che ogni cosa presto sarà inondata di splendore. E tutto sarà chiaro. O brucerà. Quando i giocatori sono usciti in strada quelli, gli ultrà, hanno cominciato a diventare aggressivi. Li hanno schiacciati sul pullman. «Onorateci, onorateci, onorateci». Un incubo. Ma che cosa volevano dire? Volevano dire che per ragioni di ordine pubblico ai tifosi della Nocerina era stato impedito l’accesso allo stadio di Salerno. Un derby atteso 27 anni. Una rivalità, quasi tribale. E i tifosi costretti a restare fuori. Un insulto. Intollerabile. «Se noi non possiamo venire, voi non dovete giocare». I calciatori sono sbiancati. Molti di loro hanno appena vent’anni. Qualcuno anche meno. Tremavano. I filmati della polizia mostrano le minacce con chiarezza. Uomini con spalle da scaricatore di porto e la testa rasata che alzano le mani. Le mettono al collo di questi atleti-bambini da mille euro al mese che sotto l’onda d’urto sembrano cadetti rammolliti a bordo di un sottomarino. Una cosa più grande di loro. «Se mettete piede in campo siete morti. Lo Stato ci offende impedendoci di essere presenti e voi dovete stare dalla nostra parte. Ci dicevano cose così», racconta un atleta-bambino arrivato dal Nord. «Sono qui in prestito. Non voglio guai. Se il mio nome esce sono rovinato. Me la sono fatta sotto. Picchiavano i pugni sul pullman. C’erano esplosioni. Fumogeni. Troppo per me». Troppo per chiunque, anche se nei verbali della polizia nessuno ha raccontato delle minacce di morte. Arrivato negli spogliatoi il ragazzo del Nord si è messo d’accordo con i compagni. «La impediamo noi la gara». Tre sostituzioni in cinquanta secondi. Poi cinque infortuni simulati. Fine partita. Fine di ogni cosa. Eppure Pino Alfano nega che ci siano state pressioni. «Abbiamo solo detto: non c’è festa senza musica. E noi tifosi siamo la musica». Tutto qui? «Tutto qui. Se qualcuno è andato oltre io non lo so». Lui no. Ma il questore di Salerno, Antonio De Iesu sì. «Una parte della tifoseria è malata. E’ gente che esorcizza la mediocrità del proprio essere con comportamenti di questo tipo», dice annunciando 20 Daspo.
In questo intreccio insano il sindaco di Nocera si schiera dalla parte degli ultrà e della squadra. «La loro è stata una forma non cruenta di disobbedienza civile», dichiara senza vergogna. Lasciando capire che la città si sente discriminata. Proprio come raccontano nei bar. «A Salerno hanno ospitato i tifosi del Napoli. E persino del Verona. Rivalità pericolose. Perché noi no?». Sindaco, tifosi, giocatori, società, bar. Tutti assieme in questo conflitto surreale. E come se non bastasse nei discorsi della città che aspetta il derby con la Paganese (quello più sentito) torna in ballo la politica. Il sindaco Pd di Salerno, De Luca, che amerebbe fare dispetti al patron della Nocerina, Giovanni Citarella, costruttore edile vicino a Edmondo Cirielli, bandiera locale del Pdl. Favole? Di sicuro lo specchio di un mondo che ha lasciato una parte di sé nella preistoria.
Davanti alla sede della Nocerina il direttore sportivo Pavarese, racconta che oggi la squadra tornerà in campo. A porte chiuse. Come le bocche. «Ma una cosa la voglio dire: è facile parlare quando non si è parte in causa. Io l’ho visto lo choc negli occhi dei ragazzi. Voi no». Fa un freddo cane. E’ tutto sbagliato. I modi, il senso, la misura, mentre tra un lembo della notte e l’altro rimbalza l’epigrafe angosciante del consigliere-ultrà Pino Alfano. «Ti taglio la capa che è, ‘na minaccia?».