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 2013  novembre 12 Martedì calendario

ANCHE LA GERMANIA FINISCE SOTTO ACCUSA “SURPLUS ECCESSIVO”


Anche la Germania corre verso il registro dei cattivi di casa Ue, tutta colpa del presunto eccessivo egoismo nel gestire la straordinaria competitività del suo sistema produttivo. «Un aumento della domanda interna tedesca aiuterebbe a ridurre le pressioni al rialzo del cambio dell’euro, facilitando l’accesso ai mercati globali degli esportatori della periferia», sostiene Olli Rehn, responsabile europeo per l’Economia che lascia immaginare ciò che molti attendono: domani la Commissione dovrebbe unire Berlino al gruppo dei Paesi «sotto inchiesta approfondita» a causa degli squilibri di parte corrente. In pratica, perché vende più di quanto compra dai partner, nonostante la congiuntura favorevole e la ricchezza nazionale diffusa.
È l’altra faccia della sorveglianza economica che i Trattati affidano all’esecutivo comunitario. Ci sono gli squilibri di ha i conti fuori controllo e mette gli altri in pericolo, come quelli di chi va troppo bene e ottiene lo stesso risultato. Nel caso della Germania è l’enorme surplus commerciale a essere oggetto di contestazione. Dal 2007 è stabilmente oltre il 7% del prodotto interno lordo. Così, mentre una buona parte dell’Unione arranca, c’è chi imputa ai tedeschi di esportare prodotti senza importarne abbastanza, di non consumare a sufficienza, rendendo così più insidioso il ritorno dalla doppia recessione, soprattutto nei paesi soci del club della moneta unica.
Dare il via al percorso dell’«analisi approfondita», secondo Rehn, «è un modo per avere un dialogo concreto sui fatti per poter identificare i potenziali problemi e affrontarli di conseguenza». Sul suo blog il finlandese ha scritto che «non ci devono essere tabù, perché questo non aiuterebbe né la Germania, né l’Europa». Lo chiedono gli Usa e parecchi paesi della zona euro, Francia e Italia in testa. «La stabilità interna della Germania ha senso se aiuta la crescita e la stabilità in Europa», ha detto ieri a Malta il premier Enrico Letta. Messaggio chiaro.
In settembre il surplus commerciale corrente tedesco è salito a 19,7 miliardi, oltre l’8% del Pil 2012 e ben oltre la soglia del 6% sulla media dei tre anni oltre la quale, secondo Bruxelles, il saldo diviene eccessivo. «La Germania deve fare i suoi compiti», ha affermato la scorsa settimana a Francoforte il presidente della Commissione, José Manuel Barroso.
L’«analisi approfondita» metterebbe in moto un meccanismo che porterebbe a delle raccomandazioni precise, anche se iil loro mancato rispetto non scatenerebbe delle sanzioni. Una dichiarazione della Commissione che accompagna l’impianto del «Six pack», le norme per il coordinamento delle politiche economiche varate nel 2011, sottolinea che «ampi e sostenuti surplus non sollevano preoccupazioni per la sostenibilità del debito esterno o per la capacità di finanziamento che può mettere a rischio il funzionamento dell’Eurozona». Dunque niente punizioni. Guarda caso, fu proprio Berlino a spingere per la precisazione, scongiurando possibili multe sino allo 0,1% del Pil.
I tedeschi non sono d’accordo. La difesa è che dal 2007 hanno più che dimezzato il surplus delle partite correnti coi partner euro. Stando all’analisi diffusa nella primavera scorsa dalla Bundesbank, tra il 2008 e il 2012 l’attivo è sceso da 4,5 al 2,5% del Pil. Dati facili da spiegare, per Berlino: l’export è calato per la crisi dei Paesi europei; l’import è aumentato perché la Germania compra, materie prime e semilavorati che sfamano l’industria nazionale.
Rehn lo sa, ma ha un punto di vista diverso: «I colli di bottiglia che impediscono la crescita della domanda vanno eliminati», sostiene. Vuol dire «che occorrono le condizioni per una crescita dei salari che sostenga la domanda interna, ad esempio riducendo l’alto livello di imposizione, soprattutto per chi guadagna meno». Meno tasse per i tedeschi e più consumi per tutti, ecco la logica.
Senza sanzioni, e coi tedeschi, tutto questo rischia però d’essere solo una polemica incendiata con la paglia.
[M. ZAT.]