Francesca Caferri, D Repubblica 8/11/2013, 8 novembre 2013
I DUE VOLTI DI MRS. ASSAD
La sua ultima incarnazione la mostra vestita in maniera semplice, T-shirt grigia con la stampa della bandiera nazionale, scarpe basse e capelli raccolti, mentre abbraccia le madri e le vedove dei militari uccisi. «Ero qui ieri, ci sono oggi e ci sarò domani: mio marito e i bambini sono qui, io sono con loro». Se qualcuno mai avesse avuto dubbi su quale fosse la posizione di Asma al Assad, affascinante moglie del presidente Bashar, sulla guerra civile che da due anni insanguina il suo paese, l’ultimo video diffuso dalla presidenza siriana toglie ogni dubbio: la bella 38nne è a fianco del marito, il leader che l’Occidente accusa di essere responsabile di buona parte degli oltre 100 mila morti dall’inizio del conflitto a oggi.
Dopo essere sparita a lungo lo scorso anno – si disse fosse fuggita o incinta – Asma qualche mese fa, senza spiegazioni, è tornata sulla scena: le foto di lei che consola bambini, serve zuppe ai poveri, assiste profughi hanno invaso l’account Instagram della presidenza siriana, sostituendo quelle in tacco 12 Louboutin e abiti Chanel che l’avevano resa un’icona di stile prima che il vento della primavera araba arrivasse a Damasco.
Ma chi è la donna che nel bene e nel male catalizza l’attenzione quando si parla di Siria? Nata a Londra, figlia di un noto chirurgo e di una ex diplomatica, Asma – o Emma, come si faceva chiamare – cresce in Gran Bretagna: studia al King’s College si laurea in Informatica, per entrare poi alla banca d’affari JP Morgan.
È ai primi gradini di una carriera che si prevede in rapida ascesa quando inizia a frequentare un amico di famiglia di dieci anni più anziano che aveva conosciuto quando lui studiava oftalmologia nella capitale inglese. Dal tempo dei primi incontri però il destino dell’uomo è cambiato: dopo la morte del fratello Basil in un incidente d’auto, nel ‘94, Bashar al Assad è proiettato ai vertici della politica di Damasco. Nel giugno 2000 muore suo padre, Hafez, Bashar eredita il potere e a ottobre diventa presidente. Asma lascia il suo lavoro a Londra a novembre, torna in Siria e a dicembre lo sposa. Cerimonia privatissima, senza foto per la stampa: ci vorranno mesi prima che la nuova First Lady faccia la prima apparizione pubblica. Un tempo usato, spiegherà poi lei, «per girare in incognito il Paese, visitare i villaggi, parlare con la gente senza che sospettassero chi fossi». La base su cui costruire quelle attività caritatevoli che diventeranno il suo marchio di fabbrica.
Quando finalmente appare in pubblico, Asma conquista il mondo: bella, elegante, imbevuta di valori occidentali, amante del lusso ma mai eccessiva, è l’alter ego ideale di un presidente che dice di voler modernizzare uno dei più sanguinari e opprimenti regimi della regione. Lui promette riforme, lei lavora con i giovani per un futuro migliore. Con il tempo, tre bambini arrivano a completare la famiglia e da tutta Europa iniziano a fioccare i riconoscimenti per la First Lady: solo in Italia, Asma viene insignita della Medaglia d’oro della presidenza della Repubblica per l’impegno umanitario e di una laurea Honoris Causa in archeologia a La Sapienza di Roma per quello culturale. I servizi sui suoi progetti e la sua vita occupano pagine e pagine sulla stampa europea e americana, «è un raggio di luce in un Paese pieno di ombre», scriveva Paris Match. E cosi via fino ad arrivare al famigerato “La rosa di Damasco”, titolo di un imbarazzante ritratto apologetico su Vogue America uscito proprio all’inizio della rivolta e ben presto ritirato dal sito web della rivista.
Da allora l’enigma Asma si è svelato in tutta la sua ambiguità: quelli che si aspettavano che dopo lo scoppio della rivolta prendesse le distanze dal marito sono stati delusi. È rimasta li, ha cambiato pelle ma non troppo; via i tacchi e gli accessori griffati, ma solo in pubblico. Qualche mese fa, con i combattimenti alle porte di Damasco, la stampa inglese ha pubblicato le mail con cui ordinava merci di lusso per centinaia di migliaia di sterline. I suoi beni all’estero sono stati congelati, così come il suo passaporto britannico.
«Non capisco, questa donna viene dai nostri stessi valori, eppure resta al fianco di un dittatore sanguinario che spara sulla sua gente», c’è ancora chi sussurra nei circoli diplomatici. Ma chi la conosce bene non si meraviglia: «Non c’è nulla di cui stupirsi. Asma è oggi quello che era ieri», spiega Donatella Della Ratta, esperta di Siria che nel Paese ha vissuto a lungo, «per anni ha incantato gli occidentali usando in modo superbo il loro stesso linguaggio: ha parlato di giovani, di sviluppo, di enpowerment. Ma le sue ong insegnavano ai giovani a crescere solo entro a certi limiti, a non sfidare le autorità. Il suo era un progetto di controllo, più che di cambiamento».
A Damasco non tutti sono d’accordo: «La First lady si sta impegnando moltissimo per chi soffre», dice Maria Saadeh, deputata che fa parte della cerchia ristretta dei presidente, «è vicina alla gente come non mai: noi che eravamo soliti incontrarla spesso non la vediamo da mesi. E sempre in giro, a consolare vedove O aiutare bambini». Una narrativa totalmente contrapposta, come tutta quella che riguarda la Siria di oggi: una crisi con due facce, dove arrivare alla verità è una sfida quasi impossibile.
Su una cosa però detrattori e sostenitori sono d’accordo: Asma al Assad è una donna intelligente, affabile, brava ad ascoltare e ad accogliere le idee migliori e usarle a suo vantaggio. Difficile capire quale sia questo vantaggio ora, e soprattutto se tutto questo basterà a salvarla dall’etichetta di Maria Antonietta d’Oriente che si è guadagnata in questi mesi.