Alberto Di Majo, Il Tempo 10/11/2013, 10 novembre 2013
«BASTA CON CHIACCHIERE E LITIGI PD E PDL USINO I MIO MANUALE»
«II Manuale Cencelli risolverebbe i problemi di Pd e Pdl». Parola del suo inventore, Massimiliano Cencelli, che ne 1967 elaborò la formula matematica per spartire incarichi o posizioni di potere tra le correnti della Democrazia Cristiana. Non ha perso del tutto la speranza che l’Italia possa uscire dalla crisi politica, oltre che economica, che la tiene in scacco da tempo ma non fa sconti ai politici attuali.
Cencelli, si ritrova nel dibattito politico di questi ultimi anni, che rischia di far deflagrare Pd, Pdl e i partiti di centro?
«Ho cominciato a fare politica quando avevo 16 anni. Ora ne ho 77. Mi sono iscritto alla Dc e la mia tessera era firmata Da Alcide De Gasperi. Ho risposto alla sua domanda?».
È stato chiaro, Pd e Pdl sono diversi da quella Dc...
«Allora bisognava avere 21 anni per iscriversi ma un certo Alcide De Gasperi, che abitava a cento metri da casa mia, un giorno entrò nella sezione che anch’io frequentavo, mi parlò, prese una tessera della Dc, ci scrisse sopra “socio aggiunto” e la firmò».
Adesso invece siamo alle prese con il tesseramento gonfiato del Pd.
«Anche nella Dc c’erano problemi con il tesseramento ma non come nel Pd. Allora c’era un comitato che decideva se dare la tessera alla persona che aveva chiesto di iscriversi e il segretario organizzativo controllava anche che l’indirizzo indicato sulla tessera fosse giusto. Ora non c’è più niente di tutto questo. L’ultima volta che sono andato a votare alle primarie ho scelto Prodi perché l’ho seguito e stimato ma negli ultimi anni non riesco più a ritrovarmi nel Pd. Lasciamo perdere il Pdl. Ma si può parlare dalla mattina alla sera di Berlusconi? Oppure sentire Bersani che sostiene che servono finanziamenti pubblici ai partiti per evitare che la politica la facciano solo i ricchi. De Gasperi si faceva risuolare le scarpe, Moro non aveva una lira, ma facevano politica solo per passione. Adesso quasi tutti pensano al loro interesse».
Un disastro.
«Per questo dovunque mi dicono: “Rifate la Dc”».
A proposito, il governo Letta le sembra, almeno un po’, democristiano?
«È un governo che parla parla parla ma non conclude niente. Se lunedì andate nei mercati vedrete che ci sono persone che raccolgono la verdura per strada. Così abbiamo ridotto l’Italia».
Non è che Dc, Psi e gli altri andassero d’amore e d’accordo...
«La direzione della Dc era composta da 15 persone. Passavo al primo piano del palazzo in cui si riunivano e sentivo che strillavano. Ma poi tutti si adeguavano al documento della maggioranza».
Ora, invece, non si adeguano. Al limite fanno un altro partito.
«La grande tragedia della Dc è stata chiuderla, del resto dopo Tangentopoli eravamo arrivati al 18%. Ma se fosse rimasta in piedi, adesso sarebbe al 35%. Ma non vede il Pdl? Ognuno si alza e dice una cosa contraria a quella dell’altro. Per carità, pure il Pd: un partito che vota contro Prodi al Quirinale, semplicemente non è un partito. Trent’anni fa quando Erminio Pennacchini votò contro il governo Fanfani, gli mandai un telegramma chiedendogli di venire nella sua sezione Dc per spiegare la sua scelta. Ovviamente venne subito».
Ha nostalgia del «Manuale Cencelli»?
«Certo. E racconterò in un libro tante cose inedite».
Come le venne l’idea?
«Taviani, ministro dell’Interno, formò la corrente dei “pontieri” con Sarti, Gaspari e Cossiga, e mi chiese di candidarmi capolista a Roma. Finito il congresso a Milano la nostra corrente prese 1’11%. Bisognava fare il governo e io dissi: “Consideriamo la Dc come una società per azioni e affidiamo gli incarichi secondo le percentuali di ogni corrente”. Mi misi a fare i conti. Taviani andò all’Interno, Gaspari alle Poste, Cossiga alla Difesa mentre Sarti, che si lamentava perché doveva avere soltanto il ruolo di sottosegretario al Turismo, conquistò, proprio grazie ai miei calcoli, quello, decisamente più imporiante, al Tesoro. Poi Taviani sciolse la corrente. Ci chiamò e disse: “Per una corrente ci vogliono i soldi, io non ne ho e non ho mai rubato”. Andammo con i dorotei».
Ma per l’Italia non ha più speranze?
Non so, Renzi, Tosi O altri non funzioneranno? «Anche tempo fa i giovani si incazzavano con i vecchi. Certo che ho la speranza che qualcosa cambi ma ho 77 anni e la notte mi sveglio di soprassalto per tutte le chiacchiere, e solo chiacchiere, che sento dalla mattina alla sera nella nostra politica. Per un anno abbiamo discusso dell’Imu, non è possibile».