Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 7/11/2013, 7 novembre 2013
SCHEIWILLER, UNA VITA ALL’INSEGNA DEL LIBRO
Quanti bei pesciolini stilizzati, a matita e a penna. Pesciolini solitari o multipli che nuotano nel bianco della pagina. Sono il marchio – disegnato in origine da Roberto Aloi, poi via via rifatto da artisti amici come Bruno Munari e Luigi Zuccheri ’ che segnerà per sempre la storia delle edizioni di Giovanni e Vanni Scheiwiller. Non per nulla, la casa editrice avrebbe preso il nome da una trattoria milanese frequentata dal fondatore e dai suoi amici artisti e poeti, Quasimodo, Sinisgalli, Melotti, Licini, Soldati, Fontana e tanti altri: si chiamava «All’insegna del pesce d’oro». La storia è nota. Giovanni, rampollo di una famiglia svizzera stabilitasi a Milano, rimane presto orfano di padre e cresce sotto la tutela di Ulrico Hoepli, l’altro editore e libraio elvetico-milanese, studia a Svitto e a Einsideln, si forma in una famosa libreria ginevrina e al ritorno in Italia viene subito impiegato nel negozio di «zio Ulrico», dove già aveva lavorato il padre. Giovanni è un cosmopolita, si muove con disinvoltura tra Parigi, Zurigo, New York, Madrid, ma torna sempre a Milano, e sempre da Hoepli, questa volta come dirigente. Nel ’17 sposa Artemia Wildt, figlia dello scultore Adolfo. Il sogno nel cassetto si realizza nel ’25, quando Scheiwiller, bibliomane incallito che Sergio Romano descrive piccolo e magro come il Mahatma Gandhi, avvia per Hoepli una sua collana di monografie d’Arte moderna italiana, cominciando con Arturo Tosi: libri, dal piccolo formato (12,5 x 17 cm), che contengono non solo importanti interventi critici, ma anche una attenta nota bibliografica a cura dello stesso editore. Nel ’31 si passa all’Arte moderna straniera, e così a Carrà, Casorati, Manzù, Marini eccetera si aggiungono Picasso, Rousseau, Toulouse-Lautrec, Van Gogh e altri. Sarà lo stesso Scheiwiller a firmare il volumetto su Amedeo Modigliani, la sua passione. Ben presto, verrà nominato direttore della Libreria Hoepli. Nel ’36 inaugura la serie (letteraria) di mini-libri (7,5 x 10 cm) all’insegna dei pesciolini, con 18 poesie del poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli. Tiratura di 200 copie numerate. Seguono, tra gli altri, Soffici, Carrieri, Valéry, Esenin, Gatto, Yeats, Quasimodo’ Preziosità inedite e rare che per la loro dimensione passano inosservate persino alla censura fascista. La passione del micro è anche una provocazione, come ha osservato Gian Carlo Ferretti, se vista nel contesto del monumentalismo fascista. «Antifascista, sì, ’ disse Vanni a proposito del padre ’ uno dei pochissimi senza tessera, ma mai settario o intollerante, né prima né dopo». Sono queste, in breve, le origini, ricostruite e raccontate da Laura Novati nel Catalogo storico (1025-1999) che esce per le Edizioni Unicopli. Un volume che non si limita a segnalare gli oltre tremila titoli pubblicati dagli Scheiwiller, ma che accompagna ogni opera con preziose schede tecniche e puntuali note bibliografiche per ciascun autore menzionato, con una acribia degna dell’arcigno capostipite della casa editrice. Forse al volume avrebbe giovato una struttura diacronica che potesse rendere subito il percorso diacronico della casa, mentre la curatrice adotta un criterio alfabetico per collane che appare un po’ dispersivo. Non è detto ’ avverte la Novati ’ che l’impresa fosse economicamente fallimentare, come avrebbe poi insinuato Ezra Pound (autore principe della casa): «Di titolo in titolo ’ scrive ’ si nota che le tirature crescono regolarmente, si arriva a volte a diverse migliaia (’) e per molti libri ci sono diverse edizioni». Seguono altre collane, sempre tra arte e letteratura, che ospitano il meglio delle giovani generazioni intellettuali nel loro momento di crescita, plaquette s non di rado accompagnate da incisioni originali o facsimili di autografi. A ciò si aggiunge un gusto per la mistica e la letteratura medievale, Caterina da Siena, Jacopone, Guittone eccetera. Uno strano mix tenuto insieme dal rigore e dal coraggio delle scelte, dall’eleganza e dalla sobrietà stilistica, dall’understatement e insieme dall’elitarismo delle proposte. Uno straordinario fiuto per la «letteratura di domani», sempre secondo le parole di Pound. Tutto ciò viene non solo ereditato ma esaltato dall’entrata in scena di Vanni. Il passaggio di testimone dal padre al figlio diciassettenne si realizza nel ’51. Ecco come andò nel racconto di Vanni: «io liceale aspirante giocatore di tennis: mio padre (’) stanco e sfiduciato della sua piccola casa editrice del sabato e della domenica (’) mi chiese a bruciapelo se volevo continuare io: ’Sì, papà’. Il tennis perse un mediocre giocatore e l’editoria italiana si guadagnò il suo editore ’inutile’, di libri e microlibri, non tascabili ma taschinabili». Giovanni regala a suo figlio 50 mila lire, 150 mila gliele presta e gli verranno restituite l’anno dopo. Scorrendo le voci del ricchissimo catalogo dell’editore «inutile», si coglie senza fatica la libertà delle scelte e si individuano facilmente i gusti di padre e figlio, non sempre omogenei, a volte volutamente eccentrici. Si ritrovano (tutti) i maggiori del secolo, sia gli italiani sia gli stranieri, gli «irrinunciabili», da Ungaretti a Montale, da Luzi a Zanzotto a Sereni, da Eliot a Pound, da Kavafis alla Szymborska a Seamus Heaney, che uscirono nei Pesci d’oro ben prima di ottenere il Nobel. D’altra parte ci sono altri grandi più «nascosti», come Rebora (Clemente ma anche il fratello Roberto), Sbarbaro, Lucio Piccolo, Delfini e Pizzuto, senza ignorare le vere e proprie scoperte, come Antonia Pozzi e Alda Merini. Lo spettro è a 360 gradi: l’amore per gli ermetici non impedisce di aprire alle avanguardie storiche (le piccole antologie futuriste) e alla neoavanguardia, cui verrà dedicata un’intera collana, «Poesia novissima», e di tener desta l’attenzione per la linea lombarda (Giorgio Orelli, Erba, Risi’) e per i dialettali (Tessa, Noventa, Marin, Giacomini, Giovanni Orelli’). Ma l’elenco delle presenze è lunghissimo, e molto variegato. Quelli che aspirano a pubblicare con Scheiwiller (cioè tutti i poeti, massimi e minimi, della Penisola) sanno bene che nel suo caso piccolo coincide con grande: piccolo nel formato e piccolo nella distribuzione («mille e non più mille» era lo snobistico motto di Vanni), ma impareggiabile per il prestigio che regala. Vanni detestava l’editoria industriale e faceva quasi tutto da solo: impaginava, correggeva, distribuiva le copie ai librai viaggiando in treno, chiamava i giornalisti per la promozione stampa. Gli mancava solo di scriverli, i suoi «libri-farfalla» (copyright Montale). Vanni diceva che se i colossi dell’editoria avessero fatto meglio il proprio lavoro, non lasciandosi sfuggire molti capolavori della letteratura, la sua casa editrice non avrebbe avuto senso. L’obiettivo era quello di costruire una piccola diga contro la massificazione, il ricatto del mercato, il conformismo. C’è fede nel lavoro e molta ironia, che a volte tracima nel sarcasmo allorché il «fraticello calvinista» (copyright Parise) si impegna in quella che a torto o a ragione ritiene una giusta causa. Per esempio quando nel luglio ’66 si infuria con Diego Valeri, direttore della «Fiera letteraria», che ha pubblicato una cronaca in chiave politica del premio Viareggio facendo passare l’editore di Gatto per «paracomunista». In quella stessa lettera Vanni ricordava che anni prima era stato additato come «parafascista» per aver difeso e pubblicato Pound, promuovendo appelli alle autorità americane perché il poeta americano venisse scarcerato. L’azienda è solida. I pesciolini nuotano felicemente, ma Vanni sa che il mercato chiede anche altro. Nel ’77 fonda «Libri Scheiwiller», una nuova società che possa rispondere alle commissioni di banche e industrie e nello stesso tempo dare respiro alle altre collane, che nel frattempo si sono moltiplicate. Lo spirito rimane però sempre lo stesso: altissimo artigianato intellettuale, intelligenza critica, curiosità, indipendenza. Niente di meglio che il catalogo storico per averne le prove.