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 2013  novembre 11 Lunedì calendario

“IN ITALIA L’ESITO DEL VOTO È STATO SPESSO MANIPOLATO”


La Svizzera non è l’Italia: lì la democrazia dal basso ha delle fondamenta che nel nostro Paese non esistono. Nonostante le parole di Einaudi in Assemblea Costituente “ il Parlamento non è il popolo” lo spazio rimasto a quest’ultimo è sempre più stretto. Lo spiega Lorenza Carlassare, giurista e costituzionalista, professoressa emerita di diritto costituzionale all’Università di Padova.
In Svizzera decidono se applicare un tetto agli stipendi dei manager: in Italia l’argomento è discusso, sarebbe possibile?
No se non esiste un atto legislativo sulla materia. Da noi il referendum sarebbe solo abrogativo. Dico sarebbe perché poi la Corte costituzionale ha ammesso la sostituzione di alcune parti o parole nella legge anziché l’abrogazione totale e di conseguenza alcune modifiche. Questo è un punto. Poi c’è la classe politica.
In che senso: la classe politica può interferire sulla volontà espressa attraverso referendum?
Non dovrebbe, ma è successo. La classe politica ha manipolato molto spesso la volontà del popolo, sia nel corso dei referendum - svolto talora senza la dovuta informazione - sia dopo, quando la volontà espressa nel voto è stata totalmente disattesa.
Si riferisce ai referendum sull’acqua pubblica?
Questo è soltanto l’ultimo di una lunga serie di esempi che potremmo fare. Ma non il solo.
Due capisaldi restano il divorzio e l’aborto: grandi battaglie referendarie che hanno visto la vittoria della volontà popolare e il suo necessario rispetto.
Sì, ma si tratta di due esempi di quesiti referendari molto chiari. Non c’era una possibilità di manipolazione della risposta. E c’era soprattutto una volontà popolare davanti alla quale i partiti di allora dovettero inchinarsi. Non avevano nessuna possibilità di stravolgere l’esito referendario.
Avrebbero potuto provarci?
Difficilmente. Succede oggi che lo facciano.
Come?
In maniera molto semplice: ignorando l’esito della consultazione. Dal 1990 in poi è successo più di una volta, ed è passato quasi in silenzio. Sicuramente possono esistere perplessità sull’uso dello strumento referendario, perché non consente sfumature e soluzioni intermedie. Il referendum è questo: abrogare o meno una legge, un sì o un no. Se invece l’idea di partenza è quella di stravolgere una norma esistente diventa molto complicato. Poi ce un grosso limite del quale soffrono i referendum in Italia: l’incertezza sulla durata del divieto per il Parlamento di riprodurre o ripristinare la norma abrogata.
In che senso?
La Corte costituzionale ha chiarito che una legge abrogata attraverso un referendum non può essere ripresentata, ma non dice, giustamente, per quanto tempo: ci potrebbero essere dei cambiamenti sociali, delle circostanze che comunque portano al ripensamento perché sono i tempi che lo impongono. In questo caso reintrodurla sarebbe legittimo. Ma dall’incertezza sul tempo possono derivare abusi parlamentari.
Lo strumento referendario oggi è più debole di quanto poteva esserlo trenta o quaranta anni fa?
Assolutamente. È un dato di fatto.
E di chi è stata la colpa?
Della classe politica, del poco rispetto che dimostra verso la volontà del popolo ‘sovrano’, che ha sempre provato a manipolare con volontà e determinazione quello. Dal concetto di Einaudi che dice come il parlamento non sia il popolo, si è passati all’esatto opposto. la volontà popolare con il voto è diventata una carta di credito in mano ai politici. L’altro elemento è stata la poca chiarezza. E in questo caso la colpa è stata sia dei comitati che hanno proposto i quesiti, sia del tentativo, poi, di sfruttare il risultato referendario da parte di un partito o di un personaggio politico. Con la conseguenza naturale di un grande pasticcio. O di una grande manipolazione: penso, per motivi diversi, alla privatizzazione della Rai e alla scala mobile, se vogliamo tornare al passato. E’ certo che, se usato in modo corretto, accompagnato da un’informazione adeguata il referendum è un’importante integrazione delle democrazia rappresentativa, specialmente in tempi come questi in cui tanto forte è la scarto fra partiti e opinione pubblica.