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 2013  novembre 11 Lunedì calendario

«FINCHÉ C’È L’AUSTERITY SI POTRÀ FARE MOLTO POCO»


«I sindacati? La loro è una protesta inevitabilmente generica. Se davvero ci fossero proposte credibili per cambiare la legge di Stabilità sarebbero state prospettate e anche attuate». Vincenzo Visco commenta così le iniziative di lotta contro la legge di Stabilità annunciate dai Confederali. Non che non abbiano le loro ragioni: sul tempo e i soldi sprecati per l’Imu, oppure sulla denuncia dei tagli («ingiusti e irragionevoli») alle pensioni. Tutto condivisibile. Ma il punto è un altro. La vera questione è che oggi non esiste un vero spazio di manovra per politiche economiche nazionali efficaci. «Se non usciamo dalla trappola in cui l’Europa si è infilata negli ultimi anni, non ci sarà ripresa e non ci sarà lavoro». Questa è la realtà con cui gli italiani sono chiamati a confrontarsi. Il quadro di riferimento, cioè i vincoli imposti dall’austerità, lascia poche leve per poter agire.

Vuole dire che l’Italia è a sovranità limitata?
«No. Voglio dire che mantenere i vincoli del Patto di stabilità, in condizioni di continua incertezza, non consente di fare molto di più di quello che si è fatto. Se la ripresa resta asfittica, è difficile fare di più. Forse do- po l’intervento della Bce qualcosa si muoverà, ma ricordo che a livello europeo continuiamo ad essere in un contesto di austerità, con un credito scarso e una domanda che ristagna. Questa è la trappola che abbiamo costruito da un paio d’anni».

Perché dice da un paio d’anni?

«Beh, dalla crisi greca si è fatta una politica restrittiva nei confronti di
quel Paese estesa poi a tutti gli altri. Dopodiché in Italia paghiamo errori demenziali. Questa dannata storia dell’Imu ha distolto risorse da problemi che forse si potevano risolvere. Ancora oggi lo stiamo pagando con interventi poco condivisibili». Intende gli anticipi chiesti alle banche?

«A prescindere dalla misura, si tratta di interventi straordinari che si adottano per evitare problemi al governo. Questo toglie fiducia alla gente».

Non crede che la gente sia contenta di non pagare l’Imu?
«La gente sarà pure contenta per l’Imu, ma questo è irrilevante in confronto al quadro complessivo di incertezza e sfiducia. Per modificarlo non ci sono molte leve, in nessun Paese del’Europa».

Questa è un’ammissione di impotenza. Sta dando ragione a chi dice di uscire dall’Europa.
«No, chi dice questo non capisce di cosa parla. Fuori dall’euro ci aspetta solo il default. Chi andrà alle prossime elezioni europee con slogan antieuro prometterà agli italiani il fallimento del nostro sistema economico e dei redditi delle famiglie». Allora cosa si dovrebbe fare? «Aprire un dibattito in Europa su come cambiare strada e fare in modo che la Germania esca dal suo arroccamento. Tanto più che sta andando male anche a loro: la crescita della produzione non è stata sostenuta come si aspettavano. Sono rimasti incastrati anche loro. Checché ne dicano pubblicamente, anche i tedeschi sono contenti del taglio dei tassi fatto da Draghi, che ha svalutato l’euro, dando una mano così anche alle loro esportazioni. Non lo ammetteranno mai, ma è così. Che l’Europa debba cambiare ormai è riconosciuto da tutti. Se la crisi arriva a toccare anche la Francia, significa che siamo al limite. D’altro canto Parigi ha sbagliato con Sarkozy a seguire la linea tedesca: non c’entra molto Hollande».