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 2013  novembre 11 Lunedì calendario

CASTAGNE


CASTEL DEL RIO (Bologna) Nei sussidiari di tanti anni fa c’erano anche gli indovinelli. «Son dura, tondetta, color del caffè. Sto chiusa in un riccio ma non per capriccio…». «Mi mangiano cotta, bruciata, ballotta. Mi trovi in montagna, mi chiamo…». La castagna, allora, era la regina del bosco. «L’italico albero del pane», secondo Giovanni Pascoli. Purtroppo i proverbi non bastano più. La castagna che scendeva dalla montagna adesso arriva da mezzo mondo e per vie traverse. Per la prima volta, in questo 2013, castagne e marroni stranieri superano il prodotto nostrano, crollato del 70% rispetto al 2005, quando in Italia si è diffuso l’insetto killer del castagno, il «cinipide galligeno» arrivato dalla Cina. E sempre dalla Cina arriva un nuovo imbroglio: si tratta di un «castagnone» più grosso del marrone italiano ma senza consistenza e sapore. Però può ingannare chi lo trova arrostito nelle bancarelle e viene attirato dal profumo delle griglie. «Si tratta — dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti — della “Castanea mollissima” che in Italia non si potrebbe vendere né come castagna né come marrone, non essendo “Castanea sativa”. Ma con la crisi del prodotto, c’è chi la spaccia come un’eccellenza. Questa è una vera e propria frode».
Sergio Rontini e la figlia Monia, titolari del «Regno del marrone» a Castel del Rio, sono molto arrabbiati. «Abbiamo fatto un giro dei mercati — raccontano — e abbiamo visto di tutto. Ci sono castagne arrivate dalla Spagna e dalla Turchia con il cartello che annuncia “marroni”. E ci sono marroni arrivati da chissà dove e accanto c’è un cartello con la fotocopia ingrandita del nostro marchio “Consorzio castanicoltori Castel del Rio”, che nel 1996 — primo in Italia — ha ottenuto il marchio Igp, Indicazione geografica protetta. Il risultato di queste truffe? Il consumatore pagherà caro un prodotto scarso, si arrabbierà e non comprerà più i marroni buoni e nostrani. E saremo rovinati anche noi, che produciamo frutti biologici e sotto i castagni mandiamo le nostre pecore, che tolgono l’erba senza bisogno di trattori a gasolio e concimano in modo naturale».
Sembrano pettinati, i boschi sulle colline imolesi. «Sotto le piante — dice Ernesto Bisi, presidente del Consorzio — facciamo crescere il muschio, così i frutti non toccano il terreno e non prendono muffe. Abbiamo regole precise: una media di 100 piante per ettaro, non più di 15 chili per pianta. I boschi debbono essere esposti a nord — nord est, così sono riparati dallo scirocco e i ricci maturano più lentamente. Siamo 70 soci, con 600 ettari di bosco. Prima del cancro del castagno e della vespa cinese producevamo 5.500 quintali di marroni a stagione, quest’anno arriveremo a mille. È per questo che i prezzi sono alti, fino a 15 euro per un chilo di marroni Igp. Ci mancava solo il “castagnone” cinese… Le truffe purtroppo non sono una novità. Secondo una ricerca fatta per una tesi di laurea, si è scoperto che a fronte della nostra produzione massima di 5.500 quintali sui mercati si trovano in media 50.000 quintali di “marroni di Castel del Rio”».
Quest’anno — secondo la stima della Coldiretti — verranno prodotti 18 milioni di chili, fra castagne e marroni. Prima dell’infestazione ne venivano raccolti oltre 50 milioni. Nel 1911 — quando quasi tutti i boschi erano curati e la castagna era davvero il pane dei montanari — si arrivava a 829 milioni di chili. «Il bosco che non dà reddito — dice Lorenzo Bazzana — viene abbandonato. E così spariscono non solo le castagne ma un habitat naturale per la selvaggina, per la produzione di un miele tipico, per la raccolta dei funghi e dei piccoli frutti. Un bosco abbandonato viene poi aggredito subito dalle infezioni e dalle malattie».
Preoccupano soprattutto, secondo la Coldiretti, le importazioni massicce dalla Cina e dalla Turchia, ma i Tir arrivano anche dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Slovenia. «Bisogna evitare, con controlli attenti, che ogni castagna che arriva in Italia venga presentata come italiana. Il consumatore deve essere informato dell’origine, solo così potrà scegliere». Un tempo le ricette erano semplici. Le castagne venivano bollite o seccate per diventare farina. I marroni erano arrostiti sulle braci del camino. Il castagnaccio di Castel del Rio, ad esempio, ha un sapore davvero antico. Farina di marroni, acqua di fonte, sale e olio. Sulla strada che da Imola porta a Firenze viaggiavano i commercianti romagnoli che portavano nella città di Dante sale e canapa e quelli toscani che in direzione opposta trasportavano olio e tabacco. Ai mercanti che si fermavano nelle locande del paese si offrivano marroni e farina e in cambio si prendevano olio e sale. Un tempo tutti conoscevano davvero le castagne. Solo nelle montagne di Cuneo si contano ancora oggi 21 varietà, dalla Ciapastra alla Tempuriva, dalla Contessa alla Gentile, dalla Bracalla alla Castagna della Madonna. Cento sono le varietà in tutta Italia. Ma comprando al mercato o facendosi tentare dal profumo delle caldarroste oggi si rischia di imbattersi in castagne turche o «castagnoni» cinesi. Unica difesa è l’acquisto nelle sagre di paese, che difendono i prodotti della loro terra. O direttamente dai produttori. Quelli che possono mostrare i boschi dove castagne e marroni sono stati raccolti.