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 2013  novembre 11 Lunedì calendario

ATAC, UN ALTRO APPALTO SOSPETTO SPUNTA L’OMBRA DEI CLAN SULLA SOCIETÀ DEI TICKET FANTASMA


ROMA — Nella faccenda dei biglietti clonati di Atac, non sembra essere solo il segreto custodito dal “bunker” di via Sondrio (la struttura che governa l’intelligence informatica aziendale) quel che inquieta. Perché anche nella catena di distribuzione dei titoli di viaggio si inciampa in qualche singolare circostanza. Accade infatti che la società cui Atac consegna i biglietti una volta stampati affinché li stocchi e ne gestisca la diffusione sul mercato - rifornendo i distributori al dettaglio e garantendo il rifornimento dei distributori automatici - abbia avuto problemi di certificazione antimafia. E accade anche che nei suoi depositi, almeno nella primavera del 2012, si fossero accumulati 10 milioni di biglietti invenduti senza che nessuno avesse provveduto alla loro distruzione.
La società ha un nome importante: Sipro. È uno dei colossi italiani della security e lavora da anni con enti pubblici e aziende private. Per un portafoglio clienti che conta, tra gli altri, il ministero della Difesa, Equitalia, la Regione Lazio, la Rai, Telecom e Comune di Roma. E tuttavia, la Sipro ha una storia aziendale faticosa. Finisce infatti prima all’attenzione della Presidente della commissione antimafia europea, Sonia Alfano (che chiede alla Procura di Roma di approfondire la vicenda), quindi rimane impigliata nei controlli della Prefettura di Roma che, nel 2007, gli nega la certificazione antimafia. Con una motivazione che indica quale impedimento «il sussistente pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata».
Gli attuali proprietari della Sipro sono infatti i figli dell’imprenditore siciliano Salvatore Di Gangi, nonché i nipoti di Vittorio Di Gangi, detto “er Nasca”, arrestato il 9 maggio del 2012 e accusato di aver avuto in passato rapporti con la banda della Magliana e con il suo cassiere Enrico Nicoletti. Una familiarità oggettivamente complicata da gestire per un’azienda di sicurezza. E che tuttavia non impedisce alla Sipro non solo di difendere con forza la propria “onorabilità”, ma soprattutto di vincere un ricorso al Tar con cui ottiene la cancellazione dell’interdittiva antimafia della Prefettura di Roma.
È un fatto che il 17 maggio del 2012 l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, deliberando su un appalto affidato alla Sipro dalla Regione Lazio, segnali che l’ente «avrebbe dovuto vagliare l’opportunità di non proseguire il rapporto contrattuale, stante la presenza di una informativa emessa dalla prefettura di Roma».
Così come è un fatto che quei rilievi vengano ignorati sia dalla Regione che da Atac. Alla Sipro viene infatti affidato un ruolo centrale nello stoccaggio e smistamento dei biglietti. Perché una volta stampati in azienda, è la Sipro a ritirarli e depositarli nei capannoni di via Salone 137. Si tratta di uno stabilimento interamente dedicato ai biglietti Atac, che vengono raccolti in un caveau al piano interrato, protetto da pareti spesse mezzo metro, e accessibile solo attraverso una porta blindata regolata da aperture a tempo. Da questa “fortezza”, i titoli di viaggio destinati a rifornire le biglietterie automatiche vengono consegnati dalla stessa Sipro, mentre quelli destinati alle tabaccherie e alle edicole sono presi in carico dalla “Servizi in Rete srl”, la società collegata alla Federazione Italiana Tabaccai, che si occupa della consegna ai distributori finali.
Ebbene, la “Relazione tecnico investigativa sui titoli di viaggio dell’Atac spa”, consegnata in Procura nell’agosto del 2012 e rivelata la scorsa settimana dall’inchiesta di Repubblica, dedica numerosi passaggi al ruolo svolto dalla Sipro. Ogni movimento all’interno del deposito di via Salone — annota l’audit interno — è registrato da un sistema di telecamere a circuito chiuso. E tuttavia, «a meno di evidenti anoma-lie, le registrazioni interne al caveau non vengono controllate né dai dirigenti dell’azienda di security, né da quelli di Atac».
La circostanza ha un suo peso. Tra il 2010 e il 2011 nel caveau della Sipro si accumulano infatti oltre 10 milioni di biglietti metro e bus rimasti invenduti. Non solo. «Ancora all’aprile del 2012 — sottolinea la Relazione investigativa — di quei biglietti non era stata effettuata alcuna distruzione ». Accade insomma che mentre l’Atac non è in grado (o, meglio, non si mette nelle condizioni) di registrare i biglietti già utilizzati, contemporaneamente una scorta milionaria di titoli di viaggio invenduti è potenzialmente pronta ad essere immessa nuovamente sul mercato senza che le macchinette elettroniche ne segnalino l’esistenza. Un’altra anomalia, appunto. A naso, non l’ultima di questa storia.