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 2013  novembre 11 Lunedì calendario

COS’È LA QUINOA SACRA AGLI INCA E ANCHE ALL’ONU


Gli australiani rimasero stupiti quando, nella fase preparatoria delle Ashes, il mitico torneo di cricket tra Australia e Inghilterra, tra le 82 pagine di richieste dietetiche della squadra ospite era sovente citata la quinoa, un rossiccio semino sudamericano catalogato misteriosamente come pseudo-cereale: «Credevamo che gli inglesi mangiassero soltanto pasticcio (pie)», titolò il Sydney Morning Herald.
Nel giro di pochi anni questo supercibo andino sacro agli Inca, che lo chiamavano «madre di tutti i semi», è diventato in Occidente non soltanto famoso ma anche chic. Questo immeritato coté snob è bersaglio sul web di satire più o meno spiritose, diventate virali. Il blog canadese «Cinque ragioni per odiare la quinoa» si è guadagnato una citazione sul Wall Street Journal: «Provate a togliervi quella roba dai denti senza un bicchiere d’acqua e 12 metri di filo interdentale».
Ma ben prima dei fighetti, a scoprire la quinoa negli Anni 80, con studi sulle varietà e sulle tecniche di coltivazione, è stata la Brigham Young University, l’università dei mormoni nello Utah. E al di là della bizzarra percezione sociale nelle ricche società occidentali, la quinoa è una cosa seria da secoli.
All’inizio dell’anno il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon lo ha dichiarata cibo dell’anno: «Spero che questo Anno internazionale serva a focalizzare l’attenzione sul potenziale dietetico e economico della quinoa, sulla sua sostenibilità specialmente tra i piccoli produttori».
Coltivabile dal livello del mare fino a quattromila metri di altitudine, sopporta temperature da -8 a 38 gradi e sopravvive alla siccità. I semi, commercializzati come se fossero un cereale con tanto di produzione di farine, provengono in realtà da una pianta erbacea simile agli spinaci e alla barbabietola. Hanno uno straordinario contenuto proteico e sono privi di glutine. Contenendo tutti gli aminoacidi essenziali, per essere completi dal punto di vista proteico non richiedono abbinamento con i legumi, come nel caso del riso integrale. Sono ricchi di calcio, magnesio, fosforo e ferro.
Dall’area tradizionale di coltivazione, tra la Bolivia e il Perù, proviene ancora il 90 per cento della produzione. Ma ormai è diventato un seme globale e l’ultima frontiera della sua corsa dal passato verso il futuro potrebbero essere gli Emirati Arabi. La sua incredibile adattabilità, che gli consente di crescere in ambienti con alti livelli di salinità, ha colpito i ricercatori di Dubai, intenti da qualche anno a selezionare le varietà più adatte per crescere in quel clima. I risultati sono promettenti, anche se ci vorranno ancora una decina di anni prima che una eventuale coltivazione a livello commerciale possa prendere il via.
Henry Dimbleby, co-fondatore della catena di ristoranti Leon ha detto a The Independent di aver introdotto la quinoa nei suoi menù fin dal 2004, quando nelle insalate il cibo chic per eccellenza erano le lenticchie. Dimbleby sostiene che l’etichetta snob è dovuta anche al nome difficile da pronunciare. I più dicono «qwin-oh-a», inglesizzando la parola spagnola, ma la pronuncia più vicina all’originale in lingua quechua è «kinwa».
Ora nei salotti saprete come dire.