Francesco Spini, La Stampa 11/11/2013, 11 novembre 2013
“NON CONOSCERE LE NOZIONI DI BASE
METTE A RISCHIO ANCHE LA DEMOCRAZIA” –
Ignorare la finanza nel Ventunesimo secolo «equivale a essere analfabeti», spiega Annamaria Lusardi. E questo, aggiunge, «mette a rischio la stessa democrazia». Docente di economia alla George Washington University School of Business, già consigliere del presidente Usa Barack Obama sui temi dell’educazione finanziaria, Lusardi, secondo il New York Times, è tra i sei economisti più influenti a proposito di riforme sui temi finanziari.
Professoressa Lusardi, cosa ha portato gli Usa a scoprire il problema dell’educazione finanziaria?
«Due grandi processi che, negli ultimi vent’anni, hanno causato negli Usa il passaggio di responsabilità dalle istituzioni all’individuo. Uno è il cambiamento di sistema pensionistico ha costretto il lavoratore, che spesso non sa distinguere un’azione da un’obbligazione, a scegliersi il fondo cui affidarsi. L’altro è l’accesso al credito che si è sviluppato come un rubinetto cui, per anni, tutti potevano attingere, dalle carte di credito fino ai mutui subprime».
Poi è scoppiata la crisi: cosa è successo?
«Ha rivelato come l’ignoranza abbia delle conseguenze, non solo per chi commette gli errori ma anche per l’economia nel suo complesso».
Qui entra in gioco l’educazione...
«Il tema è presente già con la presidenza Bush, senza che si faccia granché. Con Obama, invece, il Tesoro crea una sezione dedicata, l’Office of Financial Education, dove ho lavorato, che avvia una grande indagine sul tema. Il primo passo per impostare le politiche espresse con il Dodd-Frank Act, come l’istituzione del Consumer financial protection bureau, a protezione dei consumatori».
Qual è la giusta strategia per impostare un piano di insegnamento?
«Raggiungere gli adulti è difficile, anche se negli Usa ci sono corsi loro dedicati sui posti di lavoro. Ma senza dubbio si deve partire dalla scuola».
In che modo?
«Deve essere una materia, come la storia e la geografia. Negli Usa la chiamano, con una bella definizione, “alfabetizzazione finanziaria”. Ci ricorda che conoscere l’abc della finanza è davvero necessario, esattamente come leggere e scrivere.
Siamo un mondo di analfabeti?
«Viviamo in un’epoca in cui sia lo Stato sia il datore di lavoro ci caricano della responsabilità del nostro futuro benessere, mentre i mercati finanziari diventano più complessi. Se vivo in un Paese che me lo permette, posso indebitarmi anche in modo importante. Nel Ventunesimo secolo conoscere l’abc della finanza è fondamentale».
In una società in cui i banchieri contano più dei politici, la democrazia è a rischio?
«Sì. Che democrazia è quella in cui siamo chiamati a votare riforme che non capiamo? L’ignoranza finanziaria si riflette anche nel dibattito economico. Quando i politici dicono cose di economia che non hanno senso, lo dicono perché si trovano davanti a un pubblico che è di fatto analfabeta».
Negli Usa si studia la finanza a scuola?
«Sì, ma solo in 14 stati, perché la politica dell’educazione non è fatta a livello federale ma statale».
Cosa devono imparare i ragazzi?
«I concetti di base per prendere le decisioni. Quello di interesse composto, per esempio. Una semplice regola matematica che è pazzesca, perché ci fa capire come sia importante cominciare presto a risparmiare e come i debiti contratti al 20-25% raddoppino velocemente... Fondamentale è anche la diversificazione del rischio, tra i concetti più difficili da far capire».
Un futuro pieno di esperti di finanza?
«Non insegniamo letteratura perché la gente scriva "Guerra e Pace”, ma perché apprezzi un buon libro. L’educazione finanziaria è come una patente, ormai necessaria per strade della finanza sempre più trafficate».